Indetta una manifestazione nazionale il 18 novembre dopo il blitz delle studentesse e degli studenti contro Valditara e il Governo Meloni. FGC: «No alla retorica del merito: l’istruzione costa sempre di più».
Abbiamo temuto ad un certo punto che la nostra critica nei confronti della cosiddetta “Scuola del Merito”, espressa in più di un contributo in questa rubrica, fosse una tipica contestazione sindacale da incalliti dipendenti statali, preoccupati più che altro che il nostro posto di lavoro potesse essere scalfito dalle logiche dell’efficienza e dell’efficacia taylorfordista, cui è soggetto il magnifico mondo del privato, la cui mano invisibile concorrenziale sistema tutto, rende competitivi e genera estrema felicità.
La nostra, in verità, è sempre stata una preoccupazione seriamente pedagogica, che nasceva dall’impossibilità, ampiamente documentata peraltro, di adattare criteri concorrenziali di tipo economicistico alle lente dinamiche dell’educazione, della formazione delle coscienze critiche e dell’istruzione delle giovani menti, che hanno bisogno dello spazio e del tempo necessario alla maturazione e non dell’ansia da prestazione connessa alla logica del merito.
Ad un certo punto ci siamo chiesti anche se la nostra critica stesse dimenticando qualcosa; se al di là del nostro agone politico-sindacale di stampo conflittuale, avessimo mancato di ascoltare le studentesse e gli studenti, per comprendere se la questione del merito potesse essere compatibile con il loro orizzonte e con la voglia di emergere tra i tanti, proprio come molti dei loro modelli, ampiamente sdoganati dai social networks.
Per fortuna, alla fine, anche loro, finalmente, hanno fatto sentire la propria voce contro Giuseppe Valditara, il nuovo ministro dell’Istruzione e del Merito del governo Meloni, accusandolo di portare avanti un modello di scuola che non solo si rivela fortemente ideologico, come dimostra la lettera inviata il 9 novembre nel “Giorno della Libertà”, ma, secondo i giovani, ma si rivela anche un’istituzione iniqua, lontana dal perseguire un’istruzione di qualità e accessibile a tutte e a tutti, così come dovrebbe essere una Scuola pubblica.
Così le studentesse e gli studenti hanno avviato azioni di protesta davanti al Ministero dell’Istruzione (e del Merito) e presso l’Ufficio scolastico di Mestre per denunciare quella che viene ritenuta una subordinazione del sistema formativo agli interessi delle imprese, così come da molto tempo stiamo cercando di mostrare anche noi, attraverso l’introduzione dei PCTO, il sostegno agli Istituti Tecnici Superiori (ITS), nei quali entrano le aziende private, e l’istituzione dei Licei della Transizione Ecologica e Digitale (TED), che vengono avviati con la collaborazione di banche, fondazioni, Università private e imprese non eticamente irreprensibili, come Eni e Snam, denunciate dal WWF per le inutili e impattanti opere in Abruzzo e Salento.
E, a proposito della deriva che la scuola ha preso agli occhi delle studentesse e degli studenti, Simon Vial, responsabile scuola della Federazione Gioventù Comunista, ha affermato ieri: «Andare a scuola costa sempre di più, solo in prima liceo le nostre famiglie spendono in media 1255 euro, ma per il nuovo Governo è solo una questione di “merito”. Nel frattempo le nostre scuole vanno a pezzi, ma la priorità del nuovo esecutivo, in linea con il precedente, è di continuare a investire per il conflitto in Ucraina. Servono soldi alla scuola non alla guerra. Non ci stiamo alla retorica della destra che dice che il nostro problema è l’immigrazione, mentre questo modello scolastico ci offre solo sfruttamento e mette a rischio la nostra vita, indifferentemente dal colore della nostra pelle».
Al di là della gravissima questione dei costi della scuola, che metterebbe in dubbio la reale prospettiva dell’uguaglianza sostanziale della nostra istruzione pubblica, risalta, a nostro avviso, la seria preoccupazione di ordine psicologico delle ragazze e dei ragazzi che vivono gran parte della loro adolescenza e giovinezza nelle nostre scuole. Si tratta di un sentimento di precarietà e di ansia prestazionale che monta giorno dopo giorno tra richieste, a dire la verità sempre meno chiare, di competenze, conoscenze, abilità e capacità che destabilizzano le menti delle ragazze e dei ragazzi, mandandole in confusione.
Assistiamo troppo spesso nelle nostre scuole (con crisi di panico, disagi psichici, suicidi) agli effetti deleteri di quella che abbiamo definito Psicoistruzione, cioè un regime iperstressante, ansiogeno, patologico, generato dalle pressioni scolastiche e familiari che spingono ad eccellere, evitando i fallimenti, perché il demerito è percepito perlopiù come una grave colpa. Anche per questo motivo, si legge nelle motivazioni del Liceo Morgagni di Roma, si è avviata sette anni fa la sperimentazione sulla “scuola senza voti”, su cui dovremmo avviare al più presto una riflessione collettiva. Tuttavia, ciò che conta nella nostra società, e talvolta la scuola è percepita anche come ostacolo al progetto individuale, è la scalata economica, dal momento che i giovani sono sempre più accecati dalla brama di successo, come vuole l’ideologia liberista, che si nasconde dietro questa presunta tendenza neoliberale.
E, così, dopo le studentesse e gli studenti universitari dell’Università “La Sapienza”, che hanno occupato la facoltà a seguito della gravissime cariche della polizia avvenute all’interno di quello che dovrebbe essere il tempio della formazione, alla fine anche le studentesse e gli studenti delle superiori si sono mobilitati. Con il blitz di ieri la FGC, insieme all’Unione degli Studenti Universitari e alla Rete degli studenti medi hanno chiamato alla mobilitazione nazionale studentesca venerdì 18 novembre con lo slogan: «Contro il finto merito del governo Meloni!».
Noi non smettiamo, a differenza del Ministro on. Giuseppe Valditara e di chi, avviatosi verso stanche narrazioni senescenti, scambia colpevolmente una ideologica invettiva anticomunista per una personale passione politica, di credere che i giovani possano ancora, grazie al loro slancio utopico, completare la trasformazione verso una scuola pubblica veramente democratica, così come la nostra Costituzione antifascista ha voluto rimarcare dopo il più buio periodo della storia italiana.
Di Michele Lucivero e Andrea Petracca.
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a cura di Michele Lucivero
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