Quel pasticciaccio brutto dell’ITIS “Rossi” su Erasmus a Gaza: un caso nazionale

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ITIS Rossi Vicenza, Erasmus in Gaza
ITIS Rossi Vicenza, Erasmus in Gaza

Polemiche di Elena Donazzan e altre associazioni sulla proiezione del docufilm Erasmus a Gaza all’ITIS “Rossi” di Vicenza. La scuola laica, pluralistica e democratica non può accettare ingerenze esterne.

Insomma, il caso scoppiato all’ITIS “Rossi” di Vicenza potrebbe anche essere riportato come una piccola scaramuccia locale tra alcune associazioni di sinistra e l’assessora Elena Donazzan, ma, in realtà, quello di intervenire e, talvolta, interferire con le scelte didattiche di una scuola da parte di chicchessia ha ormai assunto le sembianze di uno sport di carattere nazionale.

Ma, andiamo per ordine, anzi partiamo in disordine, cioè al contrario, dalla scuola pubblica.

Ora, se c’è un luogo in cui, nonostante tutti gli attacchi e i tentativi di sabotaggio, vi è ancora il rispetto del pluralismo delle opinioni, dove né a chi vi lavora né a chi fruisce gratuitamente dei suoi servizi pubblici viene richiesta una patente ideologica o di prestare giuramento (come accadeva durante il fascismo) quel luogo è la scuola italiana, laica, democratica e antifascista.

Sono anni ormai che sulla rubrica Agorà. La filosofia in piazza, ospitata senza alcuna pressione ideologica su questa testata, abbiamo assunto l’impegno di narrare dall’interno l’evoluzione dell’istituzione scolastica, sempre più piegata a logiche di mercato e preda di una inesorabile rivoluzione digitale che, a nostro avviso, non ne migliora affatto la qualità. E, proprio per essere pluralisti, abbiamo voluto che le voci fossero molteplici, aprendoci anche ai racconti, alle narrazioni e alle opinioni delle studentesse e degli studenti che la scuola la vivono concretamente.

Spesso ci siamo chiesti quanti colleghi e quante colleghe leggessero le nostre denunce; quante colleghe e quanti colleghi abbiano accolto l’invito a riflettere con noi sul legame esistente tra Scuola pubblica e società (in)civile, tema al quale abbiamo dedicato un volume; quante colleghe e quanti colleghi abbiano poi, a consuntivo, avviato una riflessione su quella che è stata l’esperienza della Didattica a Distanza per le ragazze e i ragazzi. Alla fine, questo stesso pluralismo, che trova spazio in queste pagine, con tante voci che si sono alternate nel corso degli anni – ci siamo detti – è un presidio di libertà di espressione e di impegno civile in favore della scuola pubblica e, finché esiste, noi non rinunceremo, ma dall’interno, a denunciare tutte le derive liberticide che tentano di demolirla.

Un ultimo appunto, banale e superfluo, ma necessario, sulla scuola pubblica: i concorsi sono aperti a tutte e a tutti, basta studiare, prendere un titolo in una qualsiasi università, specializzarsi nell’insegnamento e poi cercare di vincere la competizione concorsuale: chi supera le prove ottiene come premio un contratto; chi perde, evidentemente, non merita e resta fuori, ma può, tuttavia, rientrare a far parte della comunità scolastica in qualità di genitore e rendersi parte attiva della società civile.

E adesso veniamo alla questione dell’ITIS “Rossi” di Vicenza, che è analoga, in realtà, a tante altre storie che quotidianamente accadono nella scuola pubblica italiana, non da ultima quella occorsa lo scorso anno scolastico al sottoscritto in una scuola pugliese.

Ora, nella scuola vanno in scena costantemente riunioni su riunioni, in cui i Consigli di classe, i Dipartimenti delle singole discipline e i Collegi docenti programmano attività didattiche in maniera condivisa e collegiale. Funziona così: uno propone, alcuni votano convintamente, altri si fidano di chi propone, molti seguono la maggioranza, qualcuno dorme. Esistono poi i/le Dirigenti scolastici, noi vorremmo che fossero solo delle figure di garanzia delle procedure democratiche, ma talvolta si comportano da sceriffi con la compiacenza di sadici colleghi e colleghe, eppure è nel loro potere anche bocciare una iniziativa in cui si possa ravvisare un danno per l’immagine e il buon nome della scuola.

All’ITIS “Rossi” di Vicenza una serie di associazioni che promuovono iniziative di solidarietà e informazione sulla situazione del popolo palestinese, tra cui Salaam Ragazzi dell’Olivo-Vicenza, ANPI, Arci, Cgil, Da Adesso in Poi, Fornaci Rosse, Pax Christi, Mir Progetto sulla Soglia, propongono all’Istituto la presentazione di Erasmus a Gaza, un docufilm diretto da Chiara Avesani e Matteo Delbò in cui il protagonista, l’aspirante chirurgo Renato Corradini, vive una «straordinaria crescita professionale e umana in qualità di primo studente al mondo partecipando al programma europeo di scambi universitari Erasmus nel problematico territorio palestinese confinante con Israele» (testo della circolare dell’ITIS “Rossi”).

Posto che ogni associazione presente sul territorio è libera di proporre qualsiasi tipo di iniziativa alle scuole, i cui docenti sono chiamati a valutarne poi i contenuti, la pertinenza, la portata ideologica e politica, nonché la spendibilità didattica, va fatto notare che nella scuola italiana antifascista, laica, democratica e pluralista, alcune associazioni sono legittimate dal Ministero, che fu della Pubblica Istruzione, ad entrarvi con propri formatori.

È il caso di ricordare, ad esempio, che l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), benché riformata, può serenamente entrare nelle scuole sulla scorta del Protocollo di Intesa del 2020, sottoscritto dall’allora ministro Lucia Azzolina e dalla Presidente dell’Associazione, Carla Nespolo. Ogni altra polemica, mossa anche su questo giornale a titolo meramente personale, tesa a infangare il nome e la memoria dell’ANPI e a cui il Direttore, democratico e liberale com’è, lascia spazio, noi, che la storia la insegniamo, essendo stati abilitati dallo Stato a farlo, la troviamo del tutto insignificante e perniciosa dal punto di vista educativo.

C’è un’altra questione, infine, che viene tirata in ballo da Donazzan e dalla presidente dell’Associazione Italia Israele, Cristina Franco, cioè quella del contraddittorio. Si tratta di una questione che ha visto protagonista anche il sottoscritto in occasione della presentazione del libro E allora le foibe? di Eric Gobetti nella scuola in cui presta servizio, oggetto, addirittura, di una inconcludente interrogazione parlamentare da parte di esponenti baresi di quella che un tempo era la Lega Nord (sic!). In base a quale principio didattico e pedagogico, ci chiediamo, a scuola deve andare in scena un contraddittorio?

Evidentemente, la cultura che si cela dietro la richiesta, da parte di soggetti che non conoscono le dinamiche educative della scuola, di avviare un contraddittorio, è quella che interpreta le nostre aule come se fossero il teatro di un talk show televisivo, in cui si debba tifare necessariamente per l’una o l’altra versione della verità e non, invece, il luogo, estremamente delicato, in cui le studentesse e gli studenti, a partire da spunti didattici offerti da professionisti, costruiscono lentamente le proprie articolate, pluralistiche e democratiche visioni del mondo.

Insomma, il monito, rivolto anche all’attuale ministro Valditara, è quello di lasciare fare il lavoro storico agli storici e la professione di docente al corpo collettivo dei docenti. Se non siete storici, il consiglio, rivolto soprattutto a chi si autodefinisce studentessa mediocre, è quello di studiare meglio e, magari, partecipare ai concorsi pubblici…con un enorme in bocca al lupo da parte nostra!


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a cura di Michele Lucivero

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