Federico Pegoraro, in chiusura mandato alla guida dell’OPI di Vicenza, lancia l’allarme: “Pochi infermieri e troppe aggressioni”

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conferenza stampa Opi di Vicenza
Il presidente Pegoraro e il vice Bigarella alla conferenza stampa di fine mandato alla guida dell'Opi di Vicenza

Si sta per chiudere, con le elezioni già convocate per domenica 20, lunedì 21 e martedì 22 ottobre, il triennio 2021 – 2024, che ha visto alla presidenza dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Vicenza Federico Pegoraro, che termina così il quarto mandato consecutivo, il primo dei quali iniziato 13 anni fa, nel 2011.

Pegoraro, così come vicepresidente Stefano Bigarella, si ricandidano come consiglieri nella Lista unica presentata per le imminenti elezioni – che si svolgeranno presso la sede di Opi Vicenza, in viale Trieste 29 C -, ma hanno già dichiarato che non si ricandideranno alla guida dell’Ordine.

L’Opi a Vicenza conta oltre 6.200 iscritti suddivisi in due Albi: Infermieri (il più numeroso) ed Infermieri Pediatrici.

Pegoraro e Bigarella nella conferenza stampa di chiusura mandato hanno messo l’accento su alcune questioni importanti per la professione, alcune annose, altre emerse solo di recente. In particolare i temi affrontati sono stati la mancanza di infermieri, la carenza di iscrizioni ai corsi di laurea, le violenze nei confronti dei sanitari e gli ultimi sviluppi inerenti alla nascita della nuova figura professionale dell’Assistente Infermiere.

La mancanza di infermieri e la carenza di iscrizioni ai corsi di laurea

Federico Pegoraro sul tema dello scarso numero di infermieri ha ricordato che secondo i dati Ocse l’Italia è tra i Paesi europei con il minor rapporto infermiere ogni 1.000 abitanti. Per fare un esempio chiaro, in provincia di Vicenza, che conta 850 mila abitanti, secondo la media Ocse dovrebbero essere presenti almeno 7.800 infermieri, a fronte dei poco più dei 6.000 attuali. Mancano quindi quasi duemila infermieri, e la situazione va peggiorando. «Basti pensare – ha spiegato Pegoraro – che su 138 assunzioni deliberate dall’Ulss 8 nello scorso settembre, a seguito di un bando di Azienda zero, si sono presentati solo in 60. Stiamo parlando di assunzioni a tempo indeterminato. Per contro assistiamo ad un sempre crescente fenomeno di dimissioni dal settore pubblico, in favore di quello privato, oppure di pensionamenti». Contrariamente ad alcuni anni fa, anche le iscrizioni ai corsi di laurea stanno diminuendo: quelle al primo anno del corso di laurea di Vicenza sono state un’ottantina su 120 posti disponibili e almeno il 30% degli iscritti storicamente non giungono al termine del ciclo di studi.

«Dal mio primo mandato – ha osservato – siamo passati dall’ossessiva ricerca di infermieri docenti per i corsi, sempre overbooking, alle campagne di sensibilizzazione nelle scuole per cercare nuove iscrizioni. In quest’ultimo biennio, anche nelle nostre due sedi di formazione di Vicenza e Schio, come detto, non si è riusciti ad avere tanti iscritti quanti i posti disponibili. Le cause sono molteplici, alcune endogene al sistema, tra le quali non aiuta di certo l’entità dello stipendio e altre condivise con tanti altri settori lavorativi. Oggi i giovani cercano il miglior equilibrio lavoro/vita privata, a favore del proprio benessere: tempo libero, niente lavoro durante i week end, o di notte; la nostra è comunque una professione usurante, anche mentalmente, per definizione, perché ci mette in contatto con il dolore e la morte con un forte elemento relazionale nella cura dell’assistito».

Le violenze nei confronti dei sanitari

Pegoraro lo ha definito un tema drammaticamente di attualità, che va oltre i confini della professione e riguarda tutta la società italiana, coinvolgendo altre categorie professionali, per esempio gli insegnanti: «Dimenticato ormai il periodo Covid in cui eravamo Angeli, oggi subiamo aggressioni, verbali e fisiche, sia dai pazienti quanto dai loro accompagnatori, che siano parenti o meno. In realtà siamo due volte vittime: da un lato di un sistema sanitario pubblico, che com’è a tutti noto, vive un periodo non felice, in concomitanza peraltro con la fuoriuscita, volontaria o per motivi pensionistici di numerosi operatori sanitari, il che, unitamente ad altre problematiche, espone ad una serie di inevitabili disservizi; dall’altro, vittime ancora di una società in cui l’idea di cura si è trasformata in idea di guarigione».

I dati sono allarmanti: nel 2023 in tutto il Veneto sono stati segnalati 2.229 casi di aggressione, contro gli 800 denunciati nel 2022; per la provincia di Vicenza sono già oltre 200 da inizio 2024 nella sola ULSS 7 Pedemontana, e la professione infermieristica è colpita 3 volte di più di tutte le altre professioni e tra gli infermieri sono le donne a subire più aggressioni. «Il ricorso alle forze armate e ai vigilantes nei Pronto soccorso – ha aggiunto Pegoraro – è sicuramente una misura che in qualche modo può arginare la malattia ma non è sicuramente la cura per questo tipo di problematica che ha radici al di fuori del mondo della sanità, ma che ci ha comunque costretti in passato ad effettuare campagne nazioni e locali, realizzate e pagate anche dal nostro Ordine per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su questo tema».

Una nuova figura professionale, l’Assistente Infermiere.

L’Assistente Infermiere, ha chiarito ancora Pegoraro, si inserisce all’interno di un percorso intrapreso dalla Federazione Nazionale Ordini Infermieri volto a rispondere alla necessità di stratificare la professione infermieristica dal punto di vista organizzativo ed economico.

«Il prerequisito richiesto per accedere al percorso formativo di Assistente Infermiere, previsto in 500 ore di attività teorico-pratica, è la qualifica di OSS in possesso del diploma di maturità, con alcuni punti fermi: la formazione sarà presidiata da infermieri (il coordinatore del corso sarà un laureato magistrale in scienze infermieristiche ed ostetriche); i tutor saranno infermieri e la commissione d’esame sarà costituita con un rappresentante dell’Ordine al suo interno. Il nuovo contesto organizzativo dei luoghi di cura prevederà quindi, nel prossimo futuro, la presenza di un infermiere laureato magistrale a indirizzo clinico dedicato alla valutazione e gestione del paziente complesso e critico e di un infermiere laureato triennale garante della continuità assistenziale. L’assistente infermiere sarà a supporto, in via esclusiva, dell’infermiere, mentre l’OSS continuerà ad essere trasversale a tutte le professioni, per assicurare le attività di assistenza di base. Verrà pertanto assicurata tutta la catena assistenziale, differenziata per livelli di competenza, tale da garantire la massima efficacia e sicurezza nella presa in carico dei cittadini».