Sanità pubblica e sanità privata (non pubblica), ci scrive Massimiliano Zaramella: rivedere immediatamente i rapporti tra i “due” sistemi

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Sanità, un'operatrice sanitaria stanca
Sanità, un'operatrice sanitaria stanca

Gent.mo direttore, la venuta in questi giorni in Veneto della segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein, ed in particolare il sit-in organizzato davanti all’ospedale di Santorso sul tema sanità presenta due aspetti positivi: un esponente di spicco della politica nazionale sottolinea la centralità e il momento di estrema difficoltà della questione sanitaria e, inoltre, accende i riflettori su di un ospedale della nostra regione che è stato al centro di numerose polemiche sin dalla sua nascita e successivamente nella sua gestione ed operatività.

Dr. Massimo Zaramella, chirurgo vascolare e presidente del Consiglio comunale di Vicenza
Dr. Massimo Zaramella, chirurgo vascolare e presidente del Consiglio comunale di Vicenza

Se vogliamo, però, entrare sul tema sanità in maniera organica e soprattutto concreta e quindi utile per i pazienti, i familiari dei pazienti, il personale sanitario e, in ultima, per tutti i cittadini, bisogna elevarsi dalla semplice conflittualità politica, andare oltre la ricerca delle responsabilità e, partendo dalla situazione reale, pensare a delle soluzioni realizzabili.

La situazione reale è che la crisi del “sistema sanità” è fondamentalmente rappresentata dalla crisi delle professioni sanitarie: hanno perso attrattività economica, hanno perso il ruolo sociale che avevano fino a 20 anni fa, hanno perso la centralità nell’organizzazione e gestione della sanità diventando inoltre il bersaglio delle difficoltà e dell’insoddisfazione dei cittadini nella loro richiesta di salute, che in maniera miope e colpevole è stata spostata in richiesta di prestazioni. Per questi motivi molti sanitari non vogliono più esercitare queste professioni, in particolare nel pubblico, ed i giovani ne sono molto meno attratti che in passato.

Se non si risolve la questione del personale sanitario, qualsiasi idea, proposta o progetto sul sistema sanità è destinato a fallire.

Le questioni sul tavolo da affrontare sono due: una a lungo termine in cui occorre ripensare in generale ad un sistema sanità equo, solidale, universalistico e sostenibile, dove oltre che a riposizionare al centro le professioni sanitarie, è indispensabile rivedere il peso e la presenza della politica, soprattutto a livello regionale, nelle scelte organizzative, programmatiche e di nomine.

Per questa “nuova sanità” serviranno però molti anni; da qui la seconda questione sul tavolo: la situazione attuale evidenzia una serie di emergenze e di bombe a orologeria sanitarie e sociali, che ci impone di dare soluzioni immediate, incompatibili, quindi, con il tempo necessario ad un ripensamento organico generale della sanità. Servono risposte efficaci alle richieste che arrivano sia dai pazienti che dai caregivers e dai lavoratori della sanità.

In questo quadro di necessità immediate, alimentare la conflittualità e la concorrenza tra sanità pubblica e privata non solo è inutile ma addirittura controproducente, compromettendo la possibilità di collaborazione tra le varie realtà sanitarie e buttando benzina sul malcontento delle persone.

Deve essere chiaro innanzitutto che quando parliamo di sanità privata parliamo di tanti tipi di sanità che sarebbe meglio definire “non pubblica”:

  • sanità accreditata, che offre prestazioni in nome e per conto del sistema sanitario nazionale (quindi con il sistema dei ticket);
  • sanità privata classificata, generalmente strutture religiose che hanno sancito un accordo con lo stato italiano e sono inserite nel sistema sanitario nazionale (quindi con il sistema dei ticket) ;
  • sanità privata out sourcing, con esternalizzazione ai privati di servizi in gestione al sistema sanitario nazionale (es. cooperative di medici ed infermieri), quindi pagati ai privati dal sistema sanitario regionale;
  • sanità privata integrativa, in cui polizze assicurative singole (personali) o collettive (aziendali, albi professionali, contratti collettivi nazionali di lavoro) prevedono rimborsi parziali o totali di alcune prestazioni presso alcune strutture sanitarie;
  • sanità militare convenzionata, in cui strutture sanitarie militari contraggono convenzioni con il sistema sanitario nazionale o regionali per prestazioni in nome e per conto del sistema sanitario nazionale/regionale (quindi con il sistema dei ticket);
  • sanità privata pura, in cui il cittadino paga di tasca propria l’intera prestazione;

In questo periodo storico pensare di rinunciare al personale, alle apparecchiature, alle strutture al di fuori del sistema sanitario nazionale sarebbe impossibile e provocherebbe il collasso definitivo della sanità in Italia.

In attesa di una sistema pubblico ripensato, occorre, invece, rivedere immediatamente i rapporti tra questa sanità pubblica e le varie sanità non pubbliche, stabilendo regole affinché queste realtà sanitarie siano, come era lo spirito della leggi del 1978, 1992 e 1999, siano di supporto e non in competizione con il sistema sanitario nazionale.

Basterebbe definire in maniera precisa le tipologie di prestazioni eseguibili, inserendo d’obbligo anche una parte di quelle meno remunerative e con maggior carico assistenziale (assistenza a pazienti cronici, terapie oncologiche, servizi di emergenza/urgenza, assistenza a persone non autosufficienti, reparti di lungo degenza), e prevedendo che una percentuale dei guadagni vengano riversati, poi, sul sistema sanitario nazionale che li investa in ambiti che per complessità devono essere esclusivi del servizio sanitario nazionale.

Un percorso non impossibile se esiste la volontà politica e la conoscenza reale della situazione del sistema sanità in Italia.

Massimiliano Zaramella

Chirurgo vascolare e presidente del Consiglio comunale di Vicenza