Il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha preannunciato l’obbligo di spalmare i crediti del Superbonus a 10 anni. L’indicazione è arrivata ieri, mercoledì 8 maggio 2024, a margine dei lavori della commissione Finanze del Senato proprio sul decreto Superbonus.
A chi gli ha chiesto della possibilità di spalmare i crediti su 10 anni anziché su 4-5, il ministro ha detto che “non sarà una possibilità ma un obbligo“.
Questo è certo, mentre resta da capire se le nuove regole contempleranno anche la retroattività: ed è questo il timore principale per banche ed imprese.Su questo aspetto Il Sole 24 Ore oggi in edicola ha focalizzato l’attenzione.
Citata una comunicazione del direttore generale di Ance Massimiliano Musmecidi e del vicedirettore generale Abi Gianfranco Torriero: “In questa fase complessa è importante dare certezze e rafforzare la fiducia. Interventi retroattivi sul superbonus minerebbero la fiducia di famiglie, imprese e investitori“, vi si legge. E si evince la preoccupazione di costruttori e istituti di credito che rischiano di essere i più colpiti da una norma che potrebbe travolgere operazioni già chiuse e conteggiate all’interno dei bilanci.
“Se lo spalmacrediti obbligatorio, di cui ha parlato ieri mattina il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in commissione Finanze al Senato, dovesse colpire il passato – scrive Giuseppe Latour su Il Sole –, il prezzo da pagare per imprese e istituti di crediti sarebbe potenzialmente altissimo“.
dTimori espressi anche da Federica Brancaccio, presidente dell’Ance: “Escludiamo che ci sia una retroattività, altrimenti avrebbe un impatto fortissimo su imprese, banche e cittadini”.
Quali le conseguenze della retroattività? “Allungando il tempo di recupero delle agevolazioni, di fatto, si scaricherebbero improvvisamente costi su chi detiene i crediti“. E ancora: “Allungando i tempi di recupero salterebbero i piani finanziari delle imprese, che rischierebbero il dissesto, dovendo poi comunque pagare imposte e contributi”.
Problemi in vista anche nei casi in cui fossero coinvolti i lavori in fase di svolgimento. “Andando a modificare in corsa le condizioni di pagamento, gli appalti si bloccherebbero, con la creazione di un nuovo duro fronte di contenzioso”.