(Articolo sulla droga al tempo dei boomers da VicenzaPiù Viva n. 12, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
«Silvia lo sai, lo sai che Luca si buca ancora, Silvia chissà se a Luca ci pensi ancora, Silvia lo sai che Luca è a casa che sta male». Cosi cantava Luca Carboni nel 1984 in questa canzone capolavoro e di denuncia, che invito tutti ad ascoltare.
Vicentino di nascita e da sempre residente in questa Città, sono cresciuto con Lei e ne ho visto i profondi mutamenti sia urbanistici che sociali. Una Nobile Provinciale che nel corso degli anni ha subito, come anzidetto, molte trasformazioni, com’è giusto che sia, come sta nell’ordine naturale delle cose.
Pantha rei. Così come Eraclito affermava “non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va”, il passar del tempo va pertanto analizzato in molteplici aspetti, dai fatti spiacevoli e negativi, ai momenti gioiosi e memorabili.
Il tempo ci travolge tutti e, ahimè, fugit. Io negli anni ’80 c’ero! Vivevo la Città assieme ai ragazzi di allora. Ho visto tossicodipendenti vagare per le strade come zombie di George Romero, dormire in ogni dove, Piazza dei Signori, Piazza Matteotti, poi mendicare (che ce le hai 50 lire?), prostituirsi, lasciare le siringhe (le spade) ovunque.
Ricordo ad esempio la strada sterrata, in mezzo ai campi, che portava al campo da calcio dell’Ars Audax dove ora troviamo il campo di Via Zanecchin, mediante un sottopasso ferroviario oggi scomparso, dietro lo stadio.
Non era diverso da oggi. No, non era diverso! Ho visto amici, compagni di scuola morire a 16, 18 anni.
Li ho visti litigare fortemente con i loro genitori, urlare in mezzo alla strada in pieno centro cittadino, per avere i soldi per comprarsi la dose. E gli stessi genitori impauriti farsi difendere da amici, conoscenti, addirittura negozianti che vivevano o lavoravano vicino.
La droga allora si comprava in Piazza Matteotti ed amici come Pulce, un ragazzino che giocava a calcio in modo delizioso, Mauro, Matteo, Walter, mandati a morire così. Così e basta.
Il pusher nascondeva la dose dentro un buco del muro perimetrale dei bagni pubblici (oggi ostello cittadino) e il tossico andava a prendersela dopo averne pagato il prezzo. Ciò al fine di evitare lo scambio. Noi ragazzi vedevamo e raccontavamo ai nostri genitori affinché informassero chi di dovere, non c’era la videosorveglianza allora, ma i nostri occhi: occhi attenti.
Nemmeno gli oratori con i loro giochi, le partite al pallone, al biliardo, al tennis da tavolo, servirono a infrenare il fenomeno. Troppo forte il richiamo del trip. Negli anni ‘70/80 l’eroina ha decimato una generazione, quella “generazione scomparsa” narrata magistralmente in “Cristian F. ed i ragazzi dello zoo di Berlino”, il cult movie di quegli anni che riassunse crudemente il dramma.
Vicenza visse quel periodo e potrei far cronaca di molti avvenimenti, della sofferenza
(non voglio chiamarlo degrado, perché si parla di persone e pertanto preferisco un termine legato ai patimenti delle stesse non ad un sostantivo da sempre riferito agli edifici, che anima non hanno) della Città di allora. Ma, ricordo, non se ne fece un problema di insicurezza percepita o addirittura reale. La gente ne parlava, ma, forse perché erano i figli loro, tratteneva il respiro, il dolore e non rimetteva subito il problema alle forze dell’ordine, lamentando paura ed insicurezza, ma cercava invece e dapprima la soluzione tra le mura domestiche. Il più delle volte però senza fortuna.
Poi arrivarono le discoteche e il problema si spostò, togliendolo dalle strade. Anche la tipologia di sostanza stupefacente assunta dai ragazzi cambiò. Ecco apparire le prime droghe sintetiche come ad esempio l’ecstasy. Lo spaccio principale avveniva davanti
ai templi della musica, od al loro interno; non facevano sentire la fame e la stanchezza e consentivano di reggere il ballo per ore ed ore a ritmo sfrenato e senza interruzioni.
Ma come tutte le cose sono in continuo divenire, ergo anche i locali da ballo conobbero la loro fine, ma così non lo spaccio degli stupefacenti. Ed ecco oggi, ritornati al punto di partenza, al monopoliano via. Ancora sulle strade.
Tutto cambia nulla cambia per dirla alla Tomasi di Lampedusa. Forse se invece di far studiare ai nostri figli Sumeri e Fenici insegnassimo loro, almeno per due ore alla settimana e per tutto l’anno, bocciando anche se del caso, “educazione al contrasto alle dipendenze da droga” prevedendola come vera e propria materia e non limitarci a meri spot informativi o apparizioni occasionali nei POF, avremo più chances di evitare il ritorno di una generazione scomparsa.