Un’enclave siriana sostenuta dagli Stati Uniti si è preparata all’eventuale assalto delle forze turche, mentre il comandante dell’area ha esortato Washington a fare di più per prevenire una minacciata invasione di terra che, secondo i funzionari dell’amministrazione Biden, rischierebbe una rottura con l’alleato della NATO, la Turchia, e la rinascita dello Stato Islamico in Siria.
Le forze del presidente turco Recep Tayyip Erdogan hanno lanciato quelli che, secondo i funzionari statunitensi, sono stati almeno 100 attacchi aerei, con droni e artiglieria su diverse città del nord-est della Siria negli ultimi quattro giorni.
Secondo le Forze Democratiche Siriane, la forza sostenuta dagli Stati Uniti nell’area, sono stati uccisi circa 18 civili e tre soldati. La Turchia, che da decenni combatte i militanti della propria minoranza curda in patria, considera le SDF come una minaccia alla propria sicurezza nazionale.
Le forze turche hanno invaso l’enclave per l’ultima volta nel 2019, dopo quello che Erdogan sembrava considerare un via libera del Presidente Donald Trump. Adesso, la Turchia accusa i combattenti dell’attentato di Istanbul della scorsa settimana.
Le SDF e altre organizzazioni curde hanno negato la responsabilità delle esplosioni. Una coalizione militare guidata dagli Stati Uniti si è unita alla lotta contro le forze dello Stato Islamico nel 2014, dopo che quest’ultimo si era impadronito di 41.000 miglia quadrate in Iraq e Siria.
In Siria, gli Stati Uniti hanno subito scelto le truppe a guida curda come forza alleata. Tre anni e mezzo dopo che i militanti sono stati sconfitti e Trump ha parzialmente ritirato le forze statunitensi, centinaia di truppe americane rimangono nel territorio a sostegno delle unità SDF che combattono ciò che è rimasto dello Stato Islamico nella regione.
Fonte: The Vision