Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sta accelerando drasticamente la corsa degli investimenti dei comuni, già avviata negli anni scorsi. Il primo consuntivo appena realizzato da Ifel-Anci indica un’impennata netta che ha spinto il contatore dei pagamenti in conto capitale effettuati dai sindaci nel 2023 fino a quota 15,82 miliardi, con un salto di oltre il 34% rispetto all’anno precedente.
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La corsa appare generalizzata e investe anche il Centro-Sud che finora era rimasto più ai margini della ripresa. Il confronto tra le uscite in conto capitale del 2023 e quelle del 2017, l’anno più nero per questo indicatore, inanella ovunque tassi di crescita imponenti, che oscillano dal +87% del Nord al +106% di Sud e Isole, con un picco di +118% nelle regioni del Centro Italia.
Tutto lascia pensare del resto che in prospettiva l’attuazione effettiva del Piano da parte dei Comuni acceleri ancora. Vanno in questo senso i dati dell’Anac che, sempre a fine 2023, contano circa 230mila gare attivate sui progetti Pnrr, con una crescita netta rispetto alle 140mila censite soltanto a settembre. Il valore complessivo di questi bandi è di 32,7 miliardi, e 70mila gare sono state già aggiudicate per 12,1 miliardi, ossia il 37% del totale.
Ma insieme al volume degli investimenti dei comuni crescono le incognite sulla tenuta della macchina finanziaria del Pnrr. Per una ragione semplice: sembra viaggiare a ritmi molto più blandi la piattaforma telematica del Piano nazionale, quel Regis su cui si stanno concentrando sempre di più le critiche degli amministratori locali.
Il cervellone del Mef censisce infatti finora pagamenti comunali per soli 2,7 miliardi. Ma la registrazione in Regis è essenziale per vedersi riconosciuti i rimborsi a valere sui fondi del Next Generation Eu. I sindaci, quindi, lamentano una forbice sempre più rischiosa tra le fatture che hanno già pagato e i contributi centrali che continuano a non ricevere. Forbice inesorabilmente destinata ad allargarsi, man mano che le opere del Piano entrano nel vivo, a meno di un cambio di passo giudicato sempre più urgente.
In questo modo, infatti, si determina una tensione di cassa, già alimentata dagli anticipi quasi sempre inferiori al 30%, che può mettere in pericolo i rapporti con le imprese, dilatando quei tempi di pagamento la cui riduzione a 30 giorni (60 per la sanità) è a sua volta un altro degli obiettivi cruciali posti all’Italia dal Pnrr. Un circolo vizioso, da spezzare al più presto.
Su tutto pesano i 10 miliardi di misure comunali uscite dal Pnrr dopo la rimodulazione negoziata con la Commissione europea: i sindaci sono ancora in attesa dell’individuazione delle fonti alternative di finanziamento promesse a più riprese dal Governo, anche se non sembra risolta la divergenza di vedute tra il ministro per il Pnrr, Raffaele Fitto, che punta soprattutto sulla revisione del Piano nazionale complementare, e i piani alti del ministero dell’Economia dove le chance di trovare lì le risorse necessarie sono giudicate modeste.
Il dossier potrebbe tornare nella cabina di regia che Fitto ha intenzione di convocare la prossima settimana, anche per fare un primo punto sulle proposte normative per il nuovo decreto Pnrr sollecitate ai ministeri entro metà gennaio e già trasmesse dalle amministrazioni territoriali. Decreto che dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri entro la fine del mese.
fonte: Il Sole 24 Ore