Israele senza le bombe Usa, cosa succederà su campo? L’analisi

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(Adnkronos) – "Nel breve termine" la capacità militare di Israele non risentirà della 'pausa' sulle armi imposta dagli Stati Uniti e non avrà conseguenze dirette sulla minacciata offensiva a Rafah. Ma c'è il rischio in prospettiva che un'operazione nella città del sud di Gaza acuisca ulteriormente la spaccatura sulle forniture militari tra Tel Aviv e Washington. E' l'analisi del giornalista esperto di difesa e sicurezza del Guardian, Dan Sabbagh, dopo la decisione del presidente americano, Joe Biden, di sospendere la consegna di migliaia di bombe allo Stato ebraico. Nell'articolo intitolato 'Israele ha bisogno di altre armi americane per un'offensiva a Rafah?', Sabbagh risponde alla domanda citando un'analisi della Foundation for Defense of Democracies di Washington, secondo cui Israele, che l'anno scorso ha speso il 5,3% del suo Pil per la Difesa (più di due volte e mezzo l'obiettivo della Nato) dovrebbe aumentare la spesa nel 2024 al 7-8% "per ridurre la dipendenza dai governi stranieri per le armi di cui Israele ha maggiormente bisogno". Non è chiaro se ciò sia sostenibile. Secondo il giornalista, la minaccia di Biden di fermare le spedizioni delle bombe più pesanti, lascia inalterata la disponibilità israeliana di altri tipi di armi come proiettili per carri armati e artiglieria, nonché le scorte e la capacità dell'aeronautica militare. A marzo, ricorda, è stata approvata la vendita di altri 25 caccia F-35, nell'ambito di un accordo autorizzato dal Congresso nel 2008. 
Il volume degli aiuti militari che gli Stati Uniti hanno consegnato a Israele dal 7 ottobre dello scorso anno è stato decisivo per il livello dell'offensiva scatenata nell'enclave palestinese. È difficile, spiega Sabbagh, indicare dei numeri precisi, in parte perché gli Stati Uniti sono attenti a mantenere le spedizioni al di sotto dei limiti rivelabili così da fare affidamento su vecchie autorizzazioni da parte del Congresso. Un accordo decennale, firmato da Barack Obama nel 2016 consentiva la fornitura di 3,3 miliardi di dollari all'anno in armi dal 2018, più altri 500 milioni di dollari all'anno per i sistemi di difesa aerea. Oltre a ciò, il mese scorso il Congresso ha approvato ulteriori aiuti militari per un valore di 13 miliardi di dollari, inclusi 5,2 miliardi di dollari per rafforzare le difese aeree esistenti. Durante l'attuale conflitto, il Pentagono ha pubblicato solo occasionalmente i dettagli degli aiuti inviati: a novembre 320 milioni di dollari in bombe di precisione e a dicembre 14mila proiettili per carri armati per un costo di 106 milioni di dollari e 147,5 milioni di dollari per 57mila proiettili di artiglieria da 155 mm con relative micce e inneschi, più 30mila cariche per obici. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)