Nadia Chiarello, disposta la riesumazione della salma: nuova luce sul cold-case dopo 45 anni? Criminologo Genovese: “Possibile scrivere un’altra storia”

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Nadia Chiarello
Nadia Chiarello (archivio)

La Procura della Repubblica di Vicenza ha disposto la riesumazione della salma di Nadia Chiarello, vicentina trovata morta a soli 17 anni in un fossato nei pressi della zona industriale di Agro, a Chiampo, nel 1979.

Lo riportano le principali testate giornalistiche del territorio circa uno dei cold case più noti del territorio del quale da queste pagine ci siamo già occupati. Lo scorso giugno, infatti, la nostra Giulia Guidi, in un suo articolo consultabile cliccando qui, ricostruiva per noi l’intera, intricata vicenda.

Secondo quanto si apprende, la riesumazione dei resti potrebbe avvenire venerdì 20 settembre 2024. Del caso si occupa il PM Elena Pinna, che conferirà un incarico all’anatomopatologo dell’università di Padova Giovanni Cecchetto. Alle operazioni pertiali dovrebbero presenziare anche i consulenti della famiglia Chiarello: l’avvocato Chiara Parolin e l’associazione Penelope.

Quest’ultima, che offre supporto alle famiglie di persone scomparse, di recente ha depositato in procura a Vicenza una consulenza redatta dal criminologo forense Edoardo Genovese e nella quale si ipotizza che Nadia Chiarello non sia stata vittima di un incidente, bensì uccisa per motivi oscuri.

Giulia Guidi, nella sua ricostruzione già citata, scriveva: “La famiglia ha chiesto anche l’aiuto del criminologo Edoardo Genovese, ma «solo il corpo di Nadia può raccontarci, grazie alla scienza odierna, qualcosa in più su cosa le accadde in quel maledetto 10 gennaio. Per questo stiamo ancora aspettando le decisioni della procura di Vicenza, che ha riaperto il caso nel 2021» spiega l’avvocata (Chiara Parolin).

Alla luce di quanto emerso negli anni, e vista l’estrema superficialità delle indagini, è lecito ipotizzare che Nadia Chiarello non sia stata investita e che le sia successo qualcosa di terribile all’interno del suo posto di lavoro.

Quello che è più difficile delineare, però, è il movente: «Nadia aveva scoperto qualcosa? Era troppo presto per i traffici della Mala del Brenta nella zona, che coinvolgeranno i conciari solo più avanti. Era troppo presto soprattutto per eventuali reati ambientali, che non esistevano. Beghe di evasione?».

«Anche questo mi sembra improbabile – analizza Parolin -. Forse un’avance sessuale finita tragicamente ma, allora, perché far trovare il corpo proprio lì?». I protagonisti della vicenda sono tutti morti, tranne don Luigi Setti. Che, però, non parla”.

E questa mattina, il criminologo consulente della famiglia ha scritto su Facebook: “Un plauso alla Procura di Vicenza che ha deciso di dare una risposta significativa ai tanti dubbi che abbiamo sollevato insieme all’avvocato Chiara Parolin. La riesumazione dei resti della povera Nadia e il nuovo esame autoptico potrebbero riscrivere tutta un’altra storia.

Per la Famiglia di Penelope, oggi, è una giornata importante. È stato un momento molto intenso! Sempre al fianco di Mamma Iole, 86 anni, esempio di solidità, e alla figlia Barbara, una leonessa per definizione, che da 45 anni si battono con determinazione e coraggio per arrivare alla verità! Amici mai perdere la speranza, la verità è una strada in salita”, ha concluso Edoardo Genovese.