Leonard Peltier compie 79 anni, 47 in carcere in USA dopo un processo pilotato

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Leonard Peltier
Leonard Peltier

Il 12 settembre Leonard Peltier compie 79 anni di questi 47 in carcere. Grazie a ViPiù (leggi qui, ndr) abbiamo più volte scritto della sua vita, delle ingiustizie che ha subito, di un processo pilotato che doveva emettere una senza di condanna esemplare, della sua innocenza.

Abbiamo informato delle nuove prove che lo scagionavano, della rifiuto di un processo di appello, della negazione della “grazia” da parte di tanti presidenti statunitensi repubblicani e democratici (Obama compreso).

Abbiamo parlato della sua dignità, del suo mantenere, nonostante tutto, la testa alta e una umanità che i suoi carnefici non hanno.

Leonard Peltier è un “indiano d’America” e un attivista per i diritti del suo popolo. Evidentemente, negli USA culla della democrazia, queste sono colpe imperdonabili.

Lasciamo a un suo breve “Messaggio all’Umanità” che spiega con chiarezza la grandezza umana, morale e politica di un Uomo che non ha mai rinnegato i propri ideali.

Buona lettura.

 

UN MESSAGGIO ALL’UMANITA’ DI LEONARD PELTIER

Dalla morte sorge la vita. Dal dolore sorge la speranza. Questo è quello che ho imparato in tutti questi lunghi anni di perdita. Perdita, mai disperazione.

Non ho mai perso la speranza e neppure la fede assoluta nella giustezza della mia causa che è la sopravvivenza del mio popolo.

Non so come salvare il mondo. Non ho risposte né “La Risposta”. Non possiedo il dono segreto di come si possono riparare gli errori delle generazioni passate e presenti. So solo che, senza compassione e rispetto per tutti gli abitanti della terra, nessuno di noi potrà sopravvivere … o lo meriterà.

Il futuro, il nostro futuro, il futuro di tutti i popoli della terra, deve fondarsi sul rispetto. Che il rispetto sia la parola d’ordine e l’impegno del nuovo millennio che sta iniziando. E, nella stessa maniera con la quale vogliamo essere rispettati, noi dobbiamo rispettare gli altri.

Siamo uniti in questo … i ricchi, i poveri, i rossi, i bianchi, i neri, i mulatti, i gialli. Apparteniamo tutti a un’unica famiglia umana. Condividiamo la responsabilità della nostra Madre Terra e di tutti quelli che vivono e respirano.

Io credo che la nostra missione non potrà terminare fino a quando esisterà un essere umano affamato o maltrattato, fino a quando si obbligherà qualcuno a morire in una guerra, ci sia un innocente a languire in prigione e qualcuno sia perseguitato per ciò in cui crede.

Credo nel bene dell’umanità. Credo che il bene possa prevalere. Credo, però, che questo possa accadere solo con un grande sforzo. E lo sforzo è nostro, di ognuno di noi, vostro e mio.

Dobbiamo essere pronti ad affrontare il pericolo che, senza dubbio, sarà presente. I critici ci attaccheranno, tenteranno di dividerci e ci prenderanno in giro per la nostra sincerità. Ma, se resteremo saldi in quello che crediamo, potremo rispondere ai loro attacchi e rinforzare il nostro impegno nei confronti della Madre Terra, grazie alla nostra lotta e a quella delle generazioni future.

Non dobbiamo mai smettere di lottare per la pace, la giustizia, l’uguaglianza tra tutti i popoli. Dobbiamo persistere in tutto quello che facciamo senza permettere a nessuno di farci dimenticare la nostra coscienza.

Toro Seduto disse: “è facile tenere divise le dita di una mano ma se le uniamo quelle stesse dita formano un pugno poderoso”.

Possiamo vincere o perdere ma la lotta è nostra.

Il messaggio

Il silenzio, dicono, è la voce della complicità.

Ma il silenzio è impossibile,

il silenzio urla.

Il silenzio è un messaggio,

così come anche il non agire è un fare.

Lascia che quello che sei suoni e risuoni

in ogni parola e in ogni fatto.

Sì,

trasformati in quello che sei.

Non puoi scappare da quello che sei

o dalla tua responsabilità.

Tu sei quello che fai.

Tu sei la tua propria e giusta punizione.

Tu ti trasformi nel tuo stesso messaggio.

Tu sei il messaggio.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.