Il Coordinamento* Acqua libera dai Pfas esprime – in questo comunicato – il proprio sconcerto nell’apprendere che la Regione Veneto anche per quest’anno ripete la stessa ordinanza dell’anno scorso, vietando il consumo del pesce pescato nella zona rossa. (ordinanza Regione Veneta nr. 5 del 08/01/2019). A tale riguardo il Coordinamento esprime le seguenti considerazioni:
-
Vietare solo il consumo del pesce pescato e solo in zona rossa non è, a nostro parere, una misura che tuteli realmente la salute dei cittadini; manca infatti nell’ordinanza qualunque disposizione relativa a qualunque forma di controllo sul rispetto dell’ordinanza medesima; chi controllerà che effettivamente nei locali pubblici non venga più servito pesce pescato in zona rossa? E, anche volendo controllare l’origine del pesce pescato, come si potrebbe? Se effettivamente si vuole proteggere la salute dei cittadini, impedendo che consumino cibo ad altissimo contenuto di PFAS, è più efficace vietarne la pesca, affidandone il controllo agli organismi di controllo già esistenti (guardie venatorie)
-
Non tutela la salute dei cittadini nemmeno restringere questo divieto, anche fosse di pesca, alla sola zona rossa; ARPAV anche nel suo ultimo documento di controllo (Concentrazione di sostanze perfluoroalchiliche(PFAS) nelle acque prelevate da ARPAV-20.9.2018) evidenzia come le acque del fiume Retrone, nel tratto che scorre nei comuni di Sovizzo, Creazzo, Vicenza, quindi in zona arancio, siano ancora abbondantemente contaminate dai PFAS. Non c’è da meravigliarsi data la persistenza di queste molecole nell’ambiente, anche se da qualche anno non vengono più prodotti Pfoa e Pfos. Inoltre proprio il primo “Campionamento Alimenti di produzione locale per la ricerca di PFAS”, pubblicato dalla stessa regione Veneto il 6.11.2015, evidenziava come tutti i pesci pescati in zona di Creazzo, avessero elevati quantitativi di PFOS, tra cui spicca la famosa scardola, con un quantitativo pari a 57.400 ng/kg di PFOS.
A fronte di ciò il Coordinamento esprime il proprio disappunto nel constatare che ancora una volta la Regione Veneto ed i singoli Comuni non fanno il minimo sforzo per inquadrare il problema Inquinamento da Pfas nell’insieme, e non, come risulta evidente nell’ordinanza, all’interno dei soli confini delineati dall’uomo, ma certo ignorati dai pesci! A riprova di ciò, il fatto di non considerare minimamente zona da tutelare la Zona Arancio (area che risente del primo inquinamento degli ’70 dell’allora Rimar) e le sue acque superficiali e profonde, con in testa il fiume Retrone. -
Ancora non tutela la salute dei cittadini il brevissimo arco temporale cui si riferisce l’ordinanza (6 mesi), come se tra 6 mesi il problema potesse essere risolto.
-
Visto che finalmente anche la Procura di Vicenza annuncia che, a parere del suo consulente Prof.Fletcher, esiste un rapporto CAUSALE tra concentrazione di PFOA nel sangue e colesterolemia, pensiamo sia giunto il momento che la regione affronti il difficile problema di quanto contribuiscano tutti i cibi (non solo il pesce!) al livello ematico di PFAS (esposizione alimentare). Questo per tutti i cittadini (non solo quelli residenti in zona rossa!) che si alimentano con cibi contaminati. Questo problema è divenuto ancora più pressante e ineludibile, se si vuole tutelare la salute dei cittadini, dopo la pubblicazione del documento EFSA (datato marzo 2018), che riduce in buona sostanza di 1500 volte la TDI (massima dose tossica giornaliera tollerata), e quindi rendendo superate le conclusioni cui era arrivato l’ISS nel suo “Piano di contaminazione per il monitoraggio degli alimenti” pubblicato nel novembre del 2017. Ricordiamo che secondo la DGR 854 del 13.6.2017, tuttora in vigore, i limiti stabiliti per i PFAS nelle acque a scopo irriguo sono:
PFOA<500ng/L; PFOS<30ng/L; somma altri PFAS<500ng/L;
questo non va nella direzione della tutela della salute dei cittadini.
Nessuno può dirsi tranquillo perché queste sostanze, i Pfas, sono ovunque e, una volta immesse nell’ambiente, sono molto persistenti.
A fronte di ciò il Coordinamento chiede:
-
che tutta la Zona Arancio venga ricompresa nell’ordinanza Regionale nr. 5 del 08/01/2019.
-
che qualora la regione non provveda all’inserimento della zona arancio nella propria ordinanza, siano i sindaci dei comuni compresi nella zona arancio a prendere tale iniziativa, emettendo una ordinanza comunale che vieta il consumo di pesce pescato nei comuni della zona arancio. Tale ordinanza potrebbe essere fatta insieme da tutti i sindaci della zona arancio, che darebbero così un segnale alla popolazione sul loro interesse per l’inquinamento delle acque che stiamo subendo. Ricordiamo ai primi cittadini eletti che il sindaco è la prima carica sanitaria nel territorio comunale. Ci rendiamo conto delle difficoltà che una simile presa di posizione potrebbe comportare per i sindaci per molti aspetti, ma, da cittadini, apprezzeremmo molto qualche atto concreto a difesa della nostra salute, da parte di chi ci amministra.
-
che la regione inizi a programmare (come è stato fatto per le acque destinate al consumo umano), un serio piano di fornitura alle aziende agricole dei territori inquinati, di acqua priva di PFAS, se si vuole che finalmente non continui, come ora, la contaminazione dei residenti attraverso l’alimentazione (richiesta avanzata più volte per Pec da Retegas Vicentina).
-
che lo screening sanitario presso le strutture pubbliche venga ampliato a tutta la Zona Arancio (come da mozione regionale votata all’unanimità nel dicembre 2017) su pagamento di un ticket. Segnaliamo che i cittadini che desiderano conoscere il proprio livello di PFAS nel sangue sono in continuo aumento, ma tuttora non possono eseguire gli esami in nessun laboratorio.
*Per il Coordinamento Acqua Libera dai Pfas : Perla Blu Legambiente di Cologna Veneta, Legambiente Creazzo, Legambiente Valdagno, ViVerBio Gas Lonigo, Gas Creazzo, , Gruppo Gas Prova di San Bonifacio, Rete Gas Vicentina, Comitato Acqua Bene Comune Vicenza , Comitato Vicentino No Ecomafie, Associazione No alla Centrale Ovest vicentino, Acli Montagnana, ISDE Vicenza.