Date sballate e investigazioni condotte in malo modo: queste le principali falle nell’indagine su Alberto Filippi, l’imprenditore vicentino ed ex parlamentare della Lega accusato di aver commissionato un atto intimidatorio nei confronti di un giornalista.
È stato lui stesso a parlarne oggi, venerdì 14 giugno 2024, all’Hotel Viest di Vicenza. Affiancato dai legali di fiducia Cesare Dal Maso e Renzo Fogliata, ha tenuto una conferenza stampa, integrando e precisando quanto detto in una cartella stampa da cui, oltre che da quanto ascoltato e riferitoci dal nostro direttore presente all’evento, su cui tornerà personalmente, nasce questo articolo. La conferenza stampa è stata convocata prima della decisione che prenderà il giudice dopo la conclusione dell’inchiesta dell’Antimafia di Venezia che lo vedeva accusato come presunto mandante degli spari contro la casa di Ario Gervasutti, ex direttore de Il Giornale di Vicenza, la notte tra il 15 e il 16 luglio del 2018.
Una data che, come vedremo, sarà importante nella narrazione dell’industriale sulla sua vicenda giudiziaria, esplosa lo scorso agosto e arrivata fin qui a una richiesta di archiviazione firmata dal sostituto procuratore Stefano Buccini e dal procuratore capo antimafia Bruno Cherchi.
Caso Alberto Filippi: il movente, le prove, la richiesta di archiviazione
Al cospetto dei cronisti Filippi ha parlato di “fine di questa vicenda devastante” e poi ha aggiunto: “Dalla richiesta di archiviazione emerge che il pentito (Domenico Mercurio, ndr) si è inventato tutto e io aggiungo che tali invenzioni sono state fatte molto male e che sarebbe bastata una indagine da parte della polizia giudiziaria fatta con un minimo di diligenza invece che da innamorati del possibile scoop per scoprire che i moventi, le prove e i fatti erano inventati e inventati male”.
L’imprenditore vicentino ha ricordato che, secondo l’accusa dello stesso Domenico Mercurio il movente per il quale avrebbe commissionato a suo zio Santino l’intimidazione a Gervasutti starebbe in alcuni articoli de Il Giornale di Vicenza su reati ambientali commessi dalla sua azienda, Unichimica.
Ma le date sono totalmente sballate. Come detto, gli spari risalgono a luglio del 2018, quando Gervasutti non dirigeva più Il Giornale di Vicenza che aveva lasciato nel 2016 per un’altra testata veneta e, come se non bastasse, gli articoli citati dal pentito sono addirittura di un periodo successivo, precisamente fine settembre 2018. Ovvero, a seguito di una ordinanza comunale del 5 settembre, dopo che l’Arpav Veneto aveva fatto un accesso alla Unichimica, datata agosto del 2018.
“Quindi – ha detto Alberto Filippi -, per fare un’intimidazione avremmo dovuto essere a conoscenza di questi fatti, ma questi fatti sono accaduti dopo. Nulla combacia, se non il fatto che queste cose sono accadute e che quindi chi ha deciso di inventare si è documentato trovando su Internet le informazioni per costruire la storia. Documentazione però tutta sbagliata perché parte da un errore di data: Mercurio infatti dichiara che l’intimidazione è avvenuta nel 2019, da qui tutti gli errori nel reperire le prove“.
Nei suoi racconti accusatori, il pentito ha riferito di un incontro in alcune villette ad Arcugnano, prossime all’abitazione di Filippi, dove sarebbe stata decisa l’intimidazione. Ma l’imprenditore ha spiegato di aver acquistato quelle ville ed essere entrato in possesso delle chiavi soltanto il 19 luglio 2018, ovvero qualche giorno dopo gli spari contro la casa padovana di Gervasutti.
E ancora: Mercurio ha riferito che a un certo punto della vicenda Filippi non avrebbe voluto pagare per il “servizio” reso, ritenendo che a sparare non fosse stato lo zio, ma uno spasimante della figlia del giornalista, per vendicarsi dell’avversione del padre alla loro relazione. “Ma – ha detto Filippi – è noto che Gervasutti ha due figli maschi“, sottolineando il tono fantasioso delle parole del pentito.
Parole che spesso sono imprecise, tanto da indicarlo come “politico di Forza Italia“, a dispetto della sua militanza nella Lega.
E ancora, l’analisi su una delle prove principali: la famosa fattura da 25mila euro indicata come “il pagamento” per il lavoro sporco svolto, saldata dall’ex senatore vicentino in favore della Magnum Blindati Srl operante nel settore degli infissi in alluminio e infiltrata dalla ‘ndrangheta.
Su questo è stato chiarito che si tratta di una fattura del 2019, “quindi – ha detto ironicamente Filippi – avrei pagato in un’unica soluzione con una comodissima dilazione di 365 giorni fine mese! lo non conosco le usanze della ‘ndrangheta, ma non credo che queste siano le modalità di pagamento abituali”.
Filippi e i suoi legali hanno infine parlato della “super prova“: cinque ore abbondanti di registrazione all’interno delle quali emergerebbe che Mercurio avrebbe inventato tutto. Ovvero la registrazione di un incontro avvenuto tra i due il 21 novembre 2021. Mercurio chiede soldi a Filippi per dei lavori effettuati, ma non fa mai riferimento all’attentato a Gervasutti.
Alberto Filippi: Contro di me uno “strano” accanimento
“Voglio fare una considerazione circa quanto accaduto negli ultimi 10 mesi – ha detto ancora Filippi in conferenza stampa -: a mio parere è presente un accanimento forse spinto da motivi non proprio trasparenti o addirittura non proprio leciti da parte di qualcuno“.
Secondo l’imprenditore e i suoi avvocati chi ha investigato e coordinato l’indagine non avrebbe fatto del suo meglio e restano i dubbi. Come non è andato giù il “tritacarne mediatico” al quale è stato sottoposto.
“Perché alla vigilia di Ferragosto Alberto Filippi senza avere l’avviso di garanzia si ritrova ad essere la notizia su tutta la stampa che invece era stata avvisata? E perché proprio il 12 agosto? Quando non ha nemmeno la possibilità di replicare perché non conosce i capi d’accusa, non ha alcun documento in mano perché il tribunale e la procura sono chiusi, ha difficoltà a reperire anche un avvocato per avere i primi consigli.
Perché non sono state verificate le date, che era una cosa banale? Perché non è stato chiamato il notaio per capire quando fossero state consegnate le chiavi delle villette dove si sarebbe organizzata l’intimidazione? Perché non si è verificato se il giornalista avesse una figlia quando invece aveva due figli maschi? Perché non si sono lette le intercettazioni in modo più approfondito per capire che in una non si parlava di Alberto Filippi in modo palese e che nell’altra non si riferiva alla Toscana ma alla Lombardia”?
Filippi aggiunge: “Sapendo che oltre ogni ragionevole dubbio sarei dovuto essere provato colpevole di fronte a questi evidenti dubbi su ogni cosiddetta prova accusatoria perché non si e deciso almeno di convocarmi e ascoltarmi ben prima del 12 agosto, mentre ho dovuto chiedere di essere interrogato e sono stato sentito solo ad ottobre sapendo che per la persona fisica e per la persona giuridica Unichimica i danni e il calvario erano già diventati insopportabili”?
“Mi sento pesantemente danneggiato. Chi paga”?
Alberto Filippi ha poi dichiarato che da questa vicenda ne esce a pezzi, pesantemente danneggiato. Sul piano personale, per quanto lui e la sua famiglia hanno dovuto subire, compreso un ictus che ha colpito il padre una settimana dopo i fatti.
Ma anche sul piano economico, dal momento che “per 10 mesi ho dovuto estromettermi dal Cda della Unichimica: ci sono da calcolare a livello personale intorno agli 800.000 euro di danni”, oltre alle spese legali e di altra natura che lo hanno indotto a “svendere parecchi beni personali in poco più di due settimane” e considerando anche la “mancanza di liquidità a causa del rientro imposto alla mia azienda da parte di alcune banche”.
Ci sarebbero poi circa 2 milioni di euro di danni subiti dall’azienda che contemplano anche la perdita di alcuni clienti e fornitori. “Tra questi – ha aggiunto – uno si è comportato malissimo e lo cito, la Solvay di Rosignano e di Massa Carrara che manifestando motivazioni di natura etica mi rubava il mio stesso mercato.
La cosa divertente è che non essendo nemmeno andato a processo non ho alcun danno da chiedere quantomeno alle istituzioni“, ha concluso.
Riportato fedelmente quanto dichiarato da Filippi con i suoi legali a confermare le sue tesi, e “in attesa delle decisioni del giudice – commenta a caldo dalla sede della conferenza il nostro direttore- sulla richiesta di archiviazione da parte di una Procura, prima ‘leggera’ e colpevolista nelle indagini, poi ‘seria’ e assolutoria nelle sue conclusioni”, quello che è certo è che sul caso Gervasutti-Mercurio-Filippi rimangono in piedi non solo i dubbi dell’imprenditori ma tanti altri sul complesso della vicenda tutt’altro che conclusa.