Nessuno teme realmente il ritorno dei ridicoli omuncoli in orbace che nel 1922 “marciarono” sulla Capitale forti della debolezza di un re che si preparava a commettere l’ennesimo, tragico errore affidando a Mussolini il governo del Paese.
Tuttavia è sempre più evidente l’ondata reazionaria che sta investendo l’Italia e che, con riforme quali il premierato, sembra avviata verso una pericolosa “orbanizzazione” e, attraverso la riforma Calderoli, ad un ritorno identitario a quelle “piccole patrie” che un tempo assunsero un ruolo da protagonista nella costruzione politica dell’identità italiana mentre ora si porrebbero in contrapposizione a quella nazionale e ancor più a quella europea.
Per queste ragioni, per ricordare il valore della Resistenza come movimento nazionale, spontaneo, in grado di contribuire alla sconfitta delle forze nazifascite e restituire dignità all’intero popolo italiano, oggi, 25 aprile, giorno della festa della liberazione, siamo con le nostre bandiere in Piazza dei Signori.
Luca Fantò
Segretario cittadino PSI Vicenza capoluogo
Il 25 aprile 1945 è il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) – il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Alfredo Pizzoni, Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani (presenti, tra gli altri, il presidente designato Rodolfo Morandi, Giustino Arpesani e Achille Marazza) – proclamò l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia, facenti parte del Corpo volontari della libertà, di attaccare i presìdi fascisti e tedeschi, imponendo la resa, giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate. Parallelamente il CLNAI emanò alcuni decreti: uno relativo all’assunzione di poteri da parte del CLNAI, «delegato dal solo Governo legale italiano, in nome del popolo italiano e dei Volontari della Libertà»;[3][4] un altro relativo all’amministrazione della giustizia, che all’articolo 5 stabiliva la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti,[5] senza citare esplicitamente Benito Mussolini, che fuggì da Milano il giorno stesso e che sarebbe stato catturato e fucilato tre giorni dopo.
«Arrendersi o perire!» fu l’intimazione che i partigiani quel giorno e in quelli immediatamente successivi diedero ai nazifascisti ancora in armi