Le polizze vita, nate come strumenti per proteggere i beneficiari in caso di morte, hanno subito una trasformazione significativa negli anni. Oggi, la maggior parte di questi prodotti non si concentra più sulla protezione dal rischio di decesso, ma sull’accumulo di capitale. Questa evoluzione ha portato a una profonda alterazione del concetto di assicurazione vita, trasformandola in un complesso strumento di risparmio gestito. Ne scrivaimo dopo aver seguito un interessante webinar del prof. Beppe Scienza, Docente di Metodi per le Scelte Finanziarie e Previdenziali al Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino (qui alcuni suoi scritti da noi, ndr).
Le tre categorie di polizze e i loro limiti
Le polizze vita finanziarie moderne rientrano principalmente in tre categorie: rivalutabili, unit linked e multiramo. Ognuna di queste presenta specifici vantaggi e svantaggi.
Le polizze rivalutabili promettono un capitale garantito e rendimenti consolidati. Tuttavia, la realtà spesso smentisce le promesse. Un esempio è quello di una cliente che, dopo aver investito una somma considerevole in una polizza di una primaria società assicurativa-bancaria, ha scoperto di aver perso il 2% del valore reale a causa dell’inflazione, nonostante il capitale nominale fosse rimasto intatto.
Le polizze unit linked sono legate ai fondi comuni e non offrono alcuna garanzia sul capitale. L’andamento dipende completamente dai fondi sottostanti, che spesso rendono meno rispetto agli investimenti diretti sottostanti.
Le multiramo combinano elementi delle prime due categorie. Sebbene offrano flessibilità, sono complesse e piene di commissioni che erodono il rendimento, riducendo l’efficacia.
Il peso dei costi: una minaccia ai rendimenti
Uno dei maggiori svantaggi delle polizze vita è rappresentato dai costi di gestione elevati. Questi possono arrivare fino al 2% annuo, una percentuale significativa se confrontata con i rendimenti dei titoli di Stato o dei fondi obbligazionari.
Considerate meno rischiose, poi, ci sono le gestioni separate (“un portafoglio di investimenti gestito separatamente dagli altri attivi detenuti dall’impresa di assicurazione, in funzione del cui rendimento si rivalutano le prestazioni dei contratti ad esso collegati”). Queste comportano un costo medio dell’1,5% annuo, riducendo, quindi, ulteriormente il rendimento netto per l’investitore.
Inoltre le polizze vita sono a volte note per la loro mancanza di trasparenza. I clienti difficilmente sanno dove siano investiti i loro soldi, a che prezzo siano stati acquistati i titoli o quando. Al contrario, i fondi comuni offrono una maggiore trasparenza, con quotazioni giornaliere e informazioni più dettagliate.
I presunti vantaggi fiscali: realtà o mito?
Le polizze vita sono spesso promosse per i loro presunti vantaggi fiscali, in particolare per evitare l’imposta di successione. Tuttavia, questi benefici sono rilevanti solo per patrimoni molto elevati considerato che in linea diretta questa imposta si applica a patrimoni superiori al milione di euro. Spesso quindi il vantaggio fiscale è superato dai costi interni della polizza. Inoltre, le eventuali minusvalenze generate da una polizza vita non possono essere compensate con le plusvalenze di altri investimenti, a differenza di quanto avviene con azioni o fondi comuni.
Cosa fare?
Per chi possiede già una polizza vita, valutare la dismissione può essere un’opzione. La carenza, talvolta, di trasparenza e i costi elevati possono rendere questi strumenti poco vantaggiosi per molti investitori. In alternativa, strumenti come i buoni fruttiferi postali indicizzati all’inflazione offrono oggi una garanzia del potere d’acquisto e permettono di evitare costi eccessivi.
I titoli di Stato rappresentano un’altra opzione per chi cerca stabilità, poiché possono essere acquistati direttamente e offrono una trasparenza tipicamente maggiore rispetto alle polizze vita. Anche alcuni fondi obbligazionari ben gestiti possono essere presi in considerazione.
Le polizze vita, per quanto popolari, presentano, quindi, possibili svantaggi nascosti dietro l’apparente sicurezza e i benefici fiscali promessi. Avendo risparmi da investire, meglio rifiutare tutte le polizze proposte da banche, assicurazioni, Poste e venditori porta a porta, cioè dai sedicenti consulenti finanziari. E smettere i versamenti per quelle eventualmente sottoscritte. Anzi, di regola è meglio riscattarle senza stare a sentire le obiezioni in mala fede dello sportellista di turno.