Con le restrizioni pandemiche, è aumentato il ricorso al ‘lavoro a casa’, che ha consentito di impedire una brusca interruzione di tantissime attività.
Per vero, alcuni Paesi europei avevano già attivato progetti del genere anche in epoca precedente. Tra questi, Svezia, Finlandia e Olanda. La Commissione Europea (‘Telework in the EU before and after the COVID-19: where we were, where we head to, Science for Policy Briefs.zzando’ 2020) riporta i fattori del successo del ‘lavoro a casa’ a capitale umano, cultura organizzativa e presenza di settori economici knowledge intensive.
In Italia la diffusione del modello organizzativo, erroneamente definito ‘smart working’, ha subito un’accelerazione negli ultimi tre anni.
Secondo le ricerche del Politecnico di Milano (2022), nel 2019, il 23% delle pubbliche amministrazioni aveva già ideato progetti di ‘lavoro a casa’, ma nel 2021 tale percentuale è salita al 67%. Questa piccola rivoluzione ha comportato una serie di investimenti in strumenti tecnologici. Infatti, il 67% delle pp.aa. ha trasformato le proprie attività per la modalità da remoto; il 57% ha dotato i propri dipendenti di portatili e cellulari per lavorare a distanza; e il 47% ha investito in software per la sicurezza dei dati nel lavoro da remoto.
Tuttavia, sia i dati del Politecnico di Milano che i dati dell’Istat confermano che il ‘lavoro a casa’ si è diffuso maggiormente nella grande impresa privata, molto meno nelle PMI e nella pubblica amministrazione. Secondo i dati dell’Istat (2022), circa il 62% delle grandi imprese dichiara di adoperarlo (nel settore manifatturiero e delle costruzioni tale percentuale sale al 65%). Al contrario, la percentuale di medie imprese si attesta al 40%.
Inoltre, l’Istat (2022), ha condotto un’indagine approfondita sugli effetti della pandemia sulle scelte delle imprese, in particolare riguardanti gli investimenti, la produttività del lavoro, i costi operativi e la gestione delle risorse umane. In sintesi, gli effetti più evidenti messi in luce dall’indagine sono l’aumento del benessere dei lavoratori, portato probabilmente dalla possibilità di bilanciare meglio il tempo da dedicare alla vita personale e al lavoro, la crescita degli investimenti in nuove tecnologie, anche riguardanti la cybersecurity, e la formazione dei dipendenti.
Un aspetto interessante sottolineato dal Politecnico di Milano & Osservatori.net (2022a) è il minore ricorso al ‘lavoro a casa’ da parte delle PMI e della PA, a pandemia superata. Il Politecnico rileva che le difficoltà incontrate da PMI e PA riguardano il modello di gestione delle risorse umane adottato, non basato sul raggiungimento di obiettivi fissati da manager capaci di programmare le attività orientandole al risultato. Inoltre, PMI e PA non hanno ancora sufficientemente digitalizzato i processi e non posseggono le risorse economiche necessarie a farlo; pertanto, trovano maggiori difficoltà nel creare un ambiente di lavoro flessibile.
Dall’analisi dei dati, si può ipotizzare che il ‘lavoro a casa’ sarà adoperato anche per il futuro principalmente dalla grande impresa, mentre sarà arduo implementarlo nelle PMI e nella PA.
In particolare, le pubbliche amministrazioni dovranno affrontare numerosi ostacoli, se si porranno l’obiettivo di rivoluzionare i modelli organizzativi, e le risorse economiche non rappresentano il limite maggiore. A partire dagli anni ’90, la p.a. è stata oggetto di numerose riforme, aventi lo scopo di migliorare l’efficacia e la qualità del suo operato, tuttavia tali riforme hanno prodotto risultati molto limitati.
Gli analisti individuano due cause principali di tale fallimento:
– la cultura dell’adempimento buracratico-normativo piuttosto che del raggiungimento del risultato-obiettivo;
– il modello di gestione del personale, in tutte le sue forme (reclutamento, sviluppo, valutazione, remunerazione, fidelizzazione), tra l’altro poco incline alla meritocrazia.
Per rendere effettivo e permanente il cambiamento indotto dalla pandemia, rendendo il ‘lavoro a casa’ un atout e non una parentesi emergenziale, è essenziale investire in digitalizzazione e formazione del personale. Tuttavia, se non mutano i modelli di organizzazione del personale e gli stili di leadership, in sintesi la cultura gestionale, qualunque investimento rischia di non avere risultati rilevanti.
Inoltre, è importante che il policy maker si avvalga di professionisti/esperti che effettuino analisi costi-benefici del ricorso al ‘lavoro a casa’ (riduzioni dei costi fissi, ad esempio affitti delle sedi, e variabili, ad esempio energia elettrica), compito non semplice poiché bisogna considerare i costi e benefici sociali (ad esempio riduzione dell’inquinamento, come beneficio, ma perdita dei posti di lavoro che gravitano intorno alla PA, come costo) che è complesso misurare.
Le rivoluzioni positive non sono impossibili. Sono solo complesse. E non ci possono essere rivoluzioni positive senza coraggio e persone capaci.
FONTI
Istat (2022), Situazione e prospettive delle imprese dopo l’emergenza Sanitaria Covid-19
Politecnico di Milano e Osservatori.net (2022), Lo Smart Working nella PA: lo scenario di riferimento per il settore pubblico, Osservatorio Smart Working, gennaio.
Politecnico di Milano e Osservatori.net (2022a), Smart Working il lavoro del futuro al bivio, Osservatorio Smart Working, ottobre.
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Fonte: Meritocrazia Italia