Definirla elemosina per la non autosufficienza è addirittura un eufemismo. I soldi stanziati dal governo per la cosiddetta “prestazione universale” (circa 850 euro da aggiungere eventualmente all’indennità di accompagnamento) destinata agli anziani non autosufficienti, sono solo briciole riservate a una platea ristrettissima a causa dei requisiti più che stringenti necessari per ottenere il beneficio e comunque solo dal 2025 (fonte http://www.spi.veneto.it/).
L’assegno, infatti, è destinato a ultra80enni con un Isee inferiore ai 6 mila euro, l’accompagnatoria e in stato di non autosufficienza con bisogno assistenziale gravissimo. Proiettando sul Veneto i dati nazionali, lo Spi Cgil calcola che l’assegno spetterebbe a meno di 2 mila anziani, lo 0,6% dei 328 mila ultra65enni non autosufficienti residenti nella nostra regione, quelli appunto che rispettano i requisiti più che stringenti fissati dal governo. In pratica, la misura presentata con i consueti toni trionfalistici utilizzati da questo esecutivo per ogni intervento messo in campo – anche se la legge delega sulla non autosufficienza è stata approvata nel 2023 dal governo Draghi e nasce soprattutto sotto la spinta delle organizzazioni sindacali – risulta pressoché inutile, in quanto interesserà solo 2 ultra80enni non autosufficienti ogni 100 e, come detto, lo 0,6% di tutti gli anziani che non sono più in grado di badare a loro stessi.
Ricordiamo che in Veneto, secondo la relazione sociosanitaria della Regione, si stima che vivano circa 330 mila ultra65enni non autosufficienti. Di fatto il 28% degli anziani, per lo più over 80, rientra in questa condizione. Tenendo conto che i posti letto nelle case di riposo sono poco più di 34 mila e che circa 80 mila persone sono seguite dall’assistente familiare, nella nostra regione 214 mila anziani non autosufficienti devono fare affidamento (se non sono completamente soli) sui cosiddetti caregiver, familiari e parenti, che li seguono in casa. Ma i numeri sono destinati a impennarsi con l’invecchiamento della popolazione, che di per sé è un dato positivo, ma che richiede una attenta programmazione sociosanitaria da parte della Regione. Secondo l’Istat, gli ultr65enni veneti sono attualmente 1.167.759, il 24,4% della popolazione, ma fra dieci anni arriveranno a 1.410.571, circa il 30% degli abitanti. Se prendiamo in esame i “grandi anziani”, i più interessati al problema della non autosufficienza, il trend è ancora più emblematico. I veneti di età compresa fra gli 85 e gli 89 anni aumenteranno del 20,7%, quelli fra i 90 e i 94 anni del 33% e gli ultre95enni del 38%.
«Da anni – spiegano dallo Spi Cgil del Veneto – il sindacato combatte per una legge nazionale sulla non autosufficienza in grado di affrontare quella che viene definita la pandemia del nuovo millennio. Abbiamo chiesto una norma nazionale che migliori veramente la qualità della vita degli anziani non autosufficienti e la legge delega 33 del 23 marzo 2023, presentata dal governo Draghi, andava nella giusta direzione. Ora il governo Meloni ha buttato giù in fretta e furia questo decreto legislativo, entrato in vigore in questi giorni dopo il via libera da parte del Parlamento, caratterizzato da troppi rinvii e nessuna risposta ai bisogni di milioni di anziani che non sono più in grado di badare a loro stessi, come sottolineato anche dalla Conferenza delle Regioni. In particolare, non c’è nessun euro per sostenere la cosiddetta prestazione universale di 850 euro al mese, che di universale non ha proprio nulla visto che la platea dei beneficiari è ristrettissima. Al di là dei soliti annunci che caratterizzano la comunicazione di questo Governo – conclude lo Spi Cgil del Veneto – la verità è che gli anziani non autosufficienti continueranno a essere lasciati soli. I pochissimi fondi della legge delega sono stanziati in modo sperimentale, ed in più il governo, che doveva rispettare la scadenza del 31 gennaio per i decreti attuativi, si è mosso all’ultimo secondo, a dimostrazione che questa per loro non è certo una priorità, al contrario del premierato e/o dell’autonomia differenziata. Vi sono quindi una ventina di rinvii a ulteriori decreti attuativi, linee guida e disposizioni di legge regionale da adottarsi nei prossimi mesi. La mancanza di risorse ha impedito di trovare nel decreto indicazioni precise su questioni fondamentali come la rete domiciliare e il rilancio della residenzialità. Così non ci sarà alcuna reale presa in carico della condizione di fragilità delle persone anziane da parte del sistema pubblico».