Il doppio dissesto di Banca Popolare di Vicenza (BPVi) e Veneto Banca, un flop “diretto” da 13,5 mld: parte I

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Crac BPVi e Veneto Banca, la rivalutazione della 295 per gli indennizzi alle vittime
Crac BPVi e Veneto Banca

Il doppio dissesto di Banca Popolare di Vicenza (BPVi) e Veneto Banca (qui “Banca Popolare di Vicenza. La cronaca del processo”, il libro/documento sul primo grado da noi pubblicato, e su ViPiu.it tutte le udienze di I° e II° grado dei due processi, ndr) ha comportato perdite per circa 13.5 miliardi di euro, a carico di 210.000 azionisti per l’azzeramento del valore delle azioni (11 miliardi), nonostante 4 miliardi di patrimonio immessi negli ultimi tre anni a Vicenza e Treviso e incluso il doppio aumento di capitale per due miliardi e mezzo complessivamente sottoscritto dal fondo Atlante I (le cui quote maggiori erano detenute da Intesa Sanpaolo e Unicredit e, poi, diventato, insieme al quasi gemello Fondo Atlante II, gestore di NPL), dopo aver portato a 10 centesimi il valore dei singoli titoli delle due ex Popolari venete.

Cifre sconfortanti, confrontabili a quelle del crac di Parmalat per 14 miliardi ma superiori se si conteggiassero gli effetti indotti negativi sui soci, piccoli risparmiatori e/o picccole e medie aziende che fossero.

Cerchiamo, in una serie di articoli (qui tutti, ndr), di ricostruire l’accaduto in maniera sintetica, “qualitativa” ma anche quantitativa, per lasciare una traccia complessiva e comprensibile, anche se non esaustiva perché troppe cose tribunali e Commissione di Inchiesta non hanno forse considerato con la dovuta attenzione oppure sono stati limitati nel farlo dai loro vincoli giuridici e istituzionali.

Per la “narrazione” della fine dei due Istituti, BPVi e Veneto Banca, su cui negli anni di maggiore loro fulgore si è basata buona parte della crescita del Veneto e, in proporzione, del nordest, tutti finanziati, le due banche e, quindi, Veneto e nordest, da circa un 60% di azionisti di quasi tutta l’Italia, abbiamo attinto (l’avv. Fulvio Cavallari, legale di parti civili e presidente di Adusbef Veneto,  e il direttore di ViPiu.it, Giovanni Coviello, fonte storica giornalistica fuori dal coro dal 2010, ndr) abbiamo attinto buona parte di questa sintesi divulgativa anche dai lavori della  Commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, per “aumentare” la quota di rappresentazione dei fatti imparziale o, sarebbe meglio dire visto il suo ambito istituzionale, ufficiale ma, sia pure parzialmente, credibile.

Analizziamo, quindi, le ragioni della crisi che ha interessato negli anni recenti il sistema bancario italiano soffermandoci sulle banche collassate che hanno caratteristiche simili e che interessano più da vicino il nostro territorio cioè la Banca Popolare di Vicenza (BPVI) e Veneto Banca (VB).

Questi tre istituti di credito appartengono alla categoria delle banche popolari che, per dimensioni (superando gli 8 miliardi di euro di attivo, cioè di crediti presso la clientela alla quale la banca offre finanziamenti e prestiti), rientravano nella riforma per la trasformazione in s.p.a. entro il 2016 delle banche popolari maggiori, varata con decreto-legge n. 3/24 gennaio 2015, convertito con legge n. 33/2015, prima che, a giochi fatti (anzi disfatti), il 17 luglio 2020 la Corte Europea della UE dichiarasse con una sua sentenza che quel limite in quella legge fosse «una restrizione alla libera circolazione dei capitali» vietata dall’art. 63 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e, quindi, illegittimo…

Le due banche venete (le dimensioni di BPVI nel 2007 erano maggiori ma negli anni successivi le dimensioni delle due diventano simili) rappresentavano il 18 per cento del totale delle sei banche in crisi e, poi, “risolte” (oltre alle due suddette anche Banca Marche, Carife, CariChieti e l’addirittura già quotata Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio BPEL) e l’1,8 per cento del sistema.

Entrambe le banche venete, a causa delle loro dimensioni, dal 4 novembre 2014 sarebbero passate da Banca d’Italia sotto la vigilanza diretta del Single Supervisory Mechanism (SSM) di BCE e questo per normativa europea (che riguardava 130 istituti, i più grandi, europei tra cui 14 italiani)

Questi istituti avevano un modello di business molto orientato all’intermediazione in crediti (con un’incidenza sul totale attivi che va dal 78 all’87 per cento) e pertanto erano molto esposte alle conseguenze della recessione degli anni successivi. Come è stato ricordato dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco “si tratta di banche che avevano la loro operatività prevalente in territori duramente colpiti dalla recessione”.

In effetti, le due banche nel 2007, quando prende avvio (non in Italia) la crisi finanziaria internazionale, sono, considerate le loro dimensioni, in linea con il sistema e redditizie.

Le cause di queste due crisi sono molto simili e possono essere distinte in due grandi categorie: cause primarie e cause da esse indotte.

Tra le cause primarie troviamo in tutti e due i casi debolezze nella governance sia a livello di alta governance (Consigli di Amministrazione e Collegi Sindacali deboli ed autoreferenzialità di AD e/o Presidenti) sia a livello di funzioni di controllo. La Commissione è giunta anche al convincimento, sulla base delle dichiarazioni degli auditi e dei documenti acquisiti, che non sempre i componenti degli organi consiliari di indirizzo e controllo delle banche disponessero dei livelli di competenza tecnica indispensabili per l’esercizio delle elevate responsabilità e della gravosità dei compiti connessi con la loro carica.

In secondo luogo, la crisi si sviluppa nell’area crediti dove si riscontrano tre fattori: 1) un periodo di intensa crescita effettuata anche tramite acquisizioni e precedente allo scoppio della crisi aziendale 2) politiche del credito complessivamente inadeguate e rischiose (talvolta relative a parti correlate e suscettibili di conflitto d’interesse, in violazione dell’art. 136 T.U.B.) e, da ultimo, come moltiplicatore della crisi, e quindi causa scatenante, 3) la lunga doppia recessione italiana.

Segue…

Avv. Fulvio Cavallari, presidente di Adusbef Veneto

Giovanni Coviello, direttore di ViPiu.it