Aggressioni nella sanità, Pd Veneto presenta mozione per Piano prevenzione (Previos)

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Una mozione per adottare un Piano di prevenzione delle aggressioni nella sanità è stato presentato in Consiglio regionale del Veneto dal Pd. “La Giunta regionale disponga che tutte le Aziende Ulss adottino obbligatoriamente e il prima possibile il Piano di Prevenzione della violenza a danno degli operatori sanitari o Previos”, si legge in una nota.

L’impegno è stato fissato da una azione della consigliera regionale dem, la vicentina Chiara Luisetto, e sottoscritta dai colleghi Vanessa Camani, Anna Maria Bigon, Francesca Zottis e Jonatan Montanariello.

“In Veneto il numero di aggressioni a danno del personale sanitario è in continuo aumento. Infatti, le aggressioni che ammontavano a 220 nel 2020, sono aumentate a 663 nel 2021, 883 nel 2022 per raggiungere quota 2.229 nel 2023. Il personale femminile è quello maggiormente coinvolto registrando il 67% delle aggressioni totali.

Eppure – richiama Luisetto -, la Regione Veneto ha adottato linee guida che vengono recepite solo facoltativamente dalle Ulss, ma non ha previsto nessun obbligo di adozione del Previos, misura approvata già a fine dicembre dalla Regione Lombardia e ancor prima dalla Regione Emilia-Romagna.

Si tratta di uno strumento che permette di rilevare in modo accurato i dati e gli episodi sentinella che, a cascata, consentono di acquisire informazioni utili sia per mettere in campo contromisure efficaci a contrasto delle violenze, sia per formare adeguatamente il personale a contatto diretto con i pazienti. Infatti, in caso di escalation aggressiva, un personale preparato può intervenire con competenza per mitigare o interrompere l’atto violento.

Con questa mozione, che si aggiunge alla richiesta di posti di polizia H24 negli ospedali del territorio – sottolinea in conclusione Luisetto – vogliamo sollecitare la Regione ad affrontare con incisività questo fenomeno che si sta ripetendo con sempre maggiore frequenza nei nostri ospedali e Pronto Soccorso. Episodi che mettono a rischio gli operatori sanitari e li demotivano nel proseguire o nell’accedere professionalmente al sistema sanitario pubblico”.