Da Santanchè a Sangiuliano, la santità non è di questo governo. La vendetta della Boccia è un piatto che si gusta su Instagram

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Gennaro Sangiuliano con Maria Rosaria Boccia al San Domenico Palace di Taormina (credit profilo Instagram Boccia)
Gennaro Sangiuliano con Maria Rosaria Boccia al San Domenico Palace di Taormina (credit profilo Instagram Boccia)

Eppure, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano avrebbe dovuto conoscere le immortali parole di William Congreve, celebre drammaturgo Inglese: “Il cielo non ha collere paragonabili all’amore trasformato in odio, né l’inferno ha furie paragonabili a una donna respinta“.

Purtroppo, invece, pare di no: diversamente, non avrebbe intessuto relazioni clandestine con una bionda erinni personificazione femminile della vendetta – al secolo Maria Rosaria Boccia – portandosela in giro ad ogni evento pubblico o privato, da Pompei alla Liguria, promettendole mari, monti e  nomine ministeriali, salvo poi ritrattare tutto, una volta che stampa, moglie e Premier (l’ordine è incerto) sono venute a sapere della sua esistenza.
Colto in fallo (vabbè, perdonatemi), Sangiuliano ha subito rimembrato altre immortali parole, quelle di un ben più noto fedifrago, Silvio Berlusconi: Negare! Negare sempre, negare anche l’evidenza! 
La Boccia però non è un’Olgettina qualsiasi e a qualsiasi affermazione o negazione del povero Genny, replicava per tabulas sui suoi social, sbugiardandolo.
Lui diceva che l’aveva conosciuta a marzo? Lei postava una foto dell’anno prima. Lui giurava che non aveva preso parte ad attività istituzionali? Lei postava documenti del ministero. Lui negava qualsiasi promessa di nominarla consulente? Lei pubblicava mail ed audio registrati, in uno stillicidio di sputtanamenti tale che ha trasformato l’oscura pagina Instagram di Maria Rosaria in una sorta di compulsata Mecca del Gossip, che Ferragnez levatevi proprio!
Tutto questo, in una manciata di giorni di fine estate, fino alle finte dimissioni, alle confessioni, alle scuse e alle lacrime in TV, con la netta affermazione, tuttavia, di non essere ricattabile (salvo che escano certi audio, la cui diffusione dice però costituirebbe reato).
Ora, nel nostro piccolo, non ci sogneremmo mai di chiedere le dimissioni di Sangiuliano. Anche perché, figuriamoci, non le ha date neppure la Santanchè a cui viene contestato mezzo codice penale. A Genny, al massimo, si può contestare di avere ragionato col pene, ma, se questo bastasse per lasciare l’incarico, temiamo che le nostre Istituzioni sarebbero desertificate.
Ci piacerebbe, però, vederlo meno garrulo e giulivo, in giro per kermesse e festival vari e più chino e concentrato a lavorare sulla promozione della Cultura nel nostro Paese. Così, ma giusto perché lo paghiamo per quello.
Insomma, sant’Agostino pregava dicendo “rendimi casto, Signore, ma non subito“.
Per san Giuliano, subito è arrivato, suo malgrado.