Secondo i comitati genitori sono circa 100 le famiglie di Vicenza che hanno disdetto il servizio mensa scolastica. Molte altre chiedono maggiori informazioni al Comune sul da farsi qualora intenzionati a non usufruirne o di aderire solo in un secondo momento.
L’argomento molto discusso, tiene ancora banco, mentre si avvicina il termine ultimo 30 settembre, per saldare la retta nelle modalità contemplate (annuale o rate bimestrali) e, intanto, emerge anche che dal municipio stanno contattando le famiglie che hanno presentato disdetta del servizio. Si punta a capire il “perché”.
Su Il Corriere del Veneto di oggi si legge: “Pur dall’esterno dell’arena politica, persona informata se non altro per l’esperienza nella gestione delle mense durante la pandemia Covid è l’ex assessore all’Istruzione Cristina Tolio (giunta Rucco), che prima della pensione era insegnante. «Mi risulta, anche sulla base di coloro che in questi giorni stanno pranzando con alimenti portati da casa, che i numeri siano più alti rispetto a quelli che emergono dall’amministrazione – dice -. Ci sono stati genitori che si sono rivolti al Sian (Servizio igiene, alimenti e nutrizione, Ndr ) chiedendo un parere alla Regione, la quale ha risposto che è lecito il pasto da casa purché i genitori si assumano la responsabilità. Il che è ovvio».
La riflessione di Tolio va oltre. «Fossero poche o tante le famiglie a rinunciare alla mensa, comunque è stato creato un precedente – spiega -. Una mamma mi ha detto: “Io non ce la faccio per ragioni di lavoro a fare auto-refezione, altrimenti la faremmo”. In altre parole, sacrificando sull’altare del bilancio un’esperienza come la mensa abbiamo perso sul piano dell’ugualianza».
Il riferimento al bilancio è naturalmente alla ragione principe che ha spinto il centrosinistra a passare da un modello «a pasto» a un modello «a servizio»: abbattere l’evasione e sostenere l’incremento dei costi. Dice Tolio: «Prendiamo l’esempio della gita, che è un’opportunità. Da insegnante ho sempre detto che o gli alunni vanno tutti o aiutiamo chi non può permetterselo. In caso contrario da ambiente educativo la scuola diverrebbe ambiente discriminante».
Ma spiega Tolio «il servizio mensa non è la stessa cosa, è tempo scuola. Trentacinque anni fa il tempo pieno partiva solo se le amministrazioni riuscivano a garantire la mensa altrimenti il ministero non dava il via libera. Che senso ha fare il tempo pieno oggi se parte della popolazione scolastica vi rinuncia? A chi di dovere offro questo consiglio: meno feste più servizi primari». E il pensiero corre ai 36 mila euro, per voce dell’assessore alle Politiche giovanili Leonardo Nicolai, che il Comune ha appena «investito» sul festival Hangar Palooza”.
Fonte: Il Corriere del Veneto