Pindaro cercasi per le ragazze del volley

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(Articolo sull’oro olimpico alle azzurre del volley di Stefano Ferrio da VicenzaPiù n. 10sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

A cosa “serve” la Poesia? Domanda riproposta dalla medaglia d’oro conquistata ieri alle
Olimpiadi di Parigi dalla nazionale di volley femminile, che in finale ha battuto 3-0 gli Stati Uniti. La risposta è: la poesia ‘serve’, eccome, e serve semplicemente a vivere, perché senza non è Vita nel pieno senso della parola. Da qui discende la necessità di qualunque sfida poetica, a patto che esistano un tema qualsiasi e un autore o autrice che intenda declinarlo in Poesia.
Molto meglio se con ‘forza di Verità’, cioè attingendo in modo diretto dalla propria creatività, senza sovrastrutture imposte da mode, occasioni e convenzioni varie.
Da qui, una seconda domanda: è vero che la Bellezza della Vita a volte è ‘troppa’ rispetto alle intenzioni di un poeta uomo o donna che è colto da attrazione fatale e irresistibile per quel determinato tema?
In realtà non è mai troppa, e dipende solo dalla capacità di chi scrive, dalla sua predisposizione al cimento poetico. Ciò vale anche per la Nazionale di volley allenata dall’argentino Julio Velasco, 72 anni, e composta da queste tredici giocatrici: Ekaterina Antropova, opposto, 21 anni; Caterina Bosetti, schiacciatrice, 30 anni; Carlotta Cambi, palleggiatrice, 28 anni; Anna Danesi, centrale, 28 anni; Monica De Gennaro, libero, 37 anni; Paola Egonu, 25 anni, opposto; Sarah Luisa Fahr, centrale, 22 anni; Gaia Giovannini, schiacciatrice, 22 anni; Marina Lubian, centrale, 24 anni; Loveth Omoruyi, schiacciatrice, 21 anni; Alessia Orro, palleggiatrice, 26 anni; Ilaria Spirito, libero, 28 anni; Myriam Sylla, schiacciatrice, 29 anni.
L’insieme costituito da queste tredici atlete e dal loro coach si manifesta in un’immagine di eclatante, portentosa Bellezza. Così apparentemente esagerata da far desistere qualsiasi tentativo poetico di rappresentarla. A patto di non abbeverarsi alla lezione per ora immortale del greco Pindaro (Cinocefale, 518 a.C – Argo, 438 a.C.), quello che nell’ode olimpica dedicata a Hagesidamos di Locri, pugile ragazzo, scrive: «Talvolta per l’uomo la cosa più utile è il vento; altre volte le acque celesti, piovose figlie della nuvola. Quando il
cimento trionfa, inni di miele sono preludio di voci future e giurata promessa per grandi gesta». Ma quanto rock sei, mitico Pindaro?