(Articolo sui consumatori comunali da VicenzaPiù Viva n. 11, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Avete mai sbirciato il portale del Ministero delle Imprese e del Made in Italy? Be’ se lo fate, dopo la risata iniziale per un ministero che ha un ossimoro nel suo stesso nome (un “Made in Italy” che si definisce in inglese. Se vogliamo rimanere nell’ipocrisia: quelle misère! Che miseria!) e non ha portato a casa l’unico obiettivo che pareva avere (un liceo che in tutta Italia ha portato solo 300 iscritti), potrete trovare anche un interessantissimo codice del consumatore. Così, dandoci un occhio veloce noterete che i diritti del consumatore sono quello di garanzia (legale e commerciale), di recesso ma anche il ricorso in caso di prodotti difettosi. Ma quando questi diritti diventano abusi?
Nella realtà comunale possiamo concepire i cittadini come consumatori quando si parla di mense scolastiche e quindi scuole ma anche di mercati coperti o scoperti ed è proprio in questi casi che si assiste a veri e propri abusi verso i consumatori stessi. Per la tutela dei loro diritti sono necessari i cosiddetti “presidi” che su ben 111 Comuni Capoluogo in Italia sono presenti soltanto nel 10% di questi.
Nella maggior parte dei casi, il presidio svolge attività̀ di informazione ed orientamento e di osservatorio. Ma non solo, sono deputati anche all’attività di conciliazione e di “ombudsman” (ossia, di risoluzione dei disservizi della Pubblica Amministrazione e di tutti gli altri enti partecipati).
Partiamo subito da un categoria di consumatori “comunali” di cui abbiamo tanto sentito parlare nell’ultimo periodo. Lunga e ideologica è stata la disputa sulla scelta di rivedere la tariffazione mensa alla luce dell’adeguamento ISTAT, dell’aumento dell’inflazione e del costo dello scodellamento.
Ma qualcuno dall’opposizione ancora si ostina a promettere ai cittadini una possibilità infattibile: quella di stanziare ogni anno in spesa corrente più di 2.500.000 euro per permettere alle famiglie di pagare la medesima tariffa. Raccontare bugie è una tutela del consumatore? Senza contare i 500.000 euro che il Governo centrale (sì, proprio quello del “Made in Italy”) ha deciso di togliere annualmente agli enti locali. Se poi si analizza il tutto in un’ottica più attenta si nota inoltre che qualora si seguisse il diseducativo consiglio delle minoranze politiche optando per un’ auto-refezione del bambino (ossia il bambino va a scuola con il pranzo preparato a casa), qualora portasse con sé cibi che non rispettino i ristrettivi canoni ULSS e si sedesse con gli altri compagni che abbiano pagato la mensa, questo potrebbe essere rischioso a livello sanitario nonché limitativo per il bambino stesso dato che il tempo mensa viene considerato “tempo scuola” e quindi occasione di discernimento.
Tutto ciò può essere considerato tutela del consumatore?
Un’altra categoria di consumatori è quella che si reca al mercato per comprare le cose più disparate. A Vicenza, tutti i quartieri più grandi hanno un mercato settimanale, per non parlare poi dell’appuntamento fisso del giovedì mattina in centro. Ma mercato è anche quello ortofrutticolo al coperto, dove i diritti dei consumatori rimangono ben saldi e garantiti dal suddetto Codice. In questa sede, mi sorge spontaneo chiedermi con una punta di amarezza se, invece, quelli dei contribuenti non siano venuti meno quando, nelle battute finali dell’amministrazione Rucco, per 32 secondi il Comune riuscì a perdere ben 10 milioni di euro per la sistemazione del Mercato Ortofrutticolo.
Si, la storia dei consumatori si lega indissolubilmente con quella della città e le sue colpe o i suoi meriti. Ma la vera domanda rimane sempre la stessa: chi se ne prende davvero cura?