Leonard Peltier: e sono 43 gli anni di ingiusta prigionia

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Il "nativo" Usa Leonard Peltier: lotterò ancora un po' ... per sempre

Se restate indifferenti di fronte a 43 anni di ingiusta prigionia, cercate di pensare cosa prova quest’Uomo, Leonard Peltier, come ha vissuto rinchiuso in una cella, perché non si è mai piegato. E rendetegli omaggio.

Il 6 febbraio del 1976 Leonard Peltier, nativo americano ed attivista per i diritti del suo popolo, entrò in una prigione statunitense con l’accusa di aver partecipato all’uccisione di due agenti FBI. Fu condannato, dopo un processo nel quale le irregolarità e le discriminazioni furono all’ordine del giorno, da una giuria formata da soli bianchi di Fargo, città nota per i sentimenti anti-indiani, e da un giudice noto per il suo razzismo.

Furono utilizzate testimonianze discordanti e palesemente pilotate. A Leonard Peltier fu sempre negata la revisione del processo, nonostante nuove testimonianze e prove lo scagionassero. Oggi, dopo quaranta anni di carcere duro e lunghi periodi di isolamento, Leonard Peltier continua a subire l’ingiustizia di vedersi negata la libertà a causa del suo essere nativo americano, di aver vissuto in una riserva indiana, di aver lottato per i diritti del popolo al quale appartiene. Un popolo fiero che è stato massacrato, brutalizzato, umiliato e ridotto, dal “progresso” del quale erano portatori i “bianchi” e la loro società capitalista, a sopravvivere in assenza di diritti e senza un futuro degno di questo nome.

Leonard Peltier è il simbolo della discriminazione e del razzismo che ancora oggi sono caratteristiche radicate nella società statunitense. È la prova che i diritti umani non vengono rispettati in quel paese che pure è considerato esempio della democrazia e della civiltà occidentale e che vuole imporre il proprio modello a tutto il mondo. L’ingiustizia che ha subito e continua a ricevere Leonard Peltier è figlia della mentalità che è propria di chi si crede “padrone del mondo”, di quella crudele superiorità che porta gli Stati Uniti (e i suoi vassalli) a “esportare la democrazia” con guerre imperiali che servono a sottomettere chi non segue il loro modello e creano milioni di morti.

Leonard Peltier, oggi, è un uomo di quasi 75 anni che ha vissuto 43 anni in prigione perché ha avuto il torto di nascere nella parte sbagliata del mondo e l’ardire di lottare per il riscatto del suo popolo. Questa è la sua vera colpa, non altre. Ed è per questo che ogni sincero democratico dovrebbe alzare la voce e chiedere, anzi pretendere, la sua liberazione immediata. La deve pretendere abbattendo il muro di indifferenza, silenzio e omertà che avvolge la storia di Leonard Peltier per non perdere quel residuo di umanità e di giustizia che ancora esistono e per le quali è necessario lottare sempre.

Leonard Peltier non è stato fiaccato da quel potere spaventoso che gli ha rubato la libertà perché voleva vivere a testa alta. Leonard Peltier è rimasto un Uomo libero perché non si è mai piegato e, anche se hanno tentato in ogni maniera di umiliarlo, ha mantenuto gli ideali di quando era giovane. È un Uomo libero perché ha ancora l’invincibile volontà di lottare per i diritti del suo popolo nonostante tutto quello che ha dovuto subire e che ancora subisce. È un Uomo libero perché non è mai stato sconfitto.

Leonard Peltier ha vissuto sempre con dignità e senza sottomettersi a chi lo voleva annientare. È l’esempio vivente che non ci si deve mai arrendere alle ingiustizie. Di fronte alla sua lotta non possiamo restare indifferenti.

E proprio perché hanno tentato di cancellare la sua intelligenza e la sua integrità rubandogli la libertà, noi possiamo e dobbiamo stringersi al suo fianco e gridare forte “Libertà per Leonard Peltier”.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.