Spi Cgil Veneto: “In due anni l’inflazione è costata ai pensionati veneti quasi due mensilità”

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Spi Cgil Veneto
Nicoletta Biancardi, segretaria generale dello Spi Cgil del Veneto

Secondo Spi Cgil Veneto l’inflazione esplosa nel 2022 e proseguita nel 2023, seppur con un leggero rallentamento, è costata in media quasi due mensilità ai pensionati veneti. Questo è l’aspetto più emblematico che emerge dalle elaborazioni della rappresentanza dei pensionati sui dati Istat relativi ai consumi delle famiglie italiane.

Di fatto i rincari hanno costretto gli over 65 del Veneto a sborsare nel 2022 circa 1.460 euro in più del 2021 e nel 2023 poco meno di 755 euro in più rispetto all’anno precedente. In media oltre 185 euro al mese che neppure la rivalutazione riesce a coprire, tanto più dopo i tagli inferti dal governo Meloni nel 2022 e nel 2023 proprio alla rivalutazione che, secondo le analisi svolte dal sindacato, hanno comportato perdite nell’ordine di circa 7 mila euro per le pensioni comprese tra 4 e 5 volte il trattamento minimo.

Mobilitazione è dunque la parola chiave per lo Spi Cgiil del Veneto. Partendo da questi presupposti, martedì 29 ottobre 2024, alle 10 il sindacato pensionati sarà in piazza Cavour a Padova per una manifestazione dal titolo eloquente: “Il potere d’acquisto logora chi non ce l’ha”. Alla manifestazione parteciperà anche la segretaria generale dello Spi Cgil nazionale Tania Scacchetti. Al centro della mobilitazione, oltre al tema del carovita, l’intera manovra dell’esecutivo che dimentica le persone non autosufficienti, favorisce la privatizzazione della sanità, non dà risposte concrete ai pensionati e crea un fisco ingiusto e iniquo.

Anziani veneti e carovita. Le elaborazioni dello Spi Cgil sui dati Istat disegnano un quadro preoccupante perché confermano in modo chiaro l’impossibilità per le persone anziane di tutelare il proprio potere d’acquisto. Un ultra65enne veneto che vive da solo nel 2021 ha speso in media mensilmente 1.478,70 euro per tutte le “voci” ricomprese nel paniere: prodotti alimentari, bollette, trasporti, salute e quant’altro.

Nel 2022, con un’inflazione a due cifre, il pensionato ha speso 1.600,50 euro, quasi 122 euro in più al mese. Nel 2023 l’esborso è salito a 1.663 euro, circa 63 euro in più dell’anno precedente. L’analisi del sindacato ha preso in considerazione poi anche una coppia di anziani per i quali in due anni, 2022 e 2023, l’inflazione è costata circa 4 mila e 600 euro.

Pensioni “povere”. La spesa certificata dall’Istat e sostenuta dagli anziani veneti nel 2022 e nel 2023 dimostra che molti pensionati veneti sono stati costretti ad attingere ai propri risparmi o a richiedere piccoli finanziamenti per sostenere i costi mensili. Attraverso gli ultimi dati pubblicati dall’Inps e relativi al 2024, risulta infatti che in Veneto nel settore privato l’importo medio della pensione è di 1.188,47 euro. In più, il 55% degli assegni previdenziali nella nostra regione è sotto i mille euro. Le pensioni integrate al minimo sono invece 179.515.

Di fronte a questi numeri la preoccupazione per i nostri pensionati è inevitabile, considerando che nel 2025 la rivalutazione sarà appunto attorno all’1% e non servirà in alcun modo a recuperare i rincari dei due anni precedenti.

Non autosufficienti invisibili. Il tema della spesa si lega indissolubilmente ad altre questioni, come quella della non autosufficienza, che sembra essere completamente sparita dall’agenda Meloni. In Veneto, secondo la relazione sociosanitaria della Regione, si stima che vivano circa 330mila ultra65enni non autosufficienti. Di fatto, il 28% degli anziani, per lo più over 80, rientra in questa condizione, mentre nelle case di riposo i posti letto residenziali sono poco più di 34 mila. La gran parte di questi anziani viene seguita dunque da caregiver o assistenti familiari.

I costi dell’assistenza. In ogni caso, le spese da affrontare per assistere una persona non autosufficiente sono insostenibili per molte famiglie. Tanto per intenderci nelle case di riposo venete, secondo un’indagine unitaria (Spi, Fnp Cisl e Uilp-Uil), con impegnativa la retta giornaliera media è di 62,17euro (1.865 euro al mese). Senza impegnativa la media è di 85,54 euro (2.566 euro al mese). Il problema è destinato ad ingigantirsi nei prossimi anni, tenendo conto che, secondo i dati Istat elaborati dal sindacato dei pensionati della Cgil, nei prossimi 10 anni in Veneto la popolazione più fragile e soggetta alla non autosufficienza, quella composta dagli ultra80enni, crescerà del 20%.

Il governo però sembra essersi scordato della legge sulla non autosufficienza fortemente voluta dai sindacati. Ricordiamo che il disegno è stato approvato dal Consiglio dei ministri dell’allora esecutivo Draghi ancora a ottobre 2022.

“Martedì prossimo – spiega Nicoletta Biancardi, segretaria generale dello Spi Cgil del Veneto – saremo in piazza a Padova per protestare contro una manovra che riteniamo del tutto iniqua e incapace di tutelare pensionati e lavoratori. Dalle nostre elaborazioni emerge una realtà molto complessa e critica come quella legata al potere d’acquisto. Le difficoltà economiche stanno creando situazioni insostenibili. Già dall’indagine sui dati Istat, per esempio, emerge che gli anziani negli ultimi anni hanno ridotto le spese per la salute. La Fondazione Gimbe ha segnalato che nel 2023 la quota di famiglie venete che rinuncia alle cure, spesso per motivi economici, è passata dal 6,4 al 7,4%. Intanto la popolazione invecchia ma non intravediamo in manovra nulla che possa invertire il trend della perdita di potere d’acquisto e dell’indebolimento dei servizi sul territorio”.

Fisco e autonomia. La mobilitazione di martedì servirà anche per richiedere una forte riduzione delle tasse per pensionati e lavoratori, nell’ambito di un fisco sempre più ingiusto, che non rispetta la progressività prevista dalla stessa Costituzione e premia i furbetti. Ma l’iniziativa affronterà anche altri due temi delicatissimi: la legge sull’autonomia differenziata, nei confronti della quale, sottolinea ancora Biancardi “il sindacato dei pensionati della Cgil si è da sempre schierato contro, senza se e senza ma”. E il lavoro, che, conclude la segretaria generale, “deve essere stabile, dignitoso, sicuro e tutelato. I pensionati sono in prima linea a sostegno del referendum promosso dalla Cgil e affianco alle giovani generazioni, che vivono una drammatica situazione di precarietà”.