Greenpeace su Pfas: inaccettabile che decine di famiglie in area rossa non abbiano acqua pulita

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pfas, zanella (avs) situazione grave anche in europa

L’associazione Greenpeace Italia è intervenuta sul tema Pfas denunciando una situazione ancora immobile soprattutto nella cosiddetta “zona rossa”.

“A dieci anni di distanza dalla scoperta del grave inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) – sostiene Greenpeace – che interessa da tempo una vasta area del Veneto, decine di famiglie residenti nella parte del più contaminata della Regione, la cosiddetta area rossa, ancora oggi non hanno accesso all’acqua pulita dell’acquedotto“.

Quanto sostenuto è basato sulle anticipazioni diffuse nell’ultimo numero del settimanale L’Espresso, che ha raccontato alcune storie di vita quotidiana nell’area rossa nel Vicentino (clicca qui) e precisamente a Lonigo.

“Quella di Antonietta e della sua famiglia è una storia inaccettabile – dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia -, anche alla luce delle dichiarazioni delle istituzioni regionali, che affermano di aver fatto tutto il possibile per proteggere la cittadinanza dall’inquinamento. Nonostante la contaminazione sia nota da anni, della bonifica del sito di Miteni si sono perse le tracce così come di un piano di riconversione industriale per azzerare tutte le fonti inquinanti. L’inerzia istituzionale prosegue anche sul fronte della sicurezza degli alimenti: come è possibile che dopo quasi dieci anni non abbiamo ancora un quadro chiaro ed esaustivo sulla contaminazione dei prodotti di origine animale e vegetale provenienti dalle zone inquinate”?

Come riportato anche dall’associazione ambientalista, il problema non è limitato soltanto all’acqua: il rischio Pfas arriva anche dagli alimenti coltivati nell’orto della famiglia di Lonigo.

Sulla vicenda rilanciata da Espresso e Greenpeace Italia si registrano interventi critici da parte di consiglieri regionali del Veneto.

Cristina Guarda di Europa Verde dice: “A 10 anni dalla scoperta dell’inquinamento da PFAS, la falda continua ad essere contaminata e molti utilizzatori di pozzi privati non sono nemmeno coscienti dei rischi che corrono, dalla Valle dell’Agno al basso Veronese, da Vicenza e hinterland al basso Vicentino. I residenti coscienti del rischio, del resto, grazie al lavoro di associazioni e mamme No Pfas, diluiscono l’acqua ad uso alimentare con quella di bottiglia o portano a casa taniche di acqua filtrata, usandola anche per cucina ed igiene personale, nella disperata ricerca di ridurre il rischio di patologie cardiovascolari, evolutive o tumorali.

Ad alcuni cittadini sono stati chiesti migliaia di euro per il collegamento acquedottistico: per questo, visto che l’allaccio per loro non è un vezzo ma una necessità a la tutela della propria salute, sto continuando a ribadire che la Giunta regionale deve attivare un piano straordinario. Fossi assessora – rimarca la Consigliera – sarebbe di certo una priorità della mia azione a tutela della salute dei veneti. Cittadini e gestori non possono essere lasciati soli, in balia di ritardi e sottovalutazioni del problema, se la regione ha certezze rispetto alle conseguenze sanitarie di questa esposizione: agricoltori e proprietari di pozzi sono in assoluto i più contaminati, secondo le analisi di monitoraggio, dopo gli ex dipendenti di Miteni”.

I Consiglieri regionali del Partito Democratico Andrea Zanoni e Anna Maria Bigon, commentano: “Il caso della famiglia di Lonigo raccontata dal reportage giornalistico – evidenziano gli esponenti dem – è emblematica di questo scenario allarmante. Basti pensare ai dati diffusi oggi da Greenpeace che rivelano la presenza di sostanze perfluoroalchiliche (una presenza totale di Pfas superiore ai 6.200 nanogrammi per chilo) anche nei terreni circostanti la loro abitazione, nella frutta e negli ortaggi coltivati nel loro orto come albicocche, zucchine, melanzane e soprattutto uva e pomodori.

È fondamentale sostenere questa battaglia – concludono Zanoni e Bigon – vogliamo che vengano fatte le bonifiche, ma soprattutto vogliamo che venga fatto questo monitoraggio sulla catena alimentare, per quanto riguarda gli impatti sulle produzioni agricole e naturalmente anche su tutta la filiera della salute”.


(clicca qui per consultare una rassegna di articoli sul tema “pfas” pubblicati negli anni da ViPiù)