Gli infermieri del Regno Unito hanno annunciato uno sciopero storico che prima della fine dell’anno coinvolgerà oltre metà dei professionisti britannici. L’annuncio è stato fatto dalla più importante organizzazione di categoria, il Royal College of Nursing.
In merito, il commento di Antonio De Palma, segretario del Nursing Up, sindacato italiano degli infermieri.
“In queste ore arrivano fino a noi, ed è inevitabile, gli echi della importante protesta in corso nel Regno Unito, dove, per la prima volta, nei 106 anni di storia della più importante organizzazione di categoria, il Royal College of Nursing (RCN), gli infermieri britannici, giunti all’acme della sopportazione, rispetto ad una sistema sanitario nel quale non si sentono economicamente né contrattualmente valorizzati da fin troppo tempo, annunciano manifestazioni senza precedenti.
I professionisti sanitari d’Oltre Manica sono pronti a scendere nelle piazze e a incrociare le braccia, in nome di un indispensabile e sacrosanto adeguamento salariale, legato a filo doppio a quell’inflazione record che ha messo in ginocchio le famiglie di mezza Europa.
Ed eccolo lo sciopero, senza precedenti, già annunciato, che arriverà prima della fine dell’anno e che vedrà coinvolti oltre metà degli operatori sanitari del Regno Unito, per quelle che, nelle più logiche previsioni, saranno giornate di grande disagio per il sistema sanitario locale, che rischia una totale paralisi.
Come tanti lavoratori del Vecchio Continente, tanti infermieri europei, al pari di quelli britannici, si sentono messi all’angolo dal mutato costo della vita, e non trovano, fino a questo momento, alcun riscontro nelle iniziative di Governi che sembrano latitare e mostrare fin troppa indifferenza, voltando letteralmente le spalle ad una categoria che non ha esitato, in ogni dove, a rischiare la vita, durante la pandemia.
Ovunque, non solo in Italia, gli infermieri rappresentano i professionisti che hanno pagato di più in termini di contagi: e cosa resta oggi dei sacrifici profusi? Paradossale, guardando parallelamente a noi, pensare alla situazione economica degli infermieri britannici e al loro malcontento che sfocerà in proteste senza precedenti, seppur, incredibilmente, con uno stipendio medio nettamente superiore al nostro.
E non possiamo non riflettere su quello che potrebbe accadere allora nel nostro di sistema sanitario italiano, da qui ai prossimi mesi, se il nostro Governo non dovesse prendere in carico il problema dello scarso valore di acquisto dei nostri stipendi rispetto allo spropositato aumento del costo della vita.
D’altro canto, i recenti dati Ocse, aggiornati al 2020, e sui quali ci siamo già espressi ampiamente, collocano inesorabilmente i professionisti italiani in una situazione di disagio economico ben peggiore rispetto a quelle di tante altre nazioni europee, in primis il Regno Unito, ed a fronte di questo non possiamo evitare di chiederci quale futuro attende i nostri operatori sanitari.
Il nostro pensiero in tal senso appare ben chiaro: rispetto ad una eventuale situazione che nel prossimo futuro, nel nostro Paese, non dovesse conoscere alcun mutamento positivo, rispetto alle tanto attese risorse aggiuntive per gli infermieri e per le altre professioni sanitarie, saremo pronti a dissotterrare, ancora una volta, l’ascia, ed a scendere nelle piazze, per mettere in atto legittime e sacrosante proteste.
Ricordiamo che gli infermieri italiani, nonostante i primi passi avanti realizzati con l’ultimo contratto, sono ancora invischiati nelle sabbie mobili di una realtà sanitaria desolante: sono sottopagati e non valorizzati.
Vivono sulle proprie spalle il peso di un macigno, di quella voragine di 80mila colleghi a cui nessuno, tra Governo e Regioni, ha fin ora posto un rimedio adeguato: subiscono ogni giorno l’onta di violenze fisiche e psicologiche e per tanto non si sentono nemmeno tutelati nel loro diritto alla sicurezza personale sul posto di lavoro.
Moltissimi colleghi, prima di ogni cosa uomini e donne, sono costretti a trascurare i propri affetti e decidono, spesso, di rassegnare le dimissioni.
Ed è per questo che guardiamo alla situazione della vicina Gran Bretagna con enorme pathos, consapevoli che prima o poi, a scendere di nuovo nelle piazze, potrebbe toccare proprio a noi”.