Una recente indagine condotta da Greenpeace sui Pfas conclude con l’allarme per una emergenza ambientale e sanitaria che risulta tuttora fuori controllo. Il documento in questione si intitola “L’inquinamento da Pfas in Italia: cronistoria di silenzi e omissioni
istituzionali sulla contaminazione alimentare” ed è consultabile integralmente cliccando qui.
Una ampia sezione è dedicata la caso della contaminazione da Pfas in Veneto con focus particolare su “Il caso Miteni di Trissino”, comune della provincia di Vicenza. In linea generale, Greenpeace dice: “Sono passati quindici anni dal primo allarme, rimasto in larga parte inascoltato, sulla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) negli alimenti prodotti in alcune aree del Nord Italia. Nonostante le prime allerte siano state trasmesse al Ministero dell’Ambiente e all’Istituto Superiore di Sanità già nel 2007, ancora oggi non abbiamo un quadro chiaro sul rischio sanitario derivante dal consumo di alimenti provenienti dalle zone inquinate.
La ragione – si chiede retoricamente l’associazione ambientalista -? Una serie di ritardi, indagini parziali, o mai fatte, e negligenze istituzionali. Una situazione che è ancora più pesante per alcune aree del Veneto, in cui la gravità dell’emergenza Pfas è nota da anni. E dove monitoraggi parziali e la quasi totale assenza di misure per tutelare la salute pubblica condannano parte della popolazione a consumare cibo inquinato. Un’emergenza ambientale e sanitaria che, come provano le interviste agli esperti e i documenti raccolti da Greenpeace Italia per redigere questa indagine, risulta tuttora fuori controllo”.
Come è risaputo tra i nostri lettori più affezionati, ViPiù ha da sempre dedicato ampio spazio alla vicenda Pfas e cliccando questo link è possibile consultare un’ampia rassegna stampa sul tema.
L’inchiesta sviluppata da Greenpeace viene commentata dalla consigliera regionale di Europa verde, Cristina Guarda: “Il dossier ha un dono – dice -: in una sintesi di poche pagine ci restituisce la realtà della più ampia contaminazione da sostanze chimiche, le sostanze per-e polifluoroalchiliche, gli inquinanti eterni. Dopo il no della maggioranza alla mia mozione con cui chiedevo un impegno formale a intraprendere ogni utile azione per colmare le lacune rilevate dal Relatore speciale dell’Onu, riportando il diritto alla salute dei veneti alla sua fondamentale essenza di diritto umano, ritengo che, anche alla luce degli ulteriori elementi diramati da Greenpeace, sia davvero necessario che, almeno questa volta, il Presidente Zaia si faccia vivo in Aula per chiarire quali urgenti interlocuzioni intende avviare sia nei confronti del Governo e del Parlamento che delle istituzioni dell’Unione Europa, affinché venga adottata ogni più utile azione necessaria per prevenire e fronteggiare la contaminazione da sostanze PFAS.
Per questo – prosegue Cristina Guarda -, assieme ai colleghi Ostanel (Il Veneto che Vogliamo) e Zanoni (Partito Democratico) ho presentato una interrogazione urgente, perché non solo alcune zone del Veneto, quelle con le più alte concentrazioni di contaminante, sono zone di sacrificio, come le definisce il dossier di Greenpeace, in cui la popolazione è costretta a vivere in condizioni sproporzionatamente peggiori e pericolose rispetto al resto d’Italia, ma perché il Veneto intero è ormai una enorme zona di sacrificio: da questa esperienza deve trarre la forza per incidere ad ogni livello istituzionale, nazionale e comunitario, per chiedere bonifiche e messa al bando dei Pfas”.
Proprio il già citato Andrea Zanoni del Partito Democratico, unitamente alla collega di partito in consiglio regionale del Veneto, Anna Maria Bigon, hanno detto: “Siamo esterrefatti dalle conclusioni del rapporto. Si sottolinea infatti che ‘a distanza di molti anni manca un quadro chiaro ed esaustivo sulla contaminazione da Pfas negli alimenti, non solo provenienti dalla Regione Veneto ma più in generale a livello nazionale, inclusa tutta l’area del Po.
Nonostante i numerosi allarmi sollevati in seguito all’esito di studi e monitoraggi, ad oggi non sono stati presi provvedimenti per tutelare la salute pubblica, ad eccezione del divieto di pesca nella zona rossa in Veneto. Il mancato intervento delle autorità, di fatto, vìola il principio di non discriminazione e, nelle aree del Veneto più contaminate, crea le cosiddette ‘zone di sacrificio’, com’è avvenuto ad esempio a Taranto per l’inquinamento provocato dall’Ilva e nella Terra dei Fuochi in Campania, dove la popolazione è costretta a vivere in condizioni sproporzionatamente peggiori e pericolose rispetto al resto d’Italia’”.
Sempre da queste pagine, abbiamo dato spazio a politici e associazioni di cittadini che hanno a cuore la vicenda. oggi, vi segnaliamo l’attività del Movimento No Pfas del Veneto che, tra le altre cose, ha dato vita a un gruppo educativo operante nelle scuole gratuitamente con esperti e attivisti.
La coordinatrice Donata Albiero ci dice: “Abbiamo incontrato finora più di 6000 studenti delle scuole secondarie di quattro province venete con l’obiettivo di combattere la disinformazione tra i cittadini relativamente ai rischi per la salute causati dai Pfas. Ci rivolgiamo direttamente alle nuove generazioni – ha aggiunto – perché sono i più esposti ai danni causati dai Pfas. Operiamo con un progetto attivo che cerca di rendere protagonisti i ragazzi”, conclude la coordinatrice.