Con la vittoria di Trump, l’appoggio di Musk, la paura o, peggio, gli interessi di altri boss delle big tech come Bezos, la giovane età del “delfino” JD Vance etc. c’è da pensare (temere?) a una lunga era di Trumpismo, che, come si prevedeva in Italia per Berlusconi e il Berlusconismo, non finirà con Trump.
Spero di sbagliare e, soprattutto, che il mondo non continui a rintanarsi nei nazionalismi forieri di guerre, fisiche ed economiche.
L’assoggettamento delle menti allo strapotere di Internet e del suo cattivo uso (sono ingegnere elettronico e giornalista, non sono prevenuto) non vede un cambio di direzione e questa è la considerazione che più mi fa preoccupare. Smentitemi, vi prego.
Però, c ‘è un però, chiunque avesse vinto dei due contendenti in corsa, Donald Trump o Kamala Harris, la politica economia ed estera e, quindi, soprattutto la geopolitica non sarebbero sostanzialmente cambiate come direzione per il semplice fatto che gli Stati Uniti faranno ancora gli Stati Uniti proseguendo con la loro egemonia che è stata totale e non sempre positiva (vedi le guerre per esportare, invano, l’inesportabile democrazia) dal 1943 ad oggi: questa è l’opinione comune, non contestabile, prima e dopo il voto.
Ma, se con (i manovratori di) Trump temo che l’autoreferenzialità a stelle e strisce si accentuerà, forse ci sarà un vantaggio paradossale ma anche no. Finora gli Stati Uniti, che pure per tanti versi ammiro e sono ammirabili, potevano esibire un manto di democrazia da… esportare ma ora sarà chiaro, senza i veli che una presidenza Harris avrebbe rimesso sui reali disegni americani, il loro sia pur legittimo disegno egemonico.
È stata, infatti, fatta chiarezza sul vero volto americano (Trump potrà essere bugiardo e claunesco a volte, ma di sicuro è chiaro e non ama il politically correct) grazie alle scelte democratiche del popolo Usa, che, questo fa grande comunque l’evento che si è celebrato nelle urne fino a ieri, ha votato in massa e scelto chi avere come Commander in chief.
E allora?
Non entro nel merito della politica interna USA, che conosco poco e solo per fugaci chiacchierate con i miei figli, che lì hanno studiato e lì vivono di fatto dal 2007, ma lancio solo una provocazione per gli stati europei e, soprattutto, per l‘Unione Europea nel suo insieme.
Ora tocca alla UE, ai suoi 27 membri attuali, una volta persa la Gran Bretagna e in attesa che ne arrivino gli altri 10 già in coda per entrarvi, decidere se da vecchia… neonata vuole, come dovrebbe, guardarsi le rughe allo specchio e prendere coscienza che ha già troppi anni sulle spalle per non comprendere che le perpetue divisioni su decisioni strategiche la stanno uccidendo.
Per diventare un’entità realmente in grado di confrontarsi con dignità e forza confrontabili, politicamente ed economicamente, con gli USA di un Trump tutto muscoli e i BRICS, che solo ad elencarne i fondatori (Brasile, Russia, Cina e India) fanno accapponare la pelle, i 27 Stati che compongono la UE smettano di pensare di contare qualcosa da soli e decidano di fare veramente l’Europa, ora.
Ora o mai più.
Tanto più che la sua locomotiva storica, la Germania, è appena andata fuori dai binari proprio mentre Trump festeggiava.