Abbiamo smesso di osare. E abbiamo imparato ad accontentarci, assuefatti a storture che sanno ormai di normalità.
Ciechi ai colori, confortati da un mondo in bianco e nero, siamo passati dalla condivisione del reale alla distanza del virtuale. Dismesso ogni spirito di sacrificio, ricerchiamo la scorciatoia più comoda per conquistare un protagonismo senza responsabilità.
Nessuno si chiede più dove stiamo andando e se la direzione sia davvero quella giusta.
Eppure, nella storia, ogni piccola grande conquista è sempre stata dovuta al coraggio di chi ha saputo osare. L’Uomo ha osato quando ha imparato a cucinare il cibo, a costruire le proprie abitazioni, a creare acquedotti, ha sfruttato la propria conoscenza per migliorare la qualità della vita.
E noi? In cosa stiamo osando?
Non siamo neppure certi di vivere in maniera davvero serena. Abbiamo messo al margine la Cultura e abbiamo accettato ogni iniquità.
Abbiamo affidato del tutto la costruzione e il governo di questa società a una classe politica elitaria, che non si preoccupa di curare il contatto con i cittadini, se non attraverso sondaggi utili soltanto a calibrare al meglio le campagne elettorali. E sempre attraverso i sondaggi giudichiamo la qualità della politica e attribuiamo il ruolo decisivo di rappresentare il popolo.
Nel tempo, sono state combattute battaglie importanti per la conquista di quei diritti che oggi diamo per scontati. Quello che abbiamo lo dobbiamo a chi ha avvertito il peso dei doveri. Sui doveri e sulla responsabilità è stata eretta la vera civiltà democratica, fatta di libertà di pensiero e di espressione.
Scegliendo, invece, di giocare la partita della prudenza e dell’indifferenza, è proprio a chi si è sacrificato per le nostre libertà che manchiamo di rispetto. Abdicando a ogni dovere civico, ostacoliamo la circolazione delle idee e arrestiamo la macchina culturale, che poi è quella politica. Perché la politica è vita, è società, è confronto. Fa dei cittadini persone e delle persone cittadini.
Il benessere collettivo è gioco di squadra. Ciascuno di noi è chiamato a fare la propria parte, nel rispetto del contributo dato dall’altro, da chi percepisce i doveri a margine della rivendicazione dei diritti.
In questo sta quella solidarietà che è calpestata ogni volta che si discute per un parcheggio rubato, che un giovane muore per mano di un altro giovane, che si pratica l’offesa facile.
Di fronte a un quadro imbrattato d’odio e cattiveria, però, fiumi di frasi celebri che inneggiano all’amore e al coraggio abbelliscono le pagine social, nell’affanno alla costruzione della migliore immagine di sé. Si riporta il pensiero di eroi che non ci sono più, senza cogliere il valore di testamento nel monito di chi ha dato l’esempio che qualcosa può cambiare solo osando, nel piccolissimo del proprio quotidiano.
Parole. Vuote parole senza fatti.
Chi, come Meritocrazia, ha scelto di puntare sull’azione e praticare una politica diversa deve mostrare coerenza e mantenere la promessa di essere e restare differente, alimentando il confronto, proponendo e mettendo generosamente in condivisione le idee.
Prima d’ogni cosa va riconquistata la democrazia. Meritocrazia in questo farà il suo pubblicando una proposta di riforma della legge elettorale, che oggi rimette il potere a pochi e non assicura né rappresentatività né governabilità. Non mancherà l’impegno del movimento neppure in ambito di tutela ambientale, protezione delle fragilità, inclusione sociale.
Tutto questo perché Meritocrazia ha scelto, semplicemente, di osare.