Nucleare, Lorenzoni (Portavoce opposizioni) invita i comuni veneti a farsi sotto

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bollettino nucleare
Arturo Lorenzoni

“Invito i Comuni del Veneto che ritengono di poter ospitare un impianto nucleare, di piccola taglia naturalmente, a manifestare la propria candidatura, per non perdere altro tempo: renderanno il percorso di decarbonizzazione concreto, come richiede il presidente Meloni”.

Così il consigliere regionale Arturo Lorenzoni dopo che il governo italiano ha inviato a Bruxelles l’1 luglio l’attesissimo aggiornamento del PNIEC, il Piano Integrato Energia e Clima, previsto dalla direttiva UE 2018/2001, che disegna la strategia energetica nazionale al 2030 con un occhio pure alla neutralità climatica inseguita al 2050 (leggi qui).

“L’obiettivo posto per il 2030 – ancora il consigliere regionale – è una quota di energia da fonti rinnovabili finali lordi al 39,4%, il doppio circa dell’attuale, con una penetrazione delle fonti rinnovabili nella produzione di energia elettrica del 64%, dal 40% circa di oggi. E già che ci siamo, pure se c’è qualche banca che aspira a finanziare il progetto di impianto nucleare si faccia sotto, così non mancheranno le risorse per l’energia del futuro”.

Lorenzoni prosegue: “Complessivamente c’è una revisione degli scenari della versione precedente del PNIEC del 2019, con minor riduzione delle emissioni, minor riduzione dei consumi e minor penetrazione delle fonti rinnovabili, per rendere più realistico il percorso di decarbonizzazione. Io direi più blando e meno efficace, rendendo più sfuocati gli obiettivi e soprattutto procrastinando scelte di indirizzo attese dagli investitori e dagli amministratori locali.

Ma la vera novità è che il nuovo PNIEC introduce una quota di generazione elettrica da nucleare, quale possibile ulteriore contributo alla decarbonizzazione. Il nuovo PNIEC punta, infatti, allo sviluppo di tutte le fonti, senza preclusioni e in particolare introduce lo scenario sull’energia nucleare, sia da fissione nel medio termine (a partire dal 2035) che da fusione (a ridosso del 2050), che ci fa guardare avanti a un futuro possibile.

Un salto in avanti incredibile: immaginare tra undici anni un impianto nucleare funzionante in Italia richiede veramente un’accelerazione mostruosa della messa a punto della tecnologia (oggi le tecnologie di fissione a cui aspira il Governo non sono commercialmente disponibili), ma soprattutto amministrativa.

Con una decina d’anni per la costruzione, significa rivedere la normativa nazionale e avviare il processo autorizzativo nell’arco di un paio d’anni. Ottenere l’autorizzazione in questi tempi sarebbe invidiabile persino per un impianto fotovoltaico su tetto. Non infierisco sulla fusione, che tutti auspichiamo. Per i nostri nipoti. Ma il governo va sostenuto nelle sue scelte, se condivise: nei prossimi giorni dovrebbe uscire (speriamo, lo si attende da anni) il decreto che identifica le aree idonee all’installazione di impianti di produzione di energia, con l’identificazione di aree di accelerazione ove l’iter autorizzativo è semplificato.

Per i Comuni veneti è appunto giunto il momento di manifestare la propria candidatura – aggiunge il consigliere Lorenzoni -. Perché nel nostro Paese non si ascolta chi conosce bene il mondo dell’energia e ci si incroda in scelte dal sapore politico, come si fece con l’olio combustibile negli anni Settanta o con il gas negli anni Novanta? Ripetere gli errori del passato inseguendo tecnologie che piacciono alla politica e non alla gente, non aiuta la nostra economia, la soffoca.

Ci si concentri – conclude Lorenzoni – sugli investimenti che oggi i privati sono in grado di fare senza aiuti pubblici e li si faciliti rimuovendo la burocrazia: basta questo per la transizione energetica, null’altro”.