“Cento domeniche” di Antonio Albanese: un uomo rovinato dalle banche fallite. Film stupendo, evento “macchiato” da inchini di Possamai e Ugone

2482
Cento domeniche di Antonio Albanese, l'artista a Vicenza con Gian Antonio Stella
Cento domeniche di Antonio Albanese, l'artista a Vicenza con Gian Antonio Stella

Il film “Cento domeniche“, sul dramma di chi, oltre 200.000 risparmiatori, spesso soci a loro insaputa di BPVi, Veneto Banca, Banca Etruria, Carife, Banca Marche e CariChieti) è rimasto con carta straccia in mano, è stato proiettato stamattina, 25 novembre, a Vicenza alla presenza del regista-autore Antonio Albanese al Cinema Patronato Leone XIII e al Cinema Uci Luxe Palladio Vicenza.

Questo grazie alla collaborazione, si è letto nell’invito della Diocesi di Vicenza, oggi “rappresentata” dal vescovo Giuliano Brugnotto, tra la diocesi stessa, Vision Distribution e dalle due associazioni, Noi che credevamo Associazione medio-piccoli risparmiatori” di Luigi Ugone e l’“Associazione Nazionale Azionisti Banca Popolare di Vicenza” di Renato Bertelle, due associazioni che, nella loro storia, non hanno propriamente brillato in trasparenza, sincerità e distacco dai propri interessi, abituali proclami a parte, nella tutela degli azzerati dalle banche venete e non solo.

Se la narrazione, estetica ed emozionale, di Antonio Albanese prima nel film e, poi, a fine proiezione al Patronato Leone XIII, nei suoi commenti per il pubblico, grazie anche all’affiancamento e agli stimoli da Gian Antonio Stella, è stata tra le migliori e più intense, visto anche il tema affrontato, della sua carriera dopo i suoi inizi da… operaio, hanno stonato gli inchini e le sceneggiate da lancio di un “film panettone” che hanno preceduto l’evento al Patronato.

Gli inchini del sindaco Luigi Possamai “a Luigi che ringrazio per il suo invito” (ma non era la Diocesi in primis ad invitare?), confermano sempre di più che il sindaco “innovatore” è sempre più lanciato nella sua emulazione di Rucco, anche lui profondo ammiratore di Ugone, tanto da dar ragione a chi nella sua stesa coalizione sperava in lui ma non se ne fidava abbastanza, se non per necessità di scegliere il “meno peggiore”, tanto da definirlo, in privato, “il Rucco biondo”.

Se per prenotarsi alle due proiezioni, su invito del Vescovo, che ha messo a disposizione due sale della Chiesa di Vicenza, bisognava farlo all’indirizzo dell’associazione stessa, che all’ingresso aveva i suo banchetti per accogliere nuove iscrizioni e quant’altro, come i mercanti del tempio?), ancora peggiori ci sono parse le (solite) comparsate di Ugone, se lo annoti Albanese come potenziale suo attore tra cui:

  • “Luigi” arriva per ultimo per sfilare tra i suoi “adepti” tra un crescendo di applausi al loro condottiero prima di salutare le autorità: dai politici regionali di maggioranza Ciambetti, Lazzarin e Marcato, a lui vicini nel tempo con contributi “sociali”, fino a don Matteo Zorzanello, delegato per la Pastorale giovanile, a Gianni Benincà, responsabile per Vicenza dell’ACEC, Associazione cattolica esercenti cinema (“20 sale parrocchiali solo nel Vicentino tra le 600 in crescita nazionali“, ha detto), di cui è anche Consulente Coordinamento Giuridico Amministrativo nazionale, e al presidente della provincia Nardin, oltre, ovviamente al “Rucco biondo”,  etc…)
  • “Luigi”, poi, si inginocchia davanti all’umile Vescovo, di cui non vogliamo immaginare l’imbarazzo, anche perché Lui, arrivato da poco e, quindi, poco informato, e amnate della semplicità, ha già subito il fascino comunicativo del dio pagano dei truffati, quello che ha ostacolato e ostacola ancora “il meglio” per chi ha perso i suoi risparmi alvo, poi, come oggi assumersi sempre i meriti, come ha fatto anche in chiusura, delle conquiste altrui

Se non c’è piaciuta anche la solita giaculatoria auto celebrativa dell’avvocato Renato Bertelle (qui abbiamo spesso scritto di alcune sue buone azioni a fronte di varie sue “pinocchiate”) ci ha stupito, dobbiamo dirlo, il fatto che Antonio Albanese, nel suo saluto finale agli spettatori, abbia citato con riconoscenza per le informazioni ricevute nel suo lungo lavoro di ricerca sulle cause dei crac e sulle sofferenze degli azzerati dalle banche, anche l’attuale direttore del quotidiano confindustriale.

Eppure questo collega (tecnicamente) per anni, da “capo dell’economia” del GdV, ha firmato solo e sempre articoli di difesa della Banca Popolare di Vicenza fino ad arrivare ad invitare a non venderne le azioni ancora nel 2015 (leggi il nostro libro di raccolta dei suoi articolo “BPVI. Bugie Popolari VIcentine”)…

Ci sarebbe piaciuto parlare col regista-attore, ma abbiamo preferito solo lasciare a lui e a Gian Antonio Stella il nostro ultimo libro («BPVi e Veneto Banca. La storia dei fallimenti. La farsa degli indennizzi. Il Sistema intoccabile») e i nostri recapiti, caso mai volessero sentirci, visto che Antonio Albanese era circondato nell’incontro stampa finale dai tanti che erano ciechi quando, se avessero voluto vedere, avrebbero potuto aiutare i loro lettori a fuggire dal dramma o, almeno, a conoscere i rischi, come avrebbero dovuto fare i direttori della banca immaginaria che Albanese ha stroncato in “Cento domeniche”.

Scusandoci con l’autore per aver anticipato queste considerazioni all’umile recensione del suo stupendo film, non potevamo, in coscienza non farle I(molte di più ce ne sarebbero, ma ci fermiamo qui) perché quello che abbiamo visto oggi, prima e dopo la proiezione, è la Vicenza in cui tutto cambia perché nulla cambi…

“Cento domeniche” di Antonio Albanese

Nella sua pre-recensione di giovedì scorso su La Repubblica Roberto Nepoti iniziava così presentando il nuovo film “Cento Domeniche” di Antonio Albanese, liberamente ispirato alle vicende delle banche venete e del centro Italia fallite: “Finalmente abbiamo anche noi il nostro Ken Loach: qualcuno che punta la cinepresa contro i soprusi e le ingiustizie, raccontando storie di gente comune stritolata dalla società del mercato“.

Antonio Riva (interpretato da Albanese, anche lui Antonio di nome ed anche lui operaio in gioventù) vive a Lecco, dove ha dedicato tutta la sua vita come operaio in un cantiere, emulando il padre che aveva speso “Cento domeniche” per costruirsi la sua casa.

Ora Antonio Riva, che, pur pensioanto ma per arrotonadare la magra pensione, continua a lavorare (come velo lasciam o imamginare), conduce una vita semplice, dignitosa e da provincia: si prende cura della madre sempre più in preda ai disturbi della senilità, mantiene un buon rapporto con l’ex moglie, trascorre tempo con gli amici e ha un’amante sposata. Tuttavia, la luce dei suoi occhi è la figlia Emilia. Quando lei annuncia di volersi sposare, Antonio vede realizzarsi un sogno e si prepara a finanziare le nozze più memorabili che la sua situazione economica gli consenta.

Purtroppo, il buon uomo non ha mai letto l’aforisma di Bertolt Brecht (“Cos’è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?”) e, quando si presenta alla sua filiale per ritirare una parte deii risparmi accumulati in una vita per pagare le spese del matrimonio della figlia, che per tradizione e amore filiale reputa di sua competenza, Antonio apprende, gradualmente ma in rapida sequenza, una serie di notizie sconcertanti: le azioni che credeva obbligazioni sono ora carta straccia e deve anche restituire un debito di 30.000 euro che ha contratto con la sua stessa banca, che gli ha fatto credere che fosse coperto dalle sue “azioni”, per coprire le spese del matrimonio. Inizialmente incredulo, Antonio cerca di risolvere la situazione, ma il direttore della filiale è introvabile, nessuno risponde alle sue domande, e persino Carlo, il vecchio e, apparentemente, cortese padrone, gli racconta bugie dopo aver messo al sicuro i propri soldi. Il suo mondo si sgretola lentamente, e Antonio affronta la disperazione, tormentato dai sensi di colpa.

Quando un giovane bancario, Federico, che pure lo aveva messo in guardia in extremis, si suicida per vergogna, Antonio si rende conto che la situazione è senza via di ritorno. La banca fallisce, portando con sé i sogni e le speranze dei lavoratori locali, che cercano di organizzarsi in una class action (di fatto non attuabile ai tempi in Italia, ndr), una scena che potrebbe aprire, in un sequel, un faro su alcune della associazioni nate nella realtà o su alcuni avvocati (per i truffati o alle loro spalle per “mungerli” ancora di più?).

Invece di unirsi a loro, Antonio prende un fucile da caccia e si dirige verso la banca…

Il resto vedetelo a cinema, se siete stati truffati, o immaginatelo in una delle varie tragiche versioni che la cronaca più volte ci ha raccontato…

Cento domeniche è un film straordinario che merita la nostra ammirazione: chiaro, pulito, senza concessioni al patetismo, essenziale per la precisione nei dettagli, negli oggetti di scena, nei mobili, negli interni; una caratteristica sorprendente nel nostro cinema, dove anche gli “ultimi” spesso vivono in appartamenti eleganti.

Albanese, autore, regista e sceneggiatore (con Piero Guerrera) di “Cento domeniche”, interpreta il protagonista con la stessa sobrietà e verosimiglianza con cui dirige la cinepresa. Il cast è di prima classe: Giulia Lazzarini è la perfetta madre anziana Sara; Elio De Capitani è il principale di un tempo; l’ex moglie Margherita è interpretata da Sandra Ceccarelli.


Di seguito nota stampa della Diocesi di Vicenza

“Cento domeniche”, l’ultimo film di Albanese a Vicenza: il Vescovo Giuliano ricorda l’importanza della fiducia

Al Cinema Patronato Leone XIII di Vicenza è stata vissuta un’intensa mattinata sabato 25 novembre grazie al rispecchiamento emotivo che il film “Cento domeniche” di Antonio Albanese ha prodotto nei 400 partecipanti alla proiezione gratuita. L’altra proiezione, con 500 posti, è stata al Cinema Uci Luxe Palladio Vicenza. Il regista ha scelto di passare a salutare tutti gli spettatori, fermandosi in particolare al Leone XIII.

Vescovo Giuliano Brugnotto alla proiezione di Cento domeniche a Vicenza
Vescovo Giuliano Brugnotto alla proiezione di Cento domeniche a Vicenza

“Come Chiesa dobbiamo stare vicini a quanti sono feriti”, ha dichiarato il vescovo Giuliano Brugnotto al termine della proiezione. “Anche in vicende drammatiche come quelle che hanno segnato il territorio veneto, che hanno portato al fallimento di banche, legate fortemente alle persone semplici da un vincolo della fiducia e della conoscenza personale”, ha continuato il Vescovo. “Nel film si comprende molto bene ciò che le persone semplici hanno vissuto: potrebbe essersi trattato di mio padre, ma come può un uomo semplice, un agricoltore, comprendere la complessità e la portata di alcune operazioni bancarie?”, ha esplicitato mons. Brugnotto.

Il film realizzato dalle produzioni Palomar e Leo è stato proposto a Vicenza, grazie alla sinergia tra la Vision Distribution, la Diocesi di Vicenza, “Noi che credevamo Associazione medio-piccoli risparmiatori” e “Associazione Nazionale Azionisti Banca Popolare di Vicenza”.

“Anche questo film, come spesso accade, ci proietta in avanti con un orizzonte particolare. C’è una parola che ricorre spesso ed è la fiducia: quando viene meno, si interrompono i riferimenti fondamentali con le istituzioni, che servono alla società, non per se stesse. Anche in queste vicende ci sono persone che sono state lasciate ai margini: sono persone più povere e con meno strumenti culturali. La proposta di “ecologia integrale”, che Papa Francesco ci ricorda, ha molto a che fare con queste vicende”, ha concluso il vescovo Giuliano.

“Mi sono profondamente commosso perché il vostro applauso per me era molto importante”, ha dichiarato Antonio Albanese subito dopo la fine della proiezione. Ha spiegato quindi di aver voluto ambientare la narrazione in un contesto provinciale che lui conosce molto bene proprio perché lì ha vissuto il legame strettissimo che le piccole banche del territorio possono instaurare con le persone del luogo. “Il titolo – Cento domeniche – ricorda la fatica dei risparmiatori perché era il nome di una casa che mio padre ha costruito in due anni, lavorando di domenica”, ha raccontato il regista.

Vicenza è stata scelta per queste proiezioni perché il film è liberamente ispirato anche alle vicende che hanno scosso il territorio Veneto, oltre che nazionale, per i fallimenti bancari che hanno coinvolto migliaia di piccoli risparmiatori. Si tratta della storia di Antonio che, volendo contribuire alle spese per il matrimonio dell’unica amatissima figlia, scoprirà che la banca di cui è da sempre cliente nasconde qualcosa di strano.

Anche il sindaco Giacomo Possamai ha voluto ringraziare Albanese per la realizzazione di un film tanto toccante, ed ha sottolineato come la parola contrapposta a fiducia sia tradimento e “la cultura ha il ruolo di riportare l’attenzione su una tragedia che qui a Vicenza non è ancora finita, che ha portato al tradimento degli affetti, delle relazioni…”.

Nel dialogo con il pubblico, moderato dal giornalista Gian Antonio Stella, molte persone hanno espresso la gratitudine perché si sono perfettamente riconosciute, qualcuno ricordando anche la perdita di amici, proprio a causa della tragedia vissuta.