Il Parco della Pace di Vicenza, un’area di circa 650.000 metri quadrati, rappresenta uno dei temi più dibattuti della città. Situato nell’ex sede dell’aeroporto Dal Molin, questo terreno venne ceduto dal demanio dello Stato al Comune di Vicenza come compensazione per la costruzione della base militare statunitense Del Din, adiacente al parco. La Del Din è la seconda base americana in città, dopo la storica Ederle, e la sua realizzazione fu al centro di forti proteste e controversie politiche.
Ne abbiamo parlato a lungo con Giancarlo Albera del Coordinamento dei Comitati dopo le recenti polemiche sui ritardi dell’opera tra maggioranza e opposizione (del momento…) che hanno portato all’inserimento nell‘ordine del giorno del Consiglio comunale di giovedì 30 gennaio del seguente punto 7: Richiesta di dibattito a carattere non deliberativo (art. 18 Regolamento del Consiglio comunale) presentata il 22 gennaio 2025 dai cons. Siotto, Zocca L., Rucco avente ad oggetto: “A che punto è davvero Parco della Pace e la definizione del piano di gestione?”.
Basandoci su quanto costantemente seguito nel tempo da questa testata e sulle informazioni di un attivista di parte ma sempre equilibrato come Albera, memoria storica della questione, abbiamo riassunto per voi storia, stato dell’arte e possibili sviluppi futuri di questa grande area ora di proprietà del Comune di Vicenza e, quindi, di tutti i suoi cittadini, per i quali è importante capire, senza le urla delle polemiche da talk show, a cosa servirà mai dimenticando il significato, la pace, che simboleggia e per cui “tutta” Vicenza ne è diventata proprietaria, utilizzatrice e custode.
La genesi del progetto e il contesto storico
La costruzione della base Del Din si inserisce in un delicato quadro politico: il progetto fu approvato durante gli anni in cui si alternavano al governo Silvio Berlusconi e Romano Prodi, con un rimpallo di responsabilità che molti hanno definito fittizio.
Decisivo, secondo numerose interpretazioni, fu l’avallo, in nome di un’opera necesaria alla sicurezza nazionale, del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, figura proveniente dall’ala migliorista del Partito Comunista Italiano ma con forti legami, così come Massimo D’Alema, con gli Stati Uniti.
Come compensazione per la presenza della nuova base, l’amministrazione comunale guidata da Achille Variati concordò con il governo la realizzazione del Parco della Pace attraverso un bando europeo vinto nel 2015 dalla PAN Associati (il gruppo di progettisti era formato da Marti Franch Batllori, Claudio Bertorelli, Andrea De Pin, Almo Farina, Riccardo Gini, Gino Lucchetta, Giustino Moro, Benedetto Selleri, Gaetano Selleri, Franco Zagari).
Un progetto ambizioso con rilevanza extranazionale. L’intento originario era di creare un’area simbolica dedicata alla pace, da concordare con una pluralità di associazioni e comitati cittadini riuniti in un “Tavolo della Partecipazione” istituito con delibera comunale nr. 27845 nel marzo del 2013. Tuttavia questi ultimi lamentano di essere stati progressivamente scavalcati nelle decisioni relative alla destinazione e alla gestione del parco (leggi anche “Parco della Pace, le considerazioni di Giancarlo Albera e chi ha fatto parte del «Tavolo della Partecipazione»”.
I cambiamenti di visione e le controversie amministrative
Con il cambio di amministrazione, passato dal centro-sinistra al centro-destra, il sindaco Francesco Rucco tentò di modificare, in modo consistente, il significato e la destinazione dell’area. Inizialmente propose di cambiare il nome, eliminando il riferimento alla pace, definito come “ideologico”.
Di fronte al fallimento di questa iniziativa, l’amministrazione si orientò verso un utilizzo più edonistico del parco, includendo spazi per grigliate e attività ricreative, oltre a una funzione per la Protezione Civile.
Questi piani suscitarono critiche, soprattutto per la compromissione della falda acquifera sottostante, già danneggiata dai lavori per la costruzione della base militare contravvenendo alla delibera sopra citata.
La recente vittoria elettorale del centrosinistra con Giacomo Possamai ha riportato al centro del dibattito il destino del parco. Tuttavia, i comitati locali rimangono critici anche nei confronti della nuova amministrazione, giudicando insoddisfacenti i piani di utilizzo, pur riconoscendo l’intenzione di sviluppare un business plan per garantire la sostenibilità economica della gestione.
La visione di Giancarlo Albera per il futuro del parco
In questo contesto, Giancarlo Albera, rappresentante del Coordinamento dei Comitati, ha presentato un intervento articolato per difendere lo spirito originario del Parco della Pace, esprimendo sollievo per lo scongiurato rischio di trasformare l’area centrale del parco in uno spazio per grigliate o un semplice luogo di pic-nic e giostrine che potranno comunque trovare posto in altri spazi, sottolineando invece l’importanza di preservare il giardino centrale come elemento simbolico e creativo.
Secondo Albera, il parco non dovrebbe limitarsi a funzioni ambientali o sportive, ma diventare un luogo di relazione, educazione e aggregazione, adatto anche a ospitare grandi eventi. Propone, inoltre, di trasformarlo in un “museo a cielo aperto”, capace di coniugare aspetti ludici, culturali ed educativi, promuovendo al contempo valori legati alla pace.
Le scelte progettuali dovrebbero essere condivise e partecipate, in linea con lo spirito del “Tavolo della Partecipazione” originario, che prevedeva anche il monitoraggio delle attività di salvaguardia ambientale.
Criticità e proposte operative
Tra le principali criticità evidenziate, Albera cita la viabilità e la mobilità nella zona adiacente al parco. Via Sant’Antonino e lo sbocco in città su via Jacopo Dal Verme, regolato da un semaforo, presentano problemi significativi di traffico, soprattutto nelle ore di punta. Per ovviare alla carenza di parcheggi, propone la realizzazione di un parcheggio scambiatore a sud-ovest, ai margini del parco, che potrebbe servire sia l’area verde che la vicina cittadella dello sport.
Un’altra questione riguarda la fragilità idrogeologica del terreno. Viene sottolineata l’importanza di evitare ulteriori impermeabilizzazioni che comprometterebbero la capacità di assorbimento e infiltrazione del suolo. Propone, inoltre, l’abbattimento del terzo hangar, considerato di scarso pregio, per destinare lo spazio a nuovi utilizzi.
Verso un parco sostenibile e inclusivo
Albera sostiene la necessità di preservare il giardino centrale, già oggetto di investimenti significativi per la predisposizione di sotto servizi come energia elettrica e acqua. Tra le idee proposte vi sono osservatori panoramici (mirador), labirinti, particolari alberature e spazi gioco per l’infanzia, in grado di arricchire l’esperienza dei visitatori.
L’aspetto economico rimane una sfida cruciale, da qui l’invito sviluppare un business plan che garantisca la sostenibilità economica del parco attraverso attività diversificate, pur riconoscendo la difficoltà di conciliare tali esigenze con le caratteristiche ambientali e simboliche dell’area.
Il futuro del Parco della Pace richiede, quindi, un approccio equilibrato che tenga conto delle sue molteplici funzioni: ambientale, culturale, ricreativa e simbolica. Come sottolineato dal rappresentante del Comitato, è fondamentale che le scelte progettuali siano condivise con i cittadini e che il parco mantenga la sua identità originaria. Solo attraverso una gestione sostenibile e partecipata sarà possibile trasformare quest’area in un patrimonio per tutta la comunità vicentina.