(Adnkronos) – La pugile algerina Imane Khelif, dal punto di vista fisico, può avere, “un lieve vantaggio. E’ innegabile”. Ma è altrettanto innegabile che “le persone intersex e transgender esistono. E hanno diritto di fare sport e gareggiare a qualsiasi livello”. A dirlo, all’Adnkronos Salute, poco prima dell’incontro di boxe tra la pugile Imane Khelif, atleta intersessuale (persone nate con caratteristiche – genitali, cromosomi, ormoni – non riconducibili univocamente ad uno dei due generi) che a Parigi ha sfidato l’italiana Angela Carini, che si è poi ritirata, è Manlio Converti, psichiatra e presidente di Amigay aps, associazione di medici e professionisti della sanità Lgbti e frendly. “L’inclusione è molto più importante di una differenza fisica lieve – afferma Converti – che può essere paragonata a quella tra le diverse etnie: un africano in alcune discipline è senza dubbio avvantaggiato rispetto a un cinese ma a nessuno verrebbe in mente di non farli competere”. “Al di là del caso specifico le differenze ormonali tra esseri umani – aggiunge Converti – sono un continuum tra il femminile e il maschile, qualunque sia il patrimonio cromosomico e genetico. E’ molto più importante garantire a chiunque la partecipazione. Più che criteri di esclusione dobbiamo inventarci dei criteri di inclusione. L’alternativa è creare medaglie per ogni differenza di genere e per ogni etnia perché, ripeto, c’è una ‘gradazione’ cromosomica e ormonale che avvantaggia, rispetto allo sport alcune etnie”, aggiunge Converti sottolineando che nelle vittorie sportive oltre al fisico contano anche altre caratteristiche degli atleti. Inoltre “non bisogna pensare solo alle campionesse mondiali, bisogna pensare a tutte le persone che fanno sport ai diversi livelli, sin da giovanissimi e al valore dell’inclusività nelle attività sportive che ha un peso importante”, conclude. —sportwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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