Pfas nel sangue, Regione consente analisi anche ai comuni in Area Arancione: quasi tutti nel Vicentino

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Palazzo Balbi Regione Veneto

Anche i cittadini residenti nei comuni veneti dell’Area Arancione potranno effettuare il dosaggio dei PFAS nel sangue. Lo stabilisce un provvedimento adottato dalla Regione Veneto.

“Ciò risponde alle esigenze che parte della popolazione residente in questi comuni ha più volte espresso, ma anche ad una rivalutazione del rischio correlata all’uso dell’acqua da pozzo – spiegano dalla Regione -. L’Area Arancione corrisponde a quella parte di territorio regionale, interessata dalla contaminazione da PFAS delle acque sotterranee, ma che ha ricevuto acqua non contaminata attraverso gli acquedotti”.

Nella tabella sottostante i comuni compresi nell’Area Arancione, in grandissima parte ricadenti nella provincia di Vicenza.

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Gli esami per i livelli di Pfas nel sangue potranno essere effettuati, volontariamente, presso il laboratorio autorizzato di Arpav in regime di compartecipazione della spesa, entro 90 giorni dall’adozione della deliberazione, tempo necessario all’adeguamento dei flussi informativi e alla definizione delle misure organizzative.

La tariffa astrattamente applicabile a questa prestazione – ancora dalla Regione – è Determinazione sostanze organiche fluorurate (PFAS), codice 4.2.00.115, costo: 130 euro, di cui al tariffario Arpav, approvato con D.G.R. n. 46 del 25/1/2022. Tuttavia gli interessati potranno usufruire delle prestazioni in regime di compartecipazione alla spesa ad una tariffa calmierata di 90 euro (per maggiori informazioni la deliberazione n. 1752 del 30 dicembre 2022 sarà visionabile nel Bollettino ufficiale del prossimo venerdì 13 gennaio).

Laddove gli esiti dei dosaggi effettuati volontariamente dai cittadini rilevino valori sierici di PFAS superiori ai limiti di riferimento già stabiliti con D.G.R. n. 2133/2022 gli interessati potranno effettuare gratuitamente gli esami ematochimici previsti dalle disposizioni contenute nella medesima deliberazione. Per coloro che dovessero presentare valori significativi di bioaccumulo di PFAS ed esami ematochimici con valori alterati, essi potranno eseguire gratuitamente attraverso il medico di medicina generale il programma di presa in carico sanitaria, come previsto dalle disposizioni contenute nelle deliberazioni della Giunta Regionale n. 2133 del 23 dicembre 2016 e n. 691 del 21 maggio 2018″.

La Regione poi si difende dalle critiche ricevute per una decisione che era stata richiesta da tempo facendo presente di aver sempre esaminato attentamente i dati prodotti dalle evidenze scientifiche e dati di natura ambientale e prodotti dagli Enti Gestori del Servizio Idrico Integrato. Per questo “non ha ritenuto di poter ampliare il Piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione esposta a PFAS anche all’Area Arancione, proprio per la mancanza nell’Area Arancione dei requisiti che identificano l’Area Rossa, che è quella di massima esposizione sanitaria e quindi di applicazione del Piano di sorveglianza” aggiunge.

Viene posta attenzione sul dato della distribuzione dell’acqua destinata al consumo umano: “Nell’Area Rossa è stata distribuita acqua con PFAS, essendo attinta ai pozzi contaminati di Almisano, mentre nell’Area Arancione è stata distribuita acqua proveniente da pozzi non contaminati da PFAS”.

Inoltre, la Regione del Veneto ricorda le “misure di sanità pubblica” assunte per ridurre i rischi  per uso a scopo potabile di pozzi privati e la previsione per l’Area Arancione di una valutazione del rischio relativamente all’esposizione alimentare.

“Infine – conclude la nota – a seguito di evidenze storiche di esposizione ad acqua potabile possibilmente contaminata è stato avviato uno specifico studio sulla popolazione di Trissino in quanto interessato dalla presenza della sede, nel proprio territorio comunale, della Ditta Rimar prima e Miteni poi e in parte anch’esso ricompreso nell’Area Arancione. Lo studio al momento ha prodotto dati confortanti circa la presenza i PFAS nel sangue dei residenti che risultano ben al di sotto dei livelli presenti nei residenti dell’Area Rossa, paragonabili al resto della popolazione regionale e nazionale”.