(Adnkronos) – “Non penso che le piazze a sostegno della causa palestinese possano mettere a repentaglio la democrazia italiana. Sono sicuro che il 90% dei manifestanti che gridano ‘from the river to the sea’ non sappiano nulla della storia di questa terra. Ma l’ignoranza non è un buon motivo per impedire a qualcuno di esprimere il suo pensiero”. Assaf Godo, ingegnere e attivista israeliano, è il fratello di Tom, ucciso il 7 ottobre del 2023 dai miliziani di Hamas nel kibbutz di Kisufim. “Fu la moglie Limor, verso mezzanotte, a comunicarmi via telefono la notizia della sua morte. Lei era riuscita a scappare dal kibbutz…” racconta Godo in un’intervista all’Adnkronos. A un anno dall’attacco contro Israele – nel quale morirono circa 1.200 persone e ne furono rapite 250 – Roma si blinda per ragioni di ordine pubblico: i manifestanti pro-Palestina hanno scelto di sfilare in corteo nonostante il divieto delle autorità, dovuto al rischio che l’iniziativa potesse trasformarsi nella celebrazione di un massacro. Assaf Godo, però, dice di non condividere la decisione: “La democrazia ha il dovere di difendersi contro la retorica antidemocratica e di certo contro fatti che la indeboliscono. Ci dobbiamo chiedere se dimostrazioni a sostegno della causa palestinese mettano a rischio la democrazia italiana. Io penso di no”. Tuttavia, osserva l’ingegnere israeliano, “chi esalta il 7 ottobre non vuole capire quello che è successo. Si può criticare, essere contro Israele. Ma il 7 ottobre c’è stata una cosa più grande di quanto si possa immaginare. E’ stato come l’11 settembre per noi. Le persone che esaltano quel giorno, che dicono che è stato l’inizio di una liberazione, sono persone ignoranti che non vogliono sapere la verità”. Assaf Godo ha vissuto per diversi anni a Milano, dove la sua famiglia si trasferì quando lui era bambino. Pensa che l’antisemitismo sia cresciuto in Italia, Paese che lei conosce bene? “Da quello che si vede da qui in Israele sembra che l’antisemitismo sia cresciuto ovunque, non solo in Italia. Ma l’antisemitismo non ha mai avuto bisogno di qualcosa di specifico per crescere. Se non è Israele, allora è la crisi economica e se non è l’economia, allora è la pandemia o gli immigrati o qualsiasi cosa che ti viene in mente. E’ ovvio – sostiene Godo – che gli ebrei non hanno niente a che fare con la situazione in Medio Oriente, però se questo argomento serve a un politico lo userà, non importa se sia di destra o di sinistra. Non fa differenza”. Molti osservatori ritengono che Israele abbia compiuto crimini di guerra nella sua offensiva contro Hamas a Gaza: pensa che la risposta di Israele al 7 ottobre sia stata proporzionata? “Prima di tutto mi piacerebbe sapere cosa sarebbe proporzionato rispetto al massacro di anziani, giovani, donne, uomini, bambini e bebè, nelle loro case e durante le loro feste. 1.200 persone. 250 sono stati rapiti e tenuti sottoterra senza nessun contatto con il mondo. La risposta dovrebbe essere ‘proporzionata’ così che l’altro lato possa continuare a compiere altri 7 ottobre? Oppure la risposta dovrebbe essere estremamente sproporzionata, così da scoraggiarlo? La prima responsabilità del governo israeliano è verso gli israeliani e solo dopo vengono gli altri, palestinesi compresi. Il mondo non ha fatto nulla l’8 ottobre per costringere Hamas a restituire gli ostaggi. Né ha fatto qualcosa nei successivi 10 mesi per fermare Hezbollah, che ha cominciato l’8 ottobre a lanciare missili su Israele. Non vogliamo essere ‘proporzionati’, vogliamo vivere”. Israeliani e palestinesi possono convivere pacificamente? La pace è un obiettivo possibile? “Io non credo, non voglio credere in guerre infinite. La pace con l’Egitto – risponde Assaf Godo – è arrivata dopo anni di ostilità e dopo un’atroce guerra. Io credo che anche i palestinesi, la maggior parte di essi, vogliano vivere, lavorare, fare bambini e godersi la vita. E’ chiaro che avvenimenti estremi come il 7 ottobre e tutto quello che è arrivato dopo allontanano la possibilità di una convivenza. Di quanto? Anni? Decenni? Generazioni? Oggi non si può sapere. Se fosse per me, neanche di un giorno. Ma non sono io a decidere. I leader delle due parti sono estremisti che vogliono solo sangue e guerra, ma la mia risposta resta positiva: israeliani e palestinesi possono condividere questa terra in due Stati e con pacifiche relazioni. Ci sono tante ragioni contro, così come ci sono abbastanza ragioni pro. E’ l’eterna lotta tra il bene e il male”. Il governo italiano e la premier Meloni stanno dando il giusto supporto a Israele, secondo lei? “Non ho molta familiarità con quello che fa il governo Meloni. C’è una grande differenza tra quello che succede a Gaza e quello che succede con l’Iran e con il suo ‘proxy’ Hezbollah. Non penso che il mondo occidentale debba dare supporto a Israele ‘no matter what’, a qualunque costo. Il supporto automatico che da anni ricevono i palestinesi li ha più danneggiati che aiutati. La stessa cosa accade adesso con Israele. Non si deve dimenticare che il primo ministro di Israele sta cercando da anni di distruggere la democrazia qui, e per questo ha stretto un patto politico con i più grandi estremisti di destra (razzisti e ultrareligiosi) che ci hanno portato alla situazione in cui siamo. Quelli che sostengono Israele devono capire che allo stesso tempo si devono allontanare da Netanyahu. Il più possibile”. (di Antonio Atte) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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