Circa 350.000 euro in Reddito di Cittadinanza indebitamente percepiti da 46 persone sono stati scoperti nel Vicentino dalla Guardia di Finanza, in collaborazione con l’Inps. È il comando provinciale di Vicenza a fornire i dettagli delle operazioni che hanno condotto a questo risultato.
I soggetti coinvolti sono stati denunciati all’autorità giudiziaria, mentre sono inoltre emersi circa 33.000 euro di contributi indebitamente richiesti e non ancora riscossi.
Le fiamme gialle berliche spiegano che “i contesti emersi dalle investigazioni sono risultati diversificati e vanno dall’omessa comunicazione, da parte degli istanti, dello stato detentivo di un beneficiario, all’omessa indicazione della variazione dello stato occupazionale di uno dei componenti del nucleo familiare, per passare poi al mancato possesso del requisito della residenza sul territorio dello Stato da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in forma continuativa, per citare solo alcuni degli episodi scoperti”.
Diversi e, in certi casi singolari, gli episodi accertati di indebita percezione del Reddito di cittadinanza da parte di persone residenti nel Vicentino.
“In uno di essi – ancora la guardia di finanza -, l’istante ha omesso di indicare tutti i redditi percepiti nell’anno 2018 e le condanne definitive intervenute nei 10 anni precedenti la richiesta del beneficio del Reddito di Cittadinanza. In un altroancora, il richiedente ha omesso di indicare nella Dichiarazione Sostitutiva Unica l’abitazione di residenza, nonché la residenza per ogni componente del nucleo familiare e il possesso di un autoveicolo, per un importo indebitamente percepito di 20.606,83 euro pari a 21 mensilità.
Tra i beneficiari, diversi sono stati coloro i quali erano privi del requisito di onorabilità previsto per l’erogazione del beneficio, ovvero la mancata sottoposizione a misura cautelare personale al momento della presentazione della domanda, così come chiarito dalla Corte Costituzionale. In una fattispecie esaminata, l’istante risultava essere stato sottoposto sia alla custodia cautelare in carcere che a quella degli arresti domiciliari nonché a quella dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria e, da ultimo, a quella dell’obbligo di dimora.
Al riguardo, il soggetto risulta aver presentato la domanda per l’erogazione del beneficio in parola proprio durante il periodo di sottoposizione a tale ultima misura. Inoltre, il percettore è risultato caratterizzato da uno spiccato profilo criminale in quanto condannato per vari reati relativi al traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope nonché per reati contro la persona. Lo stesso è stato destinatario nel corso del tempo di misure di prevenzione previste dal Codice Antimafia (avviso orale del Questore e sorveglianza speciale), nonché ad ammonimento del Questore, ex art. 3 D.L. 93/2013.
In un altro caso, alla data di presentazione della Dsu, il soggetto era sottoposto a misure restrittive della libertà personale. Un soggetto controllato, al momento della presentazione della domanda, era sottoposto alla misura cautelare personale del divieto di dimora a seguito dell’intervenuta condanna per la violazione dell’art. 600 del codice penale (riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù). Sempre in tema di omessa comunicazione, vi è il caso di una beneficiaria che, al momento della presentazione della domanda per il Reddito di Cittadinanza, ha falsamente dichiarato l’assenza – all’interno del proprio nucleo familiare – di un componente condannato, nei 10 anni antecedenti la richiesta, per uno dei reati di cui all’art. 7 comma 3 del D.L. 4/2019. In particolare, è stato rilevato come il convivente fosse gravato da numerosi precedenti di polizia, destinatario di misura cautelare personale e condannato nel 2015 – con sentenza divenuta irrevocabile nel 2016 – per traffico internazionale di sostanze stupefacenti ai sensi degli artt. 73, 74 e 80 del D.P.R. 309/1990″.
Un prezioso ausilio all’attività investigativa è stato fornito dal portale dei Giochi e dei Tabacchi dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato, dal quale è emerso che un beneficiario ha percepito proventi di gioco on-line per un ammontare annuo complessivo pari a 89.628,80 euro nel 2019 e 63.007,67 euro nel 2020. Tali proventi non sono stati indicati né nelle dichiarazioni Isee, né nella Dsu presentata per l’ottenimento della misura di welfare in argomento.