Cose che parlano. Che raccontano. Metafore. Allegorie. Cose che dicono “anche il Niente, quel Niente che è Tutto”. Cose che suona(va)no e che ora tacciono. Sono gli ottoni (trombe, trombini, cornette) schiacciati alla César Baldaccini del vicentino Gigi Lovato, esposti in questi giorni nella galleria del bar Minerva. Dopo una vita da imprenditore, o forse perché è stato un imprenditore giramondo, Gigi Lovato ha trovato nell’arte della trasformazione della materia il suo nuovo linguaggio pop.
“Ciascuna delle 18 opere esposte – spiega Lovato – ha una sua storia di viaggio. Ci sono trombe che ho recuperato da rigattieri del nord Europa, altre che provengono dagli Stati Uniti e persino dall’Asia. Perché proprio le trombe? Non c ‘è un perché a tutto, diceva il saggio. Diciamo che le trombe sono un Totem”. Insieme alle sue opere il settantenne Lovato ho voluto esporre un poster dei Beatles. “Mi piace pensare – aggiunge- che le mie trombe schiacciate, come la musica dei 4 ragazzi di Liverpool, abbiano il sapore di un’implosione silenziosa”.
Suoni “muti” che urlano. Trombe e trombini di varie forme e dimensioni che non suonano più, che ora vanno oltre il suono. Tacciono. E Urlano. Nel gesto meccanico di appiattire, di ridurre le Cose a pochi centimetri di spessore, il richiamo a César è un automatismo immediato, quasi accademico. “Le Cose hanno comunque vita al di là dell’apparenza – spiega Lovato -. Uno strumento che non suona più, inserito nel perimetro di una cornice, perde la sua valenza, non la sua essenza”. Si trasforma in quell’effimero oggetto del desiderio, dentro al quale ci siamo anche noi. Viaggiando nell’effimero, attraverso il suo linguaggio pop, Gigi Lovato abbraccia l’Urlo. Silenzioso, Invisibile.