La bocciatura all’emendamento della Lega per il via libera a un terzo mandato ai presidenti di regione, studiato per Zaia, spacca la maggioranza. Una lettura abbondantemente condivisa dalla stampa nazionale e locale e che del resto era stata ampiamente preventivata dagli osservatori politici.
Ieri, dopo che il Governo ha dato parere negativo alla ricandidabilità per i sindaci dei comuni con più di 15 mila abitanti (leggi qui) la Lega ha ritirato l’emendamento, puntando forte su quello per i governatori che, però, non ha passato il vaglio dell’aula (leggi qui).
Ora, si attendono “rappresaglie”. Politiche, ovviamente. Lo scenario ipotizzabile è tratteggiato dalle penne di Tommaso Ciriaco e Giovanna Vitale su La Repubblica in edicola. In sintesi, ora la Lega ha il dente avvelenato con la Meloni, nonostante le dichiarazioni di facciata. L’occasione per “vendicarsi” è data dalle elezioni regionali in Sardegna.
“Con ordine. La prima trappola, dunque. Nasce come fallo di reazione all’intransigenza di Meloni sul terzo mandato. Da settimane, Salvini prega la leader di dargli ascolto, di non umiliarlo in Parlamento perché Luca Zaia lo tallona, preme, rischia di metterlo in difficoltà nel partito. Niente da fare: lo schiaffo di ieri ha sancito l’irrilevanza del leghista di fronte alle richieste dell’ala veneta. La vendetta politica prenderà forma nelle prossime ore. I leghisti sardi, è il tam tam che si rincorre sull’Isola in queste ore, vogliono punire il meloniano Paolo Truzzu, candidato governatore di FdI imposto contro l’uomo scelto dal Carroccio, Christian Solinas. E vogliono farlo intensificando un’opzione che già da giorni agita Palazzo Chigi: il voto disgiunto. Una X sulla lista di centrodestra, un’altra su un candidato governatore di un’altra coalizione”, si legge sul quotidiano del Gruppo Gedi.
E ancora, in merito alle strategie della Meloni: “Meloni è ormai avvertita del rischio di un clamoroso capitombolo. Ritiene l’offensiva di Salvini delle ultime settimane la vera causa di questa flessione nel consenso. Ed è stufa, prima ancora che stanca. Raccontano fonti a lei vicine che starebbe già ragionando su uno schema alternativo, che parte da un presupposto: per continuare a governare è comunque necessaria la Lega. E siccome la previsione è che il Carroccio scivoli molto in basso nelle percentuali elettorali delle Europee, si attrezza. Con un Salvini debole, potrebbe favorire una nuova fase. Ribalterebbe lo schema, proponendo a Zaia un patto che suona così: ti concedo il terzo mandato, in cambio di una “normalizzazione” del Carroccio. L’obiettivo sarebbe duplice: offrirgli il Veneto, ma nei fatti anche la scalata della Lega. Orientando, soprattutto, la trasformazione del partito in una forza desalvinizzata, meno radicale, più affidabile. Un indizio — ancora vago — l’ha fornito ieri una meloniana come Wanda Ferro, sottosegretaria all’Interno: «Ci sono posizioni diverse che si potranno ridiscutere nel Testo unico degli Enti locali. Poi magari si rimane su posizioni differenti, ma si deve avere l’intelligenza di confrontarsi». Un segnale. Rivolto proprio a Zaia”.
Intanto, appresa la notizia della bocciatura del terzo mandato per i governatori, la politica veneta ha espresso commenti contrastanti: critici quelli del centrodestra, battaglieri e anti-Zaia quelli delle opposizioni in Regione.
I consiglieri del gruppo Lega-Liga Veneta nel consiglio regionale Giuseppe Pan e Alberto Villanova, esprimono immediatamente questo sentimento di rancore e, ora, la fedel alleata “Giorgia” diventa “Roma”.
Almeno stando alle parole del capogruppo Pan: “Ancora una volta, Roma ha tradito il Veneto. È sempre la solita storia, da centinaia di anni: lo spirito di autoconservazione romano soffoca il diritto democratico di libertà del nostro Popolo. Se il meglio dei Veneti si chiama Luca Zaia, però, a qualcuno a Roma non va bene”, ha tuonato per poi riservare una stilettata a qualche conterraneo: “Qualcuno, anche veneto trapiantato a Roma, si sente già in campagna elettorale”. Il resto è un richiamo al Lenone di San Marco da “risvegliare”.
“Roma raramente ha aiutato la Serenissima“, fa da eco Villanova. L’insofferenza per gli alleati di centrodestra viene fuori: “Sappiamo bene, del resto, con chi ci confrontiamo: anche qui in Regione, dove pure tra Lega e Lista Zaia abbiamo la maggioranza, siamo a oggi coalizione di Governo. La partita per le prossime regionali in Veneto, comunque, è tutt’altro che chiusa, anzi”, promette.
Ai due si aggiunge poi un perentorio Giulio Centenaro (lega-Lv) che aggiunge: “Per qualcuno oggi è un punto di arrivo. Per noi è invece un punto di partenza: da oggi, daremo il 110% per la nostra gente, i nostri sostenitori, il nostro Presidente. Non un passo indietro: dopo Zaia, solo Luca Zaia”.
Vanessa Camani, capogruppo del Partito Democratico a Palazzo Ferro Fini liquida la faccenda: “Le parole del capogruppo Villanova, che promette ancora battaglia per il terzo mandato anche dopo lo stop in Senato, dimostrano in modo evidente che l’unica preoccupazione della Lega in Veneto è il destino personale di Zaia. Peccato che su questa battaglia non siano riusciti a convincere nemmeno i loro alleati, a cominciare da Fratelli d’Italia – infierisce la consigliera dem -. Non se la prenda con Roma, Villanova, ma con i suoi vicini di banco anche in questo Consiglio regionale. Questa partita poco dignitosa e tutto il teatrino estenuante vanno invece chiusi subito. La politica torni ad occuparsi dei problemi veri, cosa di cui in Veneto c’è davvero bisogno”, conclude la Camani.
“Questa bocciatura mette di fatto fine all’ipotesi di uno Zaia-quater, aprendo le porte a una nuova era per il Veneto”, ha invece detto Elena Ostanel, consigliera regionale de Il Veneto che Vogliamo.