I partiti in Veneto e a Vicenza: “gli eguali” del PD e “gli onesti” del M5S

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Simboli dei partiti nel 2013
Simboli dei partiti nel 2013

A metà anni ’90, il PRC cittadino (Partito della Rifondazione Comunista), sito nella gloriosa sede di via Fontanelle, accoglieva, unico tra i partiti a Vicenza, un’eterogenea congrega di affiliati. Era l’unico posto ecumenico di Vicenza dove si faceva politica; gli altri – in cui era possibile trovare tutte le regioni italiane e tutti i ceti sociali rappresentati – appartenevano alla Curia.

La Lega e la sinistra cittadina che “non vuole” un calabrese

Era il periodo in cui la Lega riempiva le urne di consensi come adesso, ma con una combattività e un’acrimonia di gran lunga maggiori. Una volta, si stava discutendo… (ebbene sì, non si poteva far altro) della presentazione dei candidati per le comunali in alcuni centri della provincia. E, quando toccò a Lonigo, si parlò di un possibile capolista calabrese – eccellente ragazzo, si diceva, ma che non avevo il piacere di conoscere.

A quel punto una “optimate” della sinistra cittadina, e stimata insegnante in pensione, trasalì: “Ma non mi pare opportuno” – disse – “di questi tempi, un calabrese? Rischiamo di non prendere nemmeno un voto.

L’idem sentire

Un suo collega di un altro istituto, a cui non era sfuggita l’enormità della contraddizione, replicò: “Se persino tu, sempre così attenta a denunciare le discriminazioni, ti sei arresa all’idem sentire” – come andava di moda dire allora – “vuol dire che siamo messi proprio male.

Era proprio così, nemmeno la Rifondazione Comunista era immune dalla febbre che aveva assalito i “filò” e le tavole “de noantri”. Il partito della redistribuzione della ricchezza confidava nel successo televisivo dei suoi rappresentanti, ma non osava contestare la supremazia territoriale ai legittimi padroni. Allora aver guadagnato la convinzione che gli elementi costitutivi dell’animo leghista erano disseminati in tutta la pianura ed equamente distribuiti in ogni partito del nord era stata per molto tempo una mia persuasione che però si è dimostrata via via inesatta.

I foresti nei partiti di destra

I partiti di destra immettevano spesso tra le loro file elementi “foresti”, mentre quelli di sinistra mantenevano un inspiegabile “sangre limpio”. La dimensione nazionale italica, il patriottismo e il suo primato, stavano spesso a fondamento della prassi di destra, ma non si spiegava come la sinistra dei lavoratori, in Veneto, avesse rigorosamente scelto di essere rappresentata dagli operosi nativi del nord, invece che dai “moriscos” tradotti dal sud.

I “terroni” nella Lega

La faccenda divenne più chiara quando persino la Lega, nella sua corsa verso il potere nazionale, ammise candidati “terroni” nelle sue liste. Al contrario, i partiti della sinistra, dilaniati dalla lotta politica interna, frammentati e ordinati prima secondo ortodossie letterali, poi selezionati in base a sfumature e aromi impalpabili (tra cui, l’aver mangiato solo polenta da piccoli, era un aspetto distintivo), avevano trasferito al loro interno le vicende personali della lotta di classe assimilandole allo scontro politico.

La “ditta”, un comitato per incarichi e prebende

L’egoismo della piccola borghesia che avocava a sé la proprietà del partito, della “ditta” si avvaleva di figure forestiere (meridionali, neri, mussulmani) solo come candidati di bandiera. E col tempo la sinistra del territorio si dimostrò un geloso comitato che si spartiva incarichi e prebende. Così, mentre la destra si era specializzata nell’utilizzare la carica pubblica per favorire spudoratamente l’interesse privato, la sinistra, invece, per il tornaconto personale aveva interamente occupato la democrazia. Vicenza non ha fatto eccezione.

La piccola borghesia sovrasta le aristocrazie operaie e di classe

La decadenza del PD e di tutta l’area sinistrorsa ha seguìto lo smascheramento del bluff. E’ finita la dominazione di una zona di consenso caduta nell’equivoco, è stato rivelato lo scollamento tra una dottrina sempre più teorica, e una pratica che la contraddice. Si è capito che le aristocrazie operaie e le avanguardie di classe erano state sostituite dalle frange più agguerrite della piccola borghesia, e che lo strumento politico del partito era stato invaso da una delegazione pronta a vendere i propri servigi a chiunque garantisse la sua rielezione. Lo stipendio e il vitalizio avevano rimpiazzato il riscatto sociale.

L’interesse privato e l’interesse di corrente

Potremmo riassumere che la destra è l’espressione dell’interesse privato, mentre la sinistra è un interesse di corrente a caccia di un finanziatore. Questo pericolo, infine, non si estingue nemmeno con la dottrina a 5 stelle. Anzi, prospera – come succede tutte le volte che non c’è altro da spartire se non l’appannaggio per la funzione di rappresentante, e come dimostrano le difficoltà a dimezzare lo stipendio.

I rischi del M5S a Vicenza

Può succedere che, come la “dottrina degli eguali” era servita da criterio selettivo della classe dirigente di sinistra, così “l’ostentazione di onestà” può esserlo adesso per i 5 stelle. L’asprezza delle guerre per le candidature – condite con l’animo eternamente tentato di utilizzare i filtri regionali e di stirpe – non depongono a favore della buonafede dei portavoce pentastellati. Un’asprezza e una denigrazione dell’avversario che, anche a Vicenza, non sono state estranee all’esclusione della lista locale del M5S alle scorse elezioni comunali.