Brain Drain, Meritocrazia Italia: “La Cultura sia la principale ricchezza nazionale”

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brain drain

Il fenomeno di ‘emigrazione delle intellettualità’ è solitamente etichettato con l’espressione “fuga dei cervelli” o “brain drain”.

Studenti, laureati e specialisti altamente qualificati d’Italia si trasferiscono sempre più spesso all’estero per trovare occasione di realizzazione delle proprie aspirazioni, nella speranza di migliorare le proprie condizioni di vita.

Proviamo a vedere più da vicino cosa è, quali sono le cause e quali effetti potrebbe produrre.

Per ‘fuga dei cervelli’ s’intende solitamente il processo per il quale scienziati, specialisti, persone istruite e lavoratori qualificati emigrano, o abbandonano un particolare luogo o una certa professione svolta in un Paese per trasferirsi in un altro (fonte: The Britannica Dictionary).

L’espressione brain drain è apparsa da principio nei primi anni 1950 nel Regno Unito, in occasione del noto esodo di massa degli scienziati britannici negli Stati Uniti.
La definizione più moderna di brain drain ha piuttosto a che fare con «le migrazioni di personale qualificato da Paesi in via di sviluppo a Paesi sviluppati».

Questo modo di intendere la questione sposta il focus sul dramma della perdita di risorse di alcuni Stati ancora in crescita. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (International Organization for Migration) fino a un terzo di tutti gli scienziati che si sono istruiti nei Paesi ‘poveri’ del mondo finiscono nei Paesi ‘ricchi’, c.dd. sviluppati.

I sostenitori delle migrazioni professionali preferiscono usare altri termini, più neutri, come ‘scambio di cervelli’ (brain exchange) o ‘mobilità dei cervelli’ (brain mobility), per sottolineare anche i vantaggi del processo.

Le teorie in proposito sono due: la teoria del capitale umano, che tende a spiegare, sotto il profilo micro-sociale, le decisioni di migrare verso luoghi in cui l’istruzione ha un rendimento più elevato; e l’approccio neo-marxista dei rapporti tra il centro e la periferia, che, invece, concentra l’attenzione sulle differenze, a livello macro-sociale, tra le Nazioni sviluppate e i Paesi in via di sviluppo.

Fatto è che, nel corso dell’ultimo mezzo secolo, la quantità della migrazione globale di personale altamente qualificato è cresciuta enormemente ed è oggi percepita come una seria minaccia per il futuro di molti Stati. Tra questi, l’Italia.

È certo anche che la ‘fuga’ aumenti in caso di instabilità politica. E purtroppo in Italia questa instabilità dura più di vent’anni, forzando i giovani già dai banchi dei superiori di pensare a cercare il loro futuro altrove.

Eppure formare ha un costo e la perdita di capitale umano crea mancato profitto al beneficio dell’economia Italiana.

Non ci si rende conto che le risorse intellettuali rappresentano la principale ricchezza nazionale.

L’esodo delle menti rappresenta una minaccia diretta alla sicurezza economica del Paese di provenienza. La grave carenza di scienziati e specialisti porta a una recessione dell’economia, perché il livello di competenza diminuisce notevolmente.

A giudicare dalle deprimenti statistiche, le misure volte a preservare le risorse non portano al risultato sperato. In 8 anni i cervelli in fuga dall’Italia sono aumentati del 41,8%. Una vera e propria emorragia.

Secondo le ricerche più accreditate [Key issues and causes of the Italian brain drain (2006) di Sonia Morano Foadi, e European academic brain drain: A meta-synthesis (2021) di Jawaria Khan], in concreto, le due componenti di questo clima avverso sono:
– l’incertezza nella quale versa la maggioranza dei ricercatori, specialmente all’esordio della carriera, a causa della preponderanza di contratti a breve termine: questo fatto forza mobilità più del basso livello di remunerazione [Internationalisation, mobility and metrics: A new form of indirect discrimination? (2008) di L. Ackers];
– malgrado le riforme introdotte per un approccio più standardizzato e trasparente, la diffusione di pratiche informali di reclutamento basate in notevole misura su contatti piuttosto che su merito.

Per altro verso, ad attrarre all’estero sono anche:
– remunerazioni notevolmente più alte (specialmente negli Stati Uniti);
– programmi speciali (particolarmente negli Stati Uniti), che agevolano l’accesso al lavoro;
– programmi che stimolano la mobilità fra Stati membri dell’Unione.

Una riduzione dell’esodo di cervelli dall’Italia postula la consapevolezza che i ‘cervelli’ sono una risorsa scarsa e mobile che, se non curata in modo meritevole, sarà attratta da luoghi nei quali riesce a ottenere migliore apprezzamento.
Per realizzare un approccio più meritocratico, per ridurre il numero di italiani che lasciano il Paese per periodi prolungati, e per stimolare un ritorno di coloro che già sono all’estero, occorrerebbe promuovere un coinvolgimento nella creazione di politiche e programmi idonei. Darebbero così un contributo al miglioramento del futuro proprio e del Paese.
Servirebbe una collaborazione con le ambasciate italiane all’estero per la mappatura dei talenti da contattare e coinvolgere. Sarebbero le utilità della cittadinanza attiva.

Per alcune proposte:

‘FUGA DEI CERVELLI’

FONTI

ReGiS – Il sistema gestionale unico del PNRR (italiadomani.gov.it)
La fuga di cervelli dall’Italia: ecco gli ultimi dati aggiornati (dealogando.com)
«Утечка мозгов» как глобальное явление. Причины и последствия – Гуманитарный портал (gtmarket.ru)
European academic brain drain: A meta‐synthesis – Khan – 2021 – European Journal of Education – Wiley Online Library
KeyIssuesandCausesoftheItalianBrainDrain.pdf
2015_01_03.pdf
is-there-a-policy-remedy-for-brain-drain-in-europe (worldbank.org)

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Fonte: Codici

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