Pietro Tresso e Leonetti: la dissidenza trotzkista nella ricerca di Mastrolillo

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Pietro Tresso e Alfonso Leonetti nella ricerca di Gabriele Mastrolillo
Pietro Tresso e Alfonso Leonetti nella ricerca di Gabriele Mastrolillo

Si dice spesso che la storia unisca i popoli, ma bisogna dire che è anche responsabile di tante scissioni, come dimostra la ricerca del promettente studioso Gabriele Mastrolillo sulle origini della dissidenza trotzkista italiana, che vede tra i protagonisti principali anche lo scledense Pietro Tresso e l’andriese Alfonso Leonetti.

La dissidenza comunista italiana, Trockij e le origini della Quarta internazionale[1] di Mastrolillo, dottore di ricerca presso l’Università “La Sapienza” di Roma e già ricercatore presso l’Istituto Storico “Ferruccio Parri” e collaboratore della “Fondazione Gramsci Puglia”, è un testo con il quale abbiamo subito empatizzato, non solo per il fatto di conoscere molto bene dall’interno i mille rivoli in cui si disperde l’universo politico e sindacale della sinistra italiana, ma anche perché lega due figure cruciali della politica italiana e internazionale: il barese Leonetti e il vicentino Tresso.

Del resto, Pietro Tresso, principale attore del Circolo operaio di Magrè, ambente che abbiamo avuto modo di frequentare e nel quale nacque con alcuni amici e amiche della Società Filosofica Italiana vicentina il seminario permanente sulla “Crisi” nel lontano 2013, da cui sono derivare già due raccolte di scritti[2], ebbene proprio quel Tresso in Puglia ebbe modo di forgiare in età giovanile la sua passione politica.

Al di là di questo, tuttavia, ciò che abbiamo potuto appurare durante le varie presentazioni che Mastrolillo ha svolto in giro per l’Italia è che la storia appassiona davvero tanto giovani e meno giovani, tutte e tutti alla ricerca del significato da dare alla narrazione che ci ha preceduti, alla scrittura dei fatti che dobbiamo comprendere per capire meglio noi stessi e agli eventi che abbiamo il dovere di trasmettere a chi verrà dopo di noi.

Eppure, bisogna constatare che il tema affrontato da Mastrolillo non è per niente semplice, anzi, si tratta di mettere a fuoco un problema che ha devastato e continua a devastare il pensiero e la prassi politica della sinistra italiana e non solo.

Dal punto di vista storiografico si sentiva estrema esigenza in Italia di una ricerca che riallacciasse un legame fin troppo nebuloso tra l’istituzione del Partito Comunista d’Italia, nato nel 1921 a Livorno con Antonio Gramsci, lo stesso Pietro Tresso, Alfonso Leonetti e tanti altri, e l’esistenza di un Komintern, una Internazionale Comunista completamente piegata alle direttive politiche dell’Unione Sovietica, formatasi a partire dalla Rivoluzione dell’ottobre 1917.

Mastrolillo mette in luce la deriva reazionaria presa dalla maggior parte dei partiti comunisti d’Europa con l’avvento di Stalin al potere nel 1924, quel compagno che Lenin aveva caldamente sconsigliato come successore, avanzando l’ipotesi del passaggio di consegne a Lev Trotskij. Ed è qui che si profila il primo grande dissidio vissuto all’interno della galassia comunista, vale a dire quella che può essere definita l’atavica malattia della sinistra, l’incapacità di trovare punti fermi su cui procedere insieme alla costruzione di una società più equa e giusta, da cui poi consegue la tendenza a disperdersi in mille rivoli.

È la scissione, di fatto, ieri come oggi, la malattia di cui soffre la sinistra comunista, spesso dovuta all’incapacità di gestire i processi democratici orizzontali al suo interno, forse perché essa stessa incompatibile con la democrazia, dal momento che, in fondo, è il modello stalinista/statalista reazionario quello che ha avuto la meglio su quello collettivistico, deliberativo e internazionalista di Trotskij e che ancora oggi influenza il suo modo di pensare e agire, una volta occupate le posizioni di potere.

Sin dall’inizio, infatti, il comunismo sovietico stalinista si distinse per efferatezza nell’espellere ed epurare vecchi compagni, bollandoli come dissidenti di sinistra o dissidenti di destra e così nel 1929 Trotskij, insieme a tanti altri compagni e compagne, fu costretto a lasciare l’Unione Sovietica e a vagare per tutta l’Europa, fino ad approdare poi in Messico. Di conseguenza, furono espulsi dal Partito Comunista d’Italia, il cui coordinamento, tuttavia, non era in Italia, essendovi il fascismo, coloro i quali si richiamavano alla linea internazionalista della Rivoluzione permanente trotzkista, cioè Pietro Tresso, Leonetti e altri, giacché Palmiro Togliatti aveva sposato completamente la linea reazionaria stalinista, dando vita ad una dissidenza comunista, cosiddetta “di sinistra”, che cercava di organizzarsi a livello internazionale.

Dal testo di Mastrolillo, tuttavia, emerge anche un altro aspetto interessante, non solo dal punto di vista storiografico, ma anche programmatico in relazione alla prassi politica attuale, cioè un clamoroso fraintendimento da parte di Stalin in relazione all’opposizione trotzkista e bordighista, frettolosamente confuse e, comunque, entrambe represse. È lo stesso Trotzkij, tuttavia, a chiarire la differenza tra la prospettiva bordighista e quella che faceva riferimento a se stesso in un passaggio richiamato da Mastrolillo. Tale divergenza verteva intorno all’uso di “parole d’ordine democratiche”, che i bordighisti rifiutavano, dal momento che il loro uso era considerato funzionale ad un regime, quello liberaldemocratico borghese tout court, che era da combattere e non da avallare.

Ebbene, al di là dell’originario e indiscutibile interesse storiografico, in realtà, il testo di Mastrolillo ci consegna, dal punto di vista squisitamente politico, un quadro abbastanza attuale della galassia di sinistra italiana, la quale, da un lato, cerca di accreditarsi nel regime liberaldemocratico, epurando parole d’ordine e simboli comunisti, come abbiamo argomentato in occasione della vittoria di Elly Schlein alle primarie del PD, dall’altro non resite alla tentazione di verticalizzare le dinamiche del potere, come argomenta Stefano Boni, attribuendo anche ad un sindacato di sinistra, come quello dei Cobas Scuola, una certa «insofferenza con cui un processo decisionale orizzontale viene accolto da alcune istituzioni, abituate a considerare la parola pubblica come una prerogativa di un capo che la impone verticalmente a un uditorio passivo»[3].

Sarà, forse, che l’essenza della sinistra sia quella di rimanere sempre metodologicamente un’opzione antagonista di dissidenza?

Presentazione libro di Mastrolillo
Presentazione libro di Mastrolillo

1] G. Mastrolillo, La dissidenza comunista italiana, Trockij e le origini della Quarta Internazionale, Carocci, Roma 2022.

[2] P. Cangialosi, M. Lucivero (a cura di ), Pensare la crisi. Declinazioni storiche e paradigmi teorici, Aracne, Roma 2021; Id., Attraversare la crisi, Cambiamenti e opportunità tra minaccia e progresso, Aracne, Roma 2022.

[3] S. Boni, Orizzontale e verticale. Le figure del potere, Elèuthera, Milano 2021, p. 176.


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a cura di Michele Lucivero

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