Fondo Indennizzo Risparmiatori (FIR): ultimo atto? Conviene al MEF e al governo economizzare sui residui non distribuiti ai traditi dalle banche…

MEF silente sui residui del FIR nonostante le sollecitazioni, sia pure con gradi diversi di pressione, di Zanettin, Cappelletti, Associazioni dei consumatori e degli utenti del CNCU. Ma Cavallari con Miatello e Zaggia scrive di nuovo al Ministero.

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Fondo Indennizzo Risparmiatori, risparmio tradito: risparmiatori azionisti e obbligazionisti banche venete manifestano a Vicenza
Risparmiatori azionisti e obbligazionisti banche venete manifestano a Vicenza

Le attivissime chat delle associazioni dei risparmiatori sono silenti, la stampa ha fatto calare un velo di silenzio sull’intera vicenda, a Roma la Commissione tecnica della CONSAP ha esaurito compiti e funzioni per il Fondo Indennizzo Risparmiatori (FIR), la gente pare quasi rassegnata alla percentuale da curatela fallimentare del 40% ottenuta, il MEF non dice più nulla.

Questo in poche parole lo stato dell’arte di una battaglia durata cinque e più anni di cui stanno scomparendo lentamente le tracce e forse anche la memoria.

I silenzi non preludono quasi mai a nulla di buono, si preferisce fare spallucce e cambiare strada: a volte perché non si ha più nulla da dire, altre perché tutto sommato si dice che va bene così e di più non si poteva ottenere, altre ancora per il solito banalissimo ossequio al potente di turno che non batte ciglio volendo ottenere un ben preciso risultato.

Ne sa qualcosa il senatore vicentino di Forza Italia, Pierantonio Zanettin, che con i suoi Ordini del giorno era riuscito ad impegnare il Governo a far rivedere le posizioni dei “bocciati del FIR”, (salvo poi dichiarare in camera caritatis anche a chi più lo ha stimolato nella sua azione addirittura appoggiandone il partito alle ultime elezioni comunali a Vicenza salvo venirne poi “scaricato”, ndr), che “più di così non si poteva fare”). E, infatti, ad oggi agli Ordini del Giorno non è seguita alcuna iniziativa da parte del Governo, che FI sostiene.

A maggior ragione cosa poteva fare l’opposizione da cui, pure, si sono levate voci di protesta da parte del deputato Enrico Cappelletti del Movimento Cinque Stelle, che aveva presentato un’interrogazione parlamentare riguardante i 200 milioni di residuo del Fondo per capire cosa ne fosse successo, ma senza ottenere alcuna risposta dal MEF.

Non che ad altri sia andata meglio intendiamoci: il Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (il CNCU, organo rappresentativo delle associazioni dei consumatori e degli utenti a livello nazionale) ha esposto al MEF suoi cahiers de doléances, quaderni delle lamentele, onnicomprensivi di specifiche richieste, che vanno da un riesame delle istanze al fondo dei bocciati (circa diecimila), al riparto dei residui. Pure in questo caso si è assistito al solito spettacolo, ossia il nulla.

Come nulla è stato risposto a quanto già chiesto pubblicamente al MEF su altre possibilità su questa testata (“Frodi  finanziarie: TAR e Consiglio di Stato bocciano il MEF dal… 2005 e riaccendono speranze risparmiatori. Non solo delle Popolari in LCA“), che ancora lotta per informare (qui gran parte delle centinaia di news e delle battaglie sul FIR, ndr) chi ha pagato le conseguenze della mala gestio e del peggior controllo sistemico delle banche, in primis quelle Popolari venete, ma anche quelel dell’Italia centrale (Carife, Etruria, CariChieti, Banca Marche) e poi messe in LCA con danni ulteriori ai titolari delle loro azioni, spesso finanziate con i risparmi anche di una vita

Di recente chi vi scrive è, comuqnue, tornato alla carica scrivendo al Ministero dell’Economia e delle Finanze anche grazie all’appoggio di Patrizio Miatello (Associazione Ezzelino Da Onara ) e Milena Zaggia (Movimento Risparmiatori Traditi): ad oggi si è in attesa di una replica dal Ministero che… tarda ad arrivare.

Insomma una parte, sia pur minuta, dei parlamentari, dal centro destra (in maniera soft visto il coinvolgimento governativo) al centro sinistra del M5S, più critico ma impotente all’opposizione, e le maggiori sigle consumeristiche, quelle del CNCU, le uniche riconosciute proprio a livello proprio ministeriale (anche se pure qui andrebbero evidenziati dei distinguo tra le più decise, quelle indipendenti, e quelle in qualche modo pilatesche vicine ad alcuni sindacati della “vecchia” triplice sindacale, ndr) sono in attesa di un cenno dall’alto che non sembra arrivare. La cosa preoccupa non poco e lascia spazio ad un silenzio inerte e rassegnato.

Ovviamente così non va, lo scrivo sulle pagine di questo giornale, che è stato sia testimone che protagonista coraggioso di tutta la vicenda: non può non levarsi una voce di protesta, checché ne dica la nota giornalista Milena Gabanelli che in un suo recente articolo ha auspicato una diversa destinazione delle risorse residue della 145/2018, la legge che istituiva il Fondo Indennizzo Risparmiatori, sia pure con tante carenze, tra cui quella di base di non riconoscere il 100% della “perdita” a chi è stato tradito dalle banche sui cui titoli aveva “depositato” i suoi risparmi e/o guadagni, non certo con scelte speculative ma fidandosi dei controlli interni e del Sistema su quelle banche, null’altro potendo fare di diverso visto che quelle azioni non erano liberamente commerciabili in Borsa.

Ma qui veniamo ad un tema delicato che potrebbe spiegare l’arcano.

Forse non è chiaro a tutti un dettaglio della legge istitutiva del Fondo che al comma 503 dice: “Le somme non impegnate al termine di ciascun esercizio finanziario sono conservate nel conto dei residui per essere utilizzate negli esercizi successivi”.

Vediamo allora in fondo* cosa sono e che fine fanno questi residui.

Per intenderci, quindi, dei residui non impegnati lo stato fa “economia“ al secondo esercizio successivo a quello di stanziamento: quindi il rischio che i fondi FIR (Fondo Indennizzo Risparmiatori) svaniscano è reale., conviene al Governo

Sarebbe interessante capire se nelle more delle norme, sopra ricordate, il MEF abbia o no adottato Decreti ministeriali al fine di determinare l’ammontare dei residui passivi e se fra questi vi siano i fondi FIR, o se addirittura di qualche parte di tali fondi sia già stata fatta “economia“.

In tal caso, purtroppo, si spiegherebbe il prolungato silenzio degli apparati ministeriali e delle forze di maggioranza sui residui del Fondo Indennizzo Risparmiatori.

Resta, però e almeno, un’esigenza di trasparenza che merita rispetto, non fosse altro per le tragedie familiari ed umane che i crac bancari, con le complicità del Sistema mai accertate forse anche perché mai… indagate) hanno contribuito a creare.


*Residui cosa sono e “dove vanno a finire”

“I residui passivi sono l’espressione di spese già impegnate e non ancora ordinate ovvero ordinate ma non ancora pagate e, pertanto, rappresentano debiti dell’amministrazione nei confronti di terzi. Peraltro, i residui passivi comprendono anche somme che non corrispondono a debiti giuridicamente sorti nei confronti dei terzi: è il caso dei residui di stanziamento. I residui di stanziamento corrispondono a spese previste in bilancio per le quali non si è ancora avuto l’impegno. Si tratta, quindi, di spese già stanziate ma per le quali non è stata ancora delineata la figura del creditore. Attualmente, la formazione di questo tipo di residui è prevista solo per i capitoli di spesa in conto capitale e per alcune particolari tipologie di spese correnti oggetto di norme specifiche. In particolare l’art. 36 del regio decreto 2440/1923 (e successive modificazioni e integrazioni), che disciplina l’amministrazione del patrimonio e della contabilità generale dello Stato, stabilisce che i residui per spese in conto capitale non ancora impegnate… possono essere mantenuti in bilancio non oltre l’esercizio successivo a quello di stanziamento, a meno che non siano iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell’ultimo quadrimestre dell’esercizio precedente; in tal caso il tempo di iscrizione dei residui, è protratto di un anno. I residui di stanziamento diventano economie alla chiusura dell’esercizio successivo al loro stanziamento qualora non vengano impegnati. Stessa disciplina si applica ai residui di stanziamento di parte corrente per i casi previsti dalla normativa vigente. L’ammontare dei residui passivi, per ogni capitolo di bilancio, è determinato con decreto ministeriale registrato dalla Corte dei conti. L’accertamento contabile dei residui passivi è operato dagli uffici centrali di bilancio (art. 53 del regio decreto2440/1923). I residui passivi di parte corrente vengono mantenuti in bilancio per due esercizi finanziari successivi a quello in cui è intervenuto il relativo impegno; quindi, vengono considerati perenti ed eliminati dalle scritture relative al bilancio dello Stato. I residui delle spese correnti non pagati entro il terzo esercizio successivo a quello cui si riferiscono, si intendono perenti agli effetti amministrativi. R. D. n. 827/1924, articoli 264 e 265. R.D. 2440/1923, articoli 36 e 53. (così Reiscrizioni in bilancio di residui passivi perenti agli effetti amministrativi e relativo pagamento – Direzione Generale per la lotta alla povertà e la programmazione sociale)