Sabato 2 novembre alle ore 08.00 in Cattedrale il Vescovo di Vicenza presiede l’Eucaristia nella Commemorazione dei fedeli defunti, e alle ore 15.00, al Cimitero Maggiore di Vicenza, presiede l’Eucaristia. Un giorno per ricordare, assieme a chi c’è ancora, non soltanto la tristezza dei distacchi, ma soprattutto le ore liete trascorse con chi non c’è più, ma ci attende, all’interno di un’epoca, la nostra, che ha rimosso l’idea della morte, rendendola terrifica.
Avevamo dimenticato che si deve morire, secondo lo storico francese Pierre Chaunu (1974): «È ciò che gli storici concluderanno dopo aver esaminato l’insieme delle fonti scritte della nostra epoca. Un’indagine sui circa centomila libri di saggistica usciti negli ultimi vent’anni mostrerà che solo duecento (una percentuale, dunque, dello 0.2%) affrontavano il problema della morte. Libri di medicina compresi».
L’occultamento della morte
Basta infatti sfogliare giornali o riviste per accorgersi che, anche in occasione della Commemorazione dei defunti, viene trattato ogni tipo di argomento, ma si evita accuratamente il tema della morte, fatta eccezione per la morte spettacolarizzata, come nel caso di crimini, catastrofi naturali, guerre, terrorismo o altro.
Tutto ciò che riguarda la morte, la sofferenza è materiale pressoché proibito e questo in parte spiega anche le varie aggressioni al personale sanitario https://www.insalutenews.it/in-salute/violenza-negli-ospedali-lo-psichiatra-zanalda-distrutta-la-figura-istituzionale-del-medico/
https://www.ordinepsicologiveneto.it/rassegna-stampa/sempre-piu-medici-aggrediti-cosa-succede/
Il filosofo Seneca, nelle Lettere a Lucilio, sottolinea come l’essere sempre pronti alla morte significa saperla affrontare come scelta. Il non averne paura è visto come un obiettivo al quale dedicare la stessa cura che si dedica al vivere: saper vivere bene significa sapere bene morire. Viene da chiedersi, se la morte è censurata, forse il problema è proprio il saper vivere! Lo scrittore Dino Baldi afferma che: “La capacità di dialogare con la morte è il miglior indicatore del livello di civiltà di un’epoca”.
La morte improvvisa
Un altro aspetto, nel rapportarsi con il fine vita, che è profondamente mutato rispetto alle civiltà del passato riguarda la morte improvvisa. In passato era la morte più temuta, in tutte le tradizioni filosofiche e religiose (greche antiche, tibetane, indiane, ebree, cristiane e musulmane …), perché non permetteva una adeguata preparazione, oggi sembra invece essere considerata una fortuna.
Costruire una buona morte, è possibile?
In fin dei conti forse la morte è uno dei momenti più importanti della vita come sostiene la psicoterapeuta Marie De Hennezel (2007).
Abbiamo a disposizione tutte le discipline palliative, ma ci sono anche altri percorsi in cui le scienze psicologiche possono dare un apporto fondamentale, attraverso la formazione del personale sanitario, la preparazione delle persone, la Death Education e dei caregiver, poiché è frequente osservare la crisi in cui si trovano molti uomini e donne adulti alle prese con l’assistenza di un proprio caro.
Occorre imparare ed insegnare che la morte, in fin dei conti, non è l’opposto della vita. Semmai è una delle tappe della vita stessa, come scriveva Montaigne: “Chi insegna agli uomini a morire, insegna loro a vivere”. La morte perciò insegna a vivere, dà una direzione alla vita, fa luce su ciò che si è e ciò che si vuole.
Ricordiamocene anche in occasione della Commemorazione dei defunti…
Bibliografia:
Borasio G. D. (2013), Saper morire. Cosa possiamo fare, come possiamo prepararci, Bollati Boringhieri, Torino.
Ghinassi G. (2022), Il cuore ferito. La separazione affettiva come forma di lutto, EMP
Testoni I. (2015), L’ultima nascita. Psicologia del morire e Death Education, Bollati Boringhieri, Torino.