Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, on. Giuseppe Valditara, indirizza una lettera alle studentesse e agli studenti nel “Giorno della Libertà“. È polemica per il tentativo ideologico di riscrivere la storia e demolire lo slancio giovanile verso l’utopia.
Il nostro dovere di docenti l’abbiamo assolto. Il 9 novembre, come tutti gli altri giorni, del resto, noi eravamo in classe e abbiamo ritenuto rispettoso nei confronti del Ministro dell’Istruzione e del Merito fresco di nomina, on. Giuseppe Valditara, leggere pubblicamente la lettera, pubblicata sul sito del Ministero (rimossa venerdì 11 novembre, ma noi ve la riportiamo in calce), che egli stesso ha inteso indirizzare alle ragazze e ai ragazzi in occasione del «Giorno della Libertà».
Apprezziamo, tra l’altro, che Valditara abbia riconosciuto, rivolgendoci un cordiale saluto – che noi gentilmente ricambiamo –, il lavoro che svolgiamo quotidianamente in classe. Egli si è soffermato, infatti, sull’«arduo compito educativo di istruzione e formazione», quasi fosse un cambio di passo rispetto a tutti coloro che si sono avvicendati al Ministero che fu della Pubblica Istruzione e che ci avevano perlopiù ritenuto dei fannulloni che occupano delle posizioni im-meritatamente!
E, tuttavia, veramente ci era sfuggita l’istituzione nel 2005 con il Governo presieduto da Silvio Berlusconi del “Giorno della Libertà”, «quale ricorrenza dell’abbattimento del muro di Berlino, evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo» (Art. 1, comma 1, Legge 15 aprile 2005, n. 61), seguendo la scia degli Stati Uniti, i quali lo avevano istituito già nel 2001 con il presidente George W. Bush.
Riteniamo, del resto, che sia fondamentale ricordare, magari non solo il 9 novembre, ma tutti i giorni, le lotte di liberazione dei Paesi oppressi, così come riteniamo che sia necessario sostenere concretamente e pacificamente le transizioni verso forme politiche democratiche nei paesi che sono soggetti ancora oggi a residui di totalitarismo.
Ma proprio per questo, forse, sarebbe stato più oculato ipotizzare, come hanno fatto i tedeschi, che il Muro di Berlino ce l’hanno avuto in casa, l’istituzione di un “Giorno del destino” (Schicksaltag), vale a dire un giorno che mettesse insieme una serie di ricorrenze significative, tutte occorse il 9 novembre, per sottolineare, in fondo, il medesimo bisogno di libertà, ma senza necessariamente ricorrere a toni dalle tinte fosche per inveire, come fa un po’ ideologicamente Valditara, contro il comunismo, che pure ha promosso una guerra di Liberazione in Italia e guidato la Resistenza che ci ha portato alla democrazia, dopo il regime liberticida fascista. L’idea tedesca di mettere insieme più eventi, richiamandosi, ad esempio, ai moti rivoluzionari del 1848 contro i regimi assolutistici, alla Rivoluzione di novembre del 1918, che aveva trasformato la monarchia tedesca in Repubblica democratica, al Putsch di Monaco, un fallito colpo di Stato ordito da Hitler nel 1923, alla terribile Notte dei Cristalli, durante la quale furono perseguitati gli ebrei dal regime nazista nel 1938 e, infine, alla Caduta del Muro di Berlino nel 1989, avrebbe avuto più senso, evitando lo stile da proclama in piena Guerra fredda.
Ma il fatto è che la lettera del Ministro dell’Istruzione e Merito, on. Valditara, non ci piace affatto e questo per diversi motivi, tra cui proprio quello di rivangare inutilmente all’interno dei luoghi istituzionali (vista la palese assenza nelle nostre aule parlamentari!) il celeberrimo spettro del comunismo, che dal 1848, a detta di Marx ed Engels, aveva cominciato a terrorizzare le potenze dell’Europa. E talmente è cieca questa vulgata anticomunista da Guerra fredda, inaugurata già nel 1994 da un Berlusconi in forma smagliante, che impedisce al Ministro Valditara di accorgersi che la Russia di oggi, lungi dal rappresentare il «risorgere di aggressive nostalgie dell’impero sovietico», è l’espressione di un sovranismo panrusso e di un nazionalismo conservatore che rendono Putin molto più vicino alla Lega, il partito dal quale proviene egli stesso, che al comunismo.
È un peccato che il Ministro, infatti, abbia citato un totalmente decontestualizzato Blaise Pascal e non abbia, invece, preferito filosoficamente richiamarsi proprio a Marx, magari ricordando che i contenuti del suo pensiero hanno un alto valore civico, perché «non ci può essere educazione civica, se non si denuncia fino in fondo il colonialismo, il neocolonialismo, il razzismo e il neorazzismo»[1]. Del resto, va riconosciuto proprio a Marx il merito di «aver intrapreso la lotta contro l’ideologia razzista in un momento in cui sembrava che il razzismo fosse l’unica dottrina scientifica»[2]. Il Ministro avrebbe potuto ribadire che «la storia del movimento comunista è stata al tempo stesso un grande capitolo di storia per abolire la schiavitù coloniale e per l’affermazione di un’autentica morale capace di rispettare ogni uomo»[3]. Avrebbe potuto…e, invece, ha preferito inoltrarsi, ardito, nella filosofia della storia, affermando che «perché l’utopia si realizzi (quella comunista, eh!) occorre che un potere assoluto sia esercitato senza alcuna pietà».
Ci sia consentita, però, una brevissima difesa dell’Utopia, della quale il ministro auspica l’annichilimento, poiché «là dove prevale si converte inevitabilmente in un incubo».
In realtà, noi non saremmo insegnanti, docenti, educatori, se non pensassimo che la ragione per cui compiamo quotidianamente ogni singolo atto della nostra professione non fosse orientato a compiere una trasformazione utopica in positivo negli studenti e nelle studentesse con cui abbiamo a che fare.
Non saremmo educatori, se non pensassimo che il motivo per cui educhiamo ha a che fare con la predisposizione di uno spazio inedito, che apra a qualcosa di inevitabilmente e coraggiosamente nuovo e, del resto, non saremmo docenti in maniera autentica, se quel nuovo per il quale proviamo a lastricare la strada, non si configurasse come utopico. Non saremmo, noi docenti, degli inguaribili visionari o profeti, come diceva Aldo Capitini, se ci lasciassimo abbacinare da pretestuose narrazioni distopiche o ideologicamente realistiche, solo per giustificare e legittimare lo stato delle cose, che conviene agli attempati che occupano le poltrone, ma non certamente ai giovani.
Infine, una piccola nota per i più distratti vorremmo ugualmente fornirla come semplice promemoria: la società senza classi, necessaria conseguenza individuata da Marx al termine del processo comunista, non si è mai realizzata, insieme a tutto ciò che avrebbe garantito, cioè uguaglianza, pace, prosperità, «umanità, giustizia, libertà, verità». Ma, sono questi, per caso, gli orizzonti che oggi il sistema capitalistico, pardon la liberaldemocrazia, sta provando a realizzare?
Si sa, talvolta ricordare significa anche dimenticare e nella selezione istituzionale degli avvenimenti da tramandare si realizza la memoria condivisa, cioè l’educazione ideologica delle masse. Ma noi docenti, caro Ministro, nel nostro pluralismo, restiamo un presidio di libertà e di utopia e, per non tediare troppo i ragazzi e le ragazze, il 9 novembre continueremo a far risuonare nelle aule scolastiche il famoso brano dei Pink Floyd, Another brick in the wall!
We don't need no education – Non abbiamo bisogno d’istruzione We don't need no thought control – Non abbiamo bisogno di alcun controllo del pensiero No dark sarcasm in the classroom – Niente umorismo dark in classe Teacher, leave them kids alone – Insegnante, lascia in pace quei bambini Hey, teacher, leave them kids alone – Hey, teacher, lascia in pace quei bambini All in all, it's just another brick in the wall – Tutto sommato, è solo un altro mattone nel muro All in all, you're just another brick in the wall – Tutto sommato, TU sei solo un altro mattone nel muro
[1] D. Losurdo, Marxismo e comunismo, Edizioni Affinità elettive, Rende (CS) 2018, p. 28.
[2] Ivi, p. 27.
[3] Ivi, p. 26.
Di Michele Lucivero e Andrea Petracca.
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a cura di Michele Lucivero
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