Archiviazione processo Marlane Marzotto bis, le motivazioni del giudice: “Nessun nesso causale tra lavoro e tumori”

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La vecchia fabbrica Marlane Marzotto a Praia a Mare (Cs)

Impossibile stabilire un legame tra lavoro e tumori: così – in estrema sintesi – il Gip di Paola ha motivato l’archiviazione del Marlane Bis. È delle ore scorse la notizia – battuta anche da ViPiù, da sempre attenta alla vicenda – della decisione del Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Paola, in provincia di Cosenza, Carla D’Acunzo, di disporre l’archiviazione per gli indagati nel procedimento calabrese.

Non andranno dunque a processo Vincenzo Benincasa, Salvatore Cristallino, Ivo Comegna, Carlo Lomonaco, Attilio Rausse, Silvano Storer ed Ernesto Antonio Favrin. Quest’ultimo – lo ricordiamo – è l’attuale proprietario del Gruppo Marzotto (leggi qui), che deteneva lo stabilimento calabrese negli anni oggetto dei presunti reati contestati. Nel procedimento, con lui, altri dirigenti dello stabilimento tessile di Praia a Mare.

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Il Gip paolano era chiamato a decidere se accogliere la richiesta di archiviazione del procedimento avanzata nei mesi scorsi dal PM, dopo le relazioni dei consulenti, oppure procedere al rinvio a giudizio delle sette persone indiziate. Gli indagati avrebbero dovuto rispondere delle accuse di omicidio colposo e lesioni colpose derivate, ben 7 anni fa, da nuove denunce presentate alla Procura della Repubblica di Paola da ex operai e congiunti dei deceduti a proposito di una quarantina di morti o ammalati per tumore come conseguenza dell’esposizione a sostanze chimiche utilizzate nei processi di produzione della Marlane.

Una quarantina di nuovi morti o ammalati per tumore, dopo gli oltre cento presunti danneggiati, che furono “tacitati” con un importo concordato a ristoro dai responsabili civili del processo Marlane 1, Eni e Marzotto (a questo link la notizia dell’accordo, nel 2013).

Ecco alcune dettagli che emergono dalla lettura del dispositivo con il quale lo scorso 20 settembre il Gip di Paola ha disposto l’archiviazione del Marlane Bis.

Nelle motivazioni della decisione, il Giudice per le Indagini Preliminari di Paola, focalizza, citando la giurisprudenza della Corte di Cassazione, il nodo della questione, che è la dimostrazione certa del nesso causale tra l’esposizione a una determinata sostanza chimica durante il lavoro e l’insorgere della malattia per ogni singolo lavoratore (causalità individuale), anche dimostrando con eguale certezza che la malattia non sia provocata da altre cause.

I principi così espressi – scrive il Gip calabrese – rendono particolarmente serio e vincolato l’accertamento del nesso causale, in quanto di regola, come nel caso che ci occupa, la verifica del nesso attiene a patologie multifattoriali, per cui sarà (oltre al quadro del ragionamento causale descritto) necessario anche dimostrare l’esclusione di cause diverse da quella lavorativa nella causazione dell’evento”.

E ancora: “Bisogna quindi accertare che quel determinato lavoratore sia stato esposto in quel determinato modo a quella determinata sostanza, di cui sia accertata natura, caratteristiche e quantità, e che in quel contesto determinato a livello spazio-temporale, nel detto lavoratore, quella esposizione abbia causato la malattia, escludendosi altre possibili cause della stessa”.

Non solo. Sempre in base alla giurisprudenza consolidata, il Gip ha tenuto in conto anche il confronto tra il periodo di iscrizione degli indagati e il periodo di lavoro del singolo lavoratore, concludendo che: “Invero, il lasso temporale che incorre tra l’attività prestata (o la cessazione dell’attività) e la ritenuta insorgenza della patologia è talmente ampio da escludere in radice alcuna prognosi di condanna, anche se si dimostrasse l’utilizzo di quella determinata sostanza da parte di quel determinato lavoratore astrattamente causativa della malattia specificamente sofferta dal detto lavoratore, perché in un lasso temporale così ampio sarebbe impossibile escludere, con oggettività giuridica, il concorso di altre cause a determinare o accelerare la causazione, in termini giuridicamente rilevanti come chiarito, della malattia. E anche laddove non emerge questo rilevante intervallo, in ogni caso mancherebbe tutto quanto necessario a ricostruire la causalità individuale, non fuoriuscendosi dal mero giudizio (anch’esso per nulla scontato) della causalità generale, non sufficiente a provare il nesso causale del caso concreto”.

Ha inoltre pesato per il giudice, richiamando l’articolo 408 del cpp (Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato) quanto stabilito dalla sentenza irrevocabile del Processo Marlane 1, della quale le opposizioni hanno avanzato una lettura diversa.

Inoltre, le investigazioni svolte nell’ambito del secondo procedimento, oggetto come detto di archiviazione, non forniscono alcun sostegno all’ipotesi accusatoria, non consentendo in alcun modo di formulare un giudizio di causalità individuale. Compresi – si legge nella decisione – la documentazione tecnica, le dichiarazioni acquisite e l’incidente probatorio svolto.

La sentenza di primo grado del giudizio che ha già interessato responsabili e dipendenti della industria Marlane evidenziava che sia il dato storico che il dato tecnico fossero viziati sin dall’origine, per impossibilità di ricostruire nel tempo e nello spazio le condotte di lavoro, non potendosi, in assenza di dati storici e tecnici certi, ricostruire quanto occorso per deduzione. Come chiarito ed emerso, inoltre, l’attività dell’azienda cessava nell’anno 2004, avendo già nel 1997 avuto una significativa battuta di arresto, per la chiusura dei reparti di tintoria. Se i prelievi e gli accertamenti fatti negli anni 2006 e 2007 nulla hanno potuto riferire in punto di imputazioni quali quelle qui in esame (si evidenziava, invero, come la distanza temporale dai fatti non consentisse alcun accertamento in termini di certezza, tenuto conto anche delle modificazioni del contesto indagato), ancor meno sarebbero in grado di dire oggi, alla luce anche degli esiti degli accertamenti proprio operati nel presente procedimento, a distanza di molti anni dalla chiusura dello stabilimento”.

È sulla base di queste ultime considerazioni che il giudice ha ravvisato la mancanza di opportunità di svolgere ulteriori indagini, poiché “nulla aggiungerebbero alle risultanze descritte e alcun elemento utile apporterebbero rispetto alla ricostruzione della vicenda in esame”.

Tenuto conto di tutto ciò, quindi, D’Acunzo ha disposto l’archiviazione del procedimento preliminare ribattezzato sin dall’inizio “Marlane Bis” (sono serviti 7 anni, ndr) e ha ordinato la restituzione degli atti al Pubblico Ministero.

Come riferito da queste pagine in altri articoli, le accuse del Processo Marlane Bis ricalcavano quelle del primo procedimento, conclusosi con l’assoluzione in due gradi di giudizio di tutti gli imputati per tutti i reati che andavano dall’omicidio colposo al disastro ambientale e alla rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro.