“Sono trascorsi settantun anni dall’alluvione del Polesine e la tristezza che la data fa riemergere ricorda anche che quella tragedia ha contribuito a una presa di coscienza sulla necessità di non abusare nello sfruttamento dell’ambiente: sfruttamento che non può andare contro l’equilibrio indispensabile tra esigenze dell’uomo e quelle della natura”.
Con queste parole il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, ricorda l’anniversario della rotta del Po nel 1951, quando gran parte della provincia di Rovigo fu invasa dalle acque del fiume che, rompendo gli argini, travolsero i paesi e le campagne, causando numerosi morti e un ingente numero di sfollati.
“Ogni 14 novembre – prosegue il Governatore –, a distanza di anni e di generazioni, ripropone il dolore e lo smarrimento di quei giorni. Il pensiero va ai defunti e quanti sono stati spinti a intraprendere nuovi cammini di vita in altri territori. Ma va anche alla forza dei cittadini di quel territorio che hanno saputo farlo rinascere e ripartire fino a raggiungere livelli di qualità della vita impensabili negli anni prima dell’alluvione.
È stata la prima grande occasione dolorosa dopo la seconda guerra mondiale in cui i veneti hanno dimostrato di saper rimboccarsi le maniche e guardare al futuro. Purtroppo non è stata l’unica occasione in cui le forze della natura hanno messo a dura prova la nostra Regione, generando sofferenze che il Veneto ha vissuto sulla sua pelle, dopo le quali ha lavorato duramente e attraverso le quali ha imparato a costruire un rapporto col territorio che intende accrescere e mantenere in una dimensione di rispetto.
Gli esperti ci dicono che settantuno anni fa le acque invasero una terra di almeno tre metri inferiore al livello del mare – conclude il Presidente Zaia -. È un dato che ci rammenterà sempre il vero rischio che rappresenta lo sfruttamento di quel sottosuolo, ben documentato anche nelle sedi storiche e museali del Delta del Po. Agire con consapevolezza significa pensare alle necessità del presente senza compromettere il futuro; lo dobbiamo anche a tutti coloro che in quel novembre del 1951 persero la vita o tutti i loro averi”.