(Articolo sui Vicenza boomers di Massimo Parolin da Vicenza Più Viva n. 3 dicembre 2023-gennaio 2024, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Fondamentali per capire e definire una generazione sono sicuramente i giochi e la musica. Iniziando dai giochi, l’evoluzione in 50 anni è stata a dir poco mirabolante, direi quasi sospetta se si pensa che si è passati da “Mamacaseta”, “Rubabandiera”1 o dal “Quattro Cantoni”2 (giocato spesso dai baby boomers in campo Marzo utilizzando i platani) al Game Cube poi alla Play, WII ed alle altre mille fantastiche diavolerie digitali. Stesso sospetto si potrebbe nutrire del passaggio dal telefono a disco prodotto dalla SIP (acronimo di Società Idroelettrica Piemonte ….non ho mai capito cosa c’entrasse l’acqua e l’elettricità) all’Iphone di ultima generazione, per il pochissimo tempo intercorso tra l’uno e l’altro. Si lascia al lettore qualsiasi elucubrazione, volo pindarico sulla natura di tale sospetto.
Come per le parti precedenti non ci addentreremo ad illustrare le miriadi di giochi del tempo, impossibili da censire per il loro notevole numero e le diverse varianti nonchè denominazioni italiane e venete, ma ci soffermeremo sull’unico tra essi che coinvolse veramente l’intera popolazione teen dell’epoca: le figurine Panini dei calciatori.
Le bustine venivano vendute in edicola al prezzo (abbordabile) di 5/10 lire cadauna. All’interno si trovavano 5/6 figurine dei calciatori di serie A e B (queste ultime raffiguranti congiuntamente due calciatori). Le prime edizioni da incollare con la “Coccoina” le successive autoadesive. L’album veniva regalato con il primo acquisto di bustine, al fine di invogliare gli acquisti (per mera curiosità nell’album, al nostro Stadio Menti veniva attribuita una capienza di 33.000 persone, esclusi i portoghesi del limitrofo hotel, allora, Continental).
Le figurine non avevano tutte lo stesso valore. Alcune erano rare (sicuramente per strategia editoriale della Panini affinchè gli album non si concludessero troppo velocemente e facessero crollare le vendite) altre no, cosicchè si accumulavano i doppioni. Gli scudetti o il logo della squadra, rari, costituivano i pezzi pregiati. Gli scambi (rectius: baratti) tra boomers erano un’attività quotidiana. Si girava con il blocco di figurine in tasca (formato evidentemente solo dai doppioni) e si apriva il mercato anche tra più ragazzi contemponeamente. Il mazzo veniva tenuto in una mano mentre con l’altra, con l’abilità e velocità di un croupier di Las Vegas, le si cominciavano a togliere, allo scopo di consentire “all’acquirente” di verificarne il suo possesso o meno. La formula rituale confermativa o no di tale possesso era la magica“ go, go, manca, go, manca ….”.
Godevamo di sufficiente memoria per ricordare se avevamo o meno centinaia e centinaia di giocatori, ma se a scuola ci avessero chiesto di declamare la poesia “Soldati” di Ungaretti avremmo fatto scena muta. Ma il vero patrimonio cultural-sociale boomer non erano le figurine in sé ma i giochi con le stesse, caratterizzati dalla fantasia e dalla creatività (baratti e giochi che poi venivano analogicamente adattati ad altre cose, quindi non solo per le figurine. Ad esempio ai tappi delle bottiglie di vetro: i coerceti).
Eccoli (chiaramente si giocava solo con le doppie) nel loro autentico nome Veneto:
SORA
Si giocava in due. Ad una distanza di 6/7 metri si prendeva la figurina tra l’indice e il medio e la si lanciava. Chi per primo riusciva a far cadere la propria sopra a quella dell’avversario si prendeva tutte quelle che erano state lanciate.
LONTANANSA
I giocatori potevano essere di qualsiasi numero. Vinceva chi lanciava la figurina più lontano. Particolare attenzione veniva riservata ai bari che attaccavano due figurine tra di loro, per aumentarne il peso, e garantirsi una maggiore gittata. Si imparò così prima di ogni game a sottoporre tutte le figurine utilizzate dai giocatori ad una severa verifica antidoping.
TAJO
Qui la figurina veniva lanciata addosso ad un muro. Chi per primo, per fortuna o abilità, riusciva a farla stare in piedi, verticalmente, addosso allo stesso vinceva tutte quelle lanciate
MUCIO (Variante di SORA)
Si determinava il numero massimo di figurine ad personam da lanciare. All’esaurimento del numero prestabilito l’ultimo che fosse riuscito a far cadere la propria sopra il mucchio, vinceva il medesimo.
LA MUSICA
Ogni generazione ha avuto la propria musica e i propri balli. Tutte hanno potuto godere di artisti meravigliosi e di melodie eccellenti. Non sarebbe giusto affermare era più bella, migliore la nostra rispetto a quella della X o della Z o ancora della Y…. ogni scarrafone è bell’ a mamma soja … e invece lo è!
Sentirsi dire dalla propria figlia poco più che diciottenne senti papà questo pezzo non è meraviglioso? Per poi spiegarle che si trattava di Space Oddity del Duca Bianco o del ballabilissimo Upside Down di Diana Ross e discutere della loro bellezza, è stato gratificante.
Dire quindi che la musica degli anni ’80 non fosse la migliore peccherebbe un pochino di presunzione all’incontrario, una piccola pinocchiata, perché, togliamo pure ciò che ha pensato mia figlia e prendiamo ad esempio Capodanno, la festa per antonomasia: quali sono i pezzi che il DJ mette per far ballare la gente (tutta, compreso gli adolescenti)? I Manneskin? Fedez? Ghali? Oppure Stayin Alive dei Bee Gees, Celebration dei Kool & Gang, I’m your Boogie Man dei KC & and Sunshine Band e via discorrendo?
Prendiamo le musiche degli anni 50: il rock’n roll, bellissimo, ma tolti i cultori nessuno lo ascolta più mentre quella 80 viene ripetutamente mandata alla Radio alla distanza di più di quarant’anni.
Vicenza Boomer come Vicenza Z non ha mai ospitato concerti di particolare rilevanza, se non molto, molto occasionalmente (ricordo Renato Zero nel 1978 nel suo tendone “Ero Zero” dietro lo stadio, dove oggi c’è un parcheggio). Mancanza di strutture fisse, tensostrutture, palazzetti poco capienti o non a norma per gli spettacoli di grandi artisti nazionali od internazionali, sono state le principali cause di ciò. I ragazzi o adolescenti vicentini hanno sempre dovuto rivolgersi alle città vicine, Padova o Verona. Probabilmente poi la nostra Città non era nemmeno così allettante come palcoscenico ma si sarebbe dovuto fare di più, allora come oggi. E parimenti dicasi per il teatro boomer vicentino: assolutamente imperdonabile che Vicenza non abbia ancora reso omaggio a quel straordinario gruppo di cabarettisti chiamato “Anonima Magnagati” che, come nessun altro, ha raccontato la Storia dell’Umanità Berica in un modo cosi delizioso, scanzonato, intelligente, ma soprattutto aderente alle nostre radici.
Probabilmente dire che la musica ci accompagna e contrassegna i punti importanti della nostra vita è un’ovvietà ma ricordiamoci che “l’ovvio è quel che non si vede mai, finchè qualcuno non lo esprime con la massima semplicità” (Khalil Gibran).
1 Si tracciava una linea retta al centro del campo da gioco e altre due linee equidistanti e parallele alla linea tracciata per delimitare la casa delle due squadre. I giocatori di una squadra si allineavano lungo la linea della propria casa, gli uni di fronte agli altri. A ogni giocatore veniva assegnato un numero in ordine progressivo partendo da un estremo della fila (il primo giocatore era il numero 1, il giocatore di fianco a lui il numero 2 e così via). Il porta-bandiera stava in piedi, a un estremo della linea di mezzeria, e teneva con la mano la bandiera, cioè un fazzoletto o qualcosa di simile, con il braccio teso in avanti. A questo punto il porta-bandiera poteva chiamare un numero qualsiasi. Entrambi i giocatori delle due squadre corrispondenti al numero chiamato dovevano correre verso il porta-bandiera per rubare la bandiera, il che poteva avvenire in due modi: o afferrare la bandiera prima che lo facesse l’altro e arrivare all’interno della propria casa senza essere toccati dall’avversario, o, se non si riusciva ad afferrare la bandiera per primo, toccare l’altro giocatore prima che arrivasse nella sua casa. Alla squadra del giocatore che rubava la bandiera spettava il punto.
2 Un giocatore, scelto in genere a caso, “stava nel mezzo”. Mentre gli altri si posizionavano nei quattro cantoni o angoli dello spazio di gioco che era più o meno un quadrato. Lo scopo del gioco era scambiarsi di posto occupando il cantone libero senza farsi anticipare da chi stava nel mezzo. Chi rimaneva senza angolo andava nel mezzo.