Era il 1958 quando Mao Tse-tung lanciò il piano economico passato alla storia come “il grande balzo in avanti”. L’obiettivo era avviare un processo di radicale trasformazione economica del Paese. La Cina sarebbe dovuta diventare, da Paese agricolo, grande potenza industriale. Gli effetti di quella politica ebbero un impatto disastroso immediato. È nota la grave carestia del 1960, nel corso della quale persero la vita decide di milioni di persone.
Fu necessario invertire la rotta, ma il piano venne solo accantonato, non del tutto dimenticato.
Diversi anni dopo, Deng Xiaoping ne avrebbe recuperato i tratti fondamentali. Negli ultimi 20 anni, la Cina ha davvero fatto un impressionante balzo in avanti. Oggi è la seconda potenza economica mondiale.
Il nuovo progetto, ‘Made in China 2025’, è costruito su una programmazione di medio-lungo periodo. Gli obiettivi sono ambiziosi, ma costano un prezzo elevatissimo, in termini, tra l’altro, di effettività dei diritti dei lavoratori e di inquinamento ambientale. L’innegabile crescita economica del Paese si accompagna a un generale abbassamento della qualità della vita per tutti.
Da ultimo, la Cina si lancia anche nel settore dell’innovazione, dell’intelligenza artificiale. Riprende il concetto di Swarm Intelligence, termine coniato da Gerardo Berni nel 1988 per indicare una forma di intelligenza distributiva, sulla convinzione che l’interazione tra più soggetti che si riconoscono localmente possa alimentare una intelligenza più completa e funzionale rispetto al sistema. L’idea è innestata in ambito militare.
Ma siamo certi che l’intelligenza artificiale non stia già dando un contributo determinante alla definizione della forma dell’esistenza di ciascuno di noi? Siamo certi che lo sviluppo di nuovi e più progrediti modelli di intelligenza artificiale sia davvero il passo da compiere per il progresso?
Vale avere qualche dubbio.
Dalla banale scelta dell’abito da acquistare a quella del luogo in cui spendere le vacanze, tutto è già stabilito prima ancora che si avverta il bisogno e si prenda la decisione. L’uso compulsivo di internet per comunicare e informarsi, anche oltre il necessario, favorisce la logica algoritmica che, grazie alla profilazione commerciale degli utenti, instilla esigenze e pilota i desideri.
E questo intorpidisce le menti. Mortifica la creatività.
L’uso di mappe digitali fa perdere la capacità di orientarsi. Anche le abilità artigiane sfumano un po’, perché ci si affida sempre di più agli strumenti tecnologici in ogni ambito, dell’ingegneria, dell’architettura,… Vince la serialità. Purtroppo succede anche nella giustizia, in cui si dismette l’attenzione per il caso concreto e ci si affida a pericolose soluzioni preconfezionate.
Si perde la capacità di essere differenti, in un processo inesorabile di omologazione. E cresce la tendenza all’emarginazione del diverso, di chi non risponde ai canoni comuni.
Vince l’artificialità. Sbiadiscono le sfumature. Si assopiscono i sentimenti. Tutto quello che serve per costruire una società civile.
Meritocrazia Italia si propone di andare controcorrente.
L’innovazione tecnologica può rappresentare uno strumento utilissimo per il progresso. Ma da mezzo non diventi fine. Bisogna saper riportare i limiti e riprendere una logica del controllo che non sia da limite alle libertà individuali ma serva a dare effettività ai diritti.
La nostra proposta di composizione di un T.U. Social va proprio in questa direzione.
È difficile immaginare come sarà il mondo tra qualche decennio, ma è certo che, se decideremo di gettare la spugna e di restare costretti nell’individualismo, non vi sarà un futuro di vero benessere. Non ci sarà libertà, ma resteremo schiavi di una sterile competizione con l’altro, inseguendo un modello di bellezza omologata e di felicità puramente economica.
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Fonte: IL ‘GRANDE BALZO IN AVANTI’ DELLA CIVILITÀ – 19 FEBBRAIO 2023