Storie Vicentine ci racconta l’interessante storia dello scrittore Goffredo Parise, un uomo dal destino fortunato e insaziabile di conoscenze.
Alcuni sostengono che sia l’uomo a forgiare il proprio destino e in parte non ci si può esimere dall’essere d’accordo. Sono infatti le nostre scelte che, una volta intrapresa una determinata strada, ci conducono nella giusta direzione. Sta di fatto però che c’è sempre una componente legata al destino e questo si rispecchia perfettamente nella figura di Goffredo Parise: scrittore, giornalista, sceneggiatore, saggista e poeta vicentino.
Nato a Vicenza nel 1929 Goffredo Parise inizia la sua esistenza senza un padre, salvo poi essere riconosciuto dall’uomo che sposa sua madre: il giornalista Osvaldo Parise, allora direttore del Giornale di Vicenza. Mettendo in relazione questo col preambolo inziale ci si potrebbe chiedere: “Cosa sarebbe successo se la madre di Goffredo Parise avesse sposato un altro uomo?” “E se non si fosse sposata affatto? Perché si è innamorata proprio di un giornalista?“.
Non è facile trovare risposta a queste domande o meglio, è quasi impossibile saperlo
ma il fato non è certamente rimasto indifferente davanti ad un grande talento. Tornando comunque alla vita concreta dell’autore, a quindici anni prende parte alla resistenza nella provincia di Vicenza e, alla fine della guerra, si diploma al liceo classico come privatista. A questo punto ci si aspetterebbe la sua successiva iscrizione all’università con conseguente laurea, invece non è così. Bisognerà attendere il 1986 per poterlo chiamare Dottor Parise, con laurea ad honorem in lettere all’Università di Padova.
Ricollegandoci alla suddetta riflessione, su come il destino ci metta sempre un pizzico del suo intervento, è proprio grazie al marito della madre se inizia a lavorare per quotidiani come “Alto Adige” di Bolzano “L’Arena” di Verona e “Il Corriere della Sera”. Ed ecco che arriva l’illuminazione nella sua vita. Il giovane Parise capisce qual è la sua vera passione: scrivere storie. Di conseguenza, per rincorrere il suo sogno, si trasferisce a Venezia dove scrive il suo primo libro “Il ragazzo morto e le comete”, pubblicato dall’amico Neri Pozza.
Quest’opera in realtà è però anticipata da un prosa che lui aveva composto anni prima, dal titolo “I movimenti remoti”. Arriva poi un secondo scritto “La grande vacanza”, elogiato persino dal grande Eugenio Montale, il quale esalta la capacità dell’autore di calarsi nel tema dell’infanzia, senza cadere però nella classica nostalgia.
Lasciata la romantica e misteriosa Venezia, si trasferisce poi a Milano, dinamico centro culturale, pullulante di opportunità pronte per essere colte. Qui lavora alla casa editrice di Livio Garzanti e nel 1954 scrive “Il prete bello” che gli permette di scalare la vetta del successo a livello internazionale. A cui seguono “Il fidanzamento” e “Atti impuri”, costituendo una trilogia realista. Da questo momento in poi tutto cambia e per Parise inizia un periodo intenso di viaggi.
Decide di non tornare a Vicenza ma è indeciso se recarsi a Milano, Venezia o Roma. Nella capitale diventa amico di Carlo Emilio Gadda, uomo dalle mille sfaccettature in cui convivono e coesistono un animo letterario di scrittore e uno pragmatico di ingegnere.
La sua sete di conoscenza è però implacabile, tanto da portarlo in America , dove Dino De Laurentiis vorrebbe che scrivesse un film per il regista Gian Luigi Polidoro. La “Grande Mela” però rappresenta per Parise un contrasto vivente, tanto da esserne al contempo colpito e deluso. “Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda” disse Italo Calvino e probabilmente Parise di quesiti da risolvere ne aveva molti.
La sua esplorazione del mondo infatti prosegue tra Cina, Laos, Vietnam, Malaysia, Regno Unito, Francia, Russia, Indonesia e Giappone. Ed è proprio in questa lontana terra orientale che, dopo essersi ristabilito in seguito ad un infarto, ha l’ispirazione per la sua opera “L’eleganza è frigida”. Nel 1986 la frenetica corsa dell’autore verso le risposte tanto ambite però si placa, poiché sopravviene la morte. Questa pone infatti fine alla vita di uomo che non si è mai accontentato e che ha sempre percorso imperterrito la sua strada verso il successo, senza perdere mai di vista l’obbiettivo ma ricordando sempre perché tutto è iniziato: la scrittura.
Di Giulia Bisognin da Storie Vicentine n.13-2023.